NUTRIZIONE SPORTIVA ADATTATA PER ATLETI VEGETARIANI E VEGANI





Esiste una forte relazione tra alimenti/bevande assunte e performance atletica. Affinché l’allenamento e la gara siano supportate massimamente, si è obbligati a programmare minuziosamente anche il piano alimentare dell’atleta, oltre a quello dell’allenamento, con il fine di soddisfare l’elevato fabbisogno calorico giornaliero necessario per il mantenimento delle funzioni vitali, per il ripristino delle riserve energetiche, per il recupero muscolare e per i processi di termoregolazione.
Erroneamente, negli ultimi anni, sono state pubblicizzate diete iperproteiche a basso contenuto di carboidrati con l’ipotesi che potessero essere funzionali alla pratica sportiva e non supportate dal alcun dato scientifico. L’unica certezza che si ha, sulle alimentazioni precedentemente, citate è che aumentano il rischio di cardiopatie ed aterosclerosi.

Dunque, partendo dal presupposto che la dieta di un atleta deve essere costituita prevalentemente da carboidrati, soprattutto complessi, carburante per eccellenza, e secondariamente da proteine, necessarie per il rinnovo e l’accrescimento muscolare (funzione plastica), una dieta priva di carne e pesce non dovrebbe essere controindicata ad un professionista sportivo.
Vista in questo modo, le alimentazioni vegetariane, fornendo grandi quantità di carboidrati, sono compatibili con l’attività fisica e si presume che siano addirittura consigliabili per gli atleti di endurance, date le grandi quantità di sostanze antiossidanti assunte con questi iter alimentari, al fine di contrastare il surplus di radicali liberi legato all’ aumentato stress ossidativo prodotto durante l’esercizio fisico.
L’Accademy of Nutrition and Dietetics afferma quanto appena detto, infatti i piani alimentari vegani e vegetariani, se ben pianificati, rispondono adeguatamente alle richieste nutrizionali correlate alla pratica sportiva e si ipotizza che forniscano il giusto apporto proteico escludendo così la supplementazione esterna dei suddetti macronutrienti mediante gli integratori alimentari.
Si pensa anche che tra le due diete basate sui vegetali, quella vegana sia addirittura migliore di quella vegetariana, in quanto fornisce il giusto apporto di proteine senza aumentare i grassi animali. In tal modo i Vegan salvaguardano la propria salute permettendo all’ atleta di poter praticare l’attività senza ulteriori impedimenti.
A confermare quanto appena detto basti pensare che la dieta vegana esiste già dai tempi dell’Antica Grecia e dell’Antica Roma. È risaputo che gli atleti di Olimpia, i lottatori spartani ma anche i legionari romani erano rigorosamente vegani.
In base agli studi effettuati in passato, non è stato possibile affermare che ci sia un miglioramento prestativo conseguente ad una scelta alimentare di tipo vegetariano, ma invece si è certi che questa non peggiori il risultato sportivo. Cotes negli anni ’70 studiò i parametri di ipertrofia e funzionalità cardiorespiratorie di donne vegetariane e di quelle onnivore, evidenziando l’assenza di differenze tra i dati ottenuti fra le due categorie. Altri studi hanno evidenziato che questi tipi di alimentazione non aumentano e non riducono la resistenza aerobica, in virtù del fatto che la concentrazione di glicogeno muscolare, la forza isometrica e la resistenza aerobica all’esaurimento restano invariate. Inoltre non produce nessun effetto neanche sulla resistenza cardiorespiratoria.
Al fine di beneficiare pienamente degli effetti positivi dei piani alimentari vegetariani, vi è la necessita che questi siano opportunamente pianificati, specialmente quando il soggetto vegetariano è anche un atleta di alto livello. La pratica sportiva aumenta notevolmente il fabbisogno giornaliero, difficilmente raggiungibile con una dieta basata sul consumo di alimenti ipocalorici e ad alto contenuto di fibre, responsabili di una maggiore senso sazietà. Dunque è consigliato: 
  1. aumentare l’assunzione di carboidrati complessi e legumi;
  2. evitare, per aumentare l’apporto calorico, di introdurre eccessive dosi di dolci, integratori alimentari e merendine confezionate, poiché tutti molto calorici ma carenti da dal punto di vista nutrizionale per la mancanza di vitamine e minerali;
  3. elevare il consumo di frutta secca e di semi;
  4. non sovraccaricare il corpo con pasti abbondati, che richiedono tempi di digestione molto lunghi con conseguente senso di disagio in grado di compromettere l’allenamento e la prestazione in gara. Perciò preferire un numero maggiore di pasti attraverso gli spuntini.






Eventuali rischi, compromissioni e carenze della performance

MASSA MUSCOLARE-PROTEINE

Come già precedentemente annunciato, teoricamente è possibile sostituire le proteine animali con quelle vegetali assumendo in pasti vicini, o nell’intero arco della giornata, legumi e cereali. Ma il problema nasce con gli sportivi che hanno come obiettivo l’aumento della massa muscolare, come ad esempio i bodybuilder o i lottatori, in quanto si crede che sia necessaria l’assunzione di proteine animali.
La carenza di proteine, negli sportivi vegetariani, è molto poco frequente, in quanto conseguendo un’alimentazione bene bilanciata, con un aumentato introito di proteine proporzionale all’ incremento di dispendio energetico, sarà difficile incappare in una mancanza di amminoacidi e proteine. Ma c’è sempre l’eccezione che conferma la regola; infatti se associamo ad una quota ridotta di proteine assunte ad un elevato fabbisogno energetico ecco qui che come risultato otteniamo una carenza proteica. A questo si aggiunge un vantaggio per gli sport in cui il fattore “peso”, inteso come ridotta massa grassa in favore di quella magra, è essenziale, per il perseguimento di una performance eccellente. Questi atleti in maniera errata riducono al minimo la dieta giornaliera, a discapito del risultato sportivo poiché il loro fabbisogno proteico è aumentato con l’obiettivo evitare fenomeni catabolici in favore di quelli anabolici.
Per i vegani esistono accorgimenti differenti. A questa categoria è consigliato un elevato consumo di cereali, nonché quelli contenenti una maggiore quota dell’amminoacido essenziale lisina (si presume che aumenti l’anabolismo muscolare), oltre che quello di legumi e derivati.
È obbligatorio sottolineare che esistono una quantità smodata di atleti vegani e vegetariani, anche di livello internazionale, soprattutto praticanti attività di endurance, che hanno conseguito prestazioni ottimali nonostante il loro regime alimentare. Allo stesso modo esistono atleti Vegan e vegetariani praticanti sport di forza, in cui sono richieste grandi masse muscolari, di cui non si può dare la certezza sulla completa efficienza di queste determinate diete, a causa di una diffusione, tra questi sportivi, dell’utilizzo di sostante anabolizzanti associate ad integratori proteici.


INTEGRATORI NUTRIZIONALI E SOSTANZE ERGOGENICHE

Esiste una differenza sostanziale tra integratori dietetici e sostanze ergogeniche. Le prime sono sostanze vendute con lo scopo di sopperire possibili carenze nutrizionali e con funzione energizzante; le seconde, invece, fanno sempre parte della classe degli integratori ma che hanno come obiettivo il miglioramento e/o l’aumento della durata della performance, ovviamente non ritenute sostanze dopanti (le sostanze ergogeniche incrementano l’assunzione di nutrienti, mentre le sostanze dopanti sono ritenute tali per la loro peculiarità di mutare in positivo le capacità sportive del soggetto compromettendo gravemente la sua salute).
In ambito sportivo vi è un abuso di queste sostanze, in assenza di una reale necessità, a causa della convinzione errata che possano far aumentare i livelli prestativi del soggetto che gli assume. Ma non bisogna dimenticare che sono sostanze non del tutto innocue. A tal proposito si è esposta anche la Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana, SSNV, assolutamente contraria all’uso di queste sostanze, che se assunte in quantità smodata comprometterebbero la salute della persona a causa di una incapacità del corpo di difendersi come l’eliminazione sotto forma di scorie. Non si avrebbero gli stessi effetti se ciò avvenisse mediante un elevato introito di alimenti mediante la dieta.
Dunque, in caso di carenze, prima di affidarsi all’uso di integratori nutrizionali è opportuno:
  1. effettuare un’analisi accurata del piano alimentare seguito;
  2. verificare che vi sia una carenza o un rischio di carenza sia a livello di alimenti assunti sia a livello energetico;
Inoltre nessuno studio scientifico ha dimostrato un’effettiva efficacia degli integratori, a differenza degli accertati effetti nocivi ed avversi che potrebbero causare.

Integratori proteici

Gli integratori di proteine, in genere, sono i più utilizzati, soprattutto nelle sale pesi dei centri fitness, per incrementare le masse muscolari.
Sono generalmente prodotti a partire dall’albumina che è possibile ritrovare nell’uovo, dalla caseina proteina del latte ma anche dalle proteine della soglia.
È risaputo che l’attività aumenta il fabbisogno proteico, che spesso l’atleta dilettante riesce a compensare piccole modificazioni all’alimentazione, la quale deve essere ben pianificata e corretta. In genere l’introito proteico da 0,75 g di proteine per chilogrammo di peso corporeo deve essere aumentato a circa 1,4- 1,7 g per chilogrammo di peso corporeo al die. In alcuni casi, specialmente quando l’atleta in questione è un agonista e per di più praticante sport in cui le masse muscolari hanno un ruolo primario, intake proteico può ulteriormente aumentare fino a raggiungere 2 g di proteine per chilogrammo di peso corporeo al giorno. Un introito così elevato può comunque essere raggiunto mediante una dieta appropriata, ma se, a causa dello stile di vita condotto, il soggetto non riesca con la sola alimentazione a raggiungere la quota proteica necessaria, è opportuno che questo utilizzi i suddetti integratori sotto forma di barrette o proteine in polvere.
Gli integratori proteici sono controindicati nei casi di patologia renale e/o epatica, in gravidanza e in fase adolescenziale (al di sotto dei 14 anni). Inoltre, è opportuno richiedere il parere di un medico quando l’utilizzo di queste sostanze avviene per periodi maggiori alle 6/8 settimane.
Nello specifico possiamo affermare che l’atleta vegetariano, in quanto consuma sia latte sia uova, non ha il bisogno impellente di utilizzare determinate sostanze; ma anche l’atleta Vegan non è costretto all’uso di integratori se aumenta opportunamente, nella sua dieta, la quantità di cereali contenenti proteine con un più alto valore biologico, di legumi e derivati ed inoltre, se necessario, di complementari alimentari come germogli di grano e lievito di birra.



Amminoacidi ramificati (BCAA)

Gli amminoacidi a catena ramificata rientrano tra quelli essenziali non sintetizzabili dal nostro organismo. Questi sono Lisina, Isoleucina e valina che si trovano in maggiore quantità nei cibi di origine animale, ma anche nei legumi e cereali in quantità inferiori.
Il loro uso in ambito sportivo è incoraggiato per la loro capacità di promuovere la sintesi proteica, con effetti anabolizzanti, e di favorire i tempi di recupero post attività. Alla base di questa ipotesi vi sono alcuni studi scientifici, che hanno rilevato un aumento della prestazione dovuto ad un adeguato uso di questi prodotti.
Durante le attività di lunga durata l’amminoacido più usato è la leucina; dall’ossidazione di questi precursori proteici si otterranno delle sostanze agoniste del corpo umano, nonché l’ammoniaca tossica formatasi durante il metabolismo proteico.
Il consumo di alte dosi e per lunghi periodi di BCAA potrebbe causare danni renali; infatti, è sempre più salutare per l’atleta sopperire l’aumentato fabbisogno proteico con un piano alimentare adeguato, dato che gli alimenti contengono ampiamente gli amminoacidi a catena ramificata.
La supplementazione è necessaria solo in alcuni casi:
  • durante la fase di recupero dopo uno sforzo prolungato ed intenso, come quello di una maratona, che abbia indotto l’organismo a degradare le proteine strutturali a scopo energetico; e per cui l’alimentazione da sola non è in grado di reintegrare sufficientemente la quota proteica necessaria. 
NB: quanto appena detto non sta a significare che l’uso di amminoacidi deve sostituire i pasti, bensì è un supplemento che deve essere aggiunto alla dieta. Inoltre l’uso di queste sostanze non è necessario se tra allenamenti, di durata maggiore a 90 minuti, intercorre 1 giorno di recupero.
  • A causa di una carenza estrema con pazienti non sani come soggetti con patologie e sedentari ma anche anziani. Ovviamente l’integrazione ha ragione di esistere fino a quando vi è l’emergenza, dopo è necessario sospendere la somministrazione.
La dose giornaliera non deve superare i 5g, sommando l’introito di Leucina, Isoleucina e Valina con un rapporto rispettivamente di 2:1:1. È consigliato anche assumere vitamina B6, o eventualmente altre vitamine del gruppo B, per favorire il metabolismo delle proteine, dei carboidrati e dei grassi.
In conclusione è possibile affermare che la supplementazione di BCAA con l’obiettivo di migliorare la prestazione non è necessaria, anche quando gli atleti in questione sono vegani o vegetariani, poiché gli amminoacidi essenziali si trovano ampiamente nelle diete vegetariane ma anche in quelle vegetaline, (anche se l’apporto è inferiore) a patto che siano ben bilanciate.

Creatina 

La creatina è una sostanza endogena, prodotta dal metabolismo degli amminoacidi arginina, metionina ed glicina. Si trova esclusivamente nel muscolo come riserva energetica di pronto utilizzo, tanto che è usata ancor prima dei carboidrati. 
Il nostro corpo giornalmente consuma circa 2 g di creatina, quota che viene rimpiazzata con l’ingestione degli alimenti contenenti i suoi precursori, che vengono degradati per sintetizzare endogenamente questa sostanza.
Questa sostanza non è presente in tutti gli alimenti, ma è possibile sintetizzarla solo a partire da quelli di origine animale. Ciò non comporta grossi problemi, essa non è essenziale dato che il nostro corpo riesce a produrla da sé. La sintesi endogena di creatina è regolata da un meccanismo a feedback negativo: tanto maggiore è la quantità di sostanza assunta esogenamente, tanto minore sarà la quota prodotta dal corpo, in quanto quest’ultimo rileva alti livelli di creatina al suo interno. 
Alcuni studi confermano che l’aumento di creatina muscolare favorirebbe la performance muscolare, specialmente se si praticano sport di breve durata ma ad alta intensità (sport prevalentemente anaerobici); mentre quelli aerobici di lunga durata sarebbero sfavoriti da tale incremento a causa di un aumento di peso dell’atleta, imputabile ad una maggiore ritenzione all’acqua dovuta alla creatina.
Oltre che per gli atleti di endurance, l’assunzione di tale sostanza è sconsigliata anche per le donne in gravidanza, per i bambini al di sotto dei 14 anni e per i soggetti con patologie renali.
Gli effetti collaterali legati alla creatina sono più frequenti nei casi in cui l’assunzione avviene per periodi di tempo lunghi e con alte dosi. Il più comune è la sopravvenuta incapacità dell’organismo di produrre creatina endogena, perciò in assenza di assunzione della sostanza il fabbisogno giornaliero di creatina non è soddisfatto. 
L’integrazione di creatina potrebbe rappresentare un primo passo verso il doping.
È noto che i soggetti vegetariani hanno un livello di creatina muscolare inferiore rispetti agli onnivori. Questo potrebbe limitare le potenzialità di un atleta vegetariano che pratichi attività di potenza in cui i parametri di forza e forza esplosiva sono di primaria importanza. È facilmente deducibile, quindi, che questa categoria di atleti necessiti di un’integrazione esogena di creatina sintetica, sotto forma di creatina monoidrato o di creatina etil-estere. La supplementazione è pari a 2,5-3 g al giorno per circa 15 die.

Acido linoleico coniugato

L’ acido linoleico coniugato, CLA, deriva dall’acido grasso essenziale omega-6, contenuto nel latte e latticini ma anche nella carne. Ha azione positiva nella prevenzione dei tumori, malattie cardiovascolari e diabete di secondo tipo. 
È necessario assumere questi grassi essenziali dalla nutrizione a causa di una incapacità del nostro corpo di sintetizzarli autonomamente. L’acido linoleico è presente in natura, in molti vegetali che nascono spontaneamente nei prati. I capi di bestiame, nutrendosi di determinate sostanze, assumono di conseguenza la suddetta sostanza, trasformata in un secondo momento in acido linoleico coniugato durante la digestione.
Assumere CLA sotto forma di integratore potrebbe essere d’aiuto per gli atleti ovo-vegetariani, i quali non consumano latte e derivati, e per gli atleti Vegan che hanno lo scopo di migliorare, per obiettivi atletico-sportivi, la composizione corporea.
Si presume che possa favorire la perdita di peso: blocca gli ormoni catabolici così che vi sia un aumento di massa muscolare, inoltre stimola la lipolisi e lo stoccaggio dei trigliceridi nelle cellule adipose in modo che vi sia una riduzione di massa grassa. Si presume anche che possa migliorare l’attività della carnitina. 
Ovviamente anche con questa sostanza il rischio che si manifestino effetti collaterali non è da sottovalutare, specialmente con un introito di carboidrati ridotto, il quale favorirebbe il catabolismo muscolare.

Carnitina 

Questa sostanza la ritroviamo soprattutto nei cibi di origine animale, in particolar modo nei formaggi e nelle carni rosse, ma non è essenziale in quando il corpo umano è capace di sintetizzarla autonomamente. La sua produzione origina dagli amminoacidi metionina e lisina. Infatti è possibile trovarla nei muscoli scheletrici e in quello cardiaco, ed ha un ruolo primario nel trasporto degli acidi grassi a livello mitocondriale. Proprio per questa proprietà, si pensa che la sua supplementazione comporti un uso maggiore di grassi come substrato energetico così che si abbia un consumo minore di glicogeno muscolare, e di conseguenza si diminuisce il rischio di un calo prestativo negli sport di endurance, dovuto ad un esaurimento delle riserve di glicogeno.
Gli integratori di carnitina sono controindicati al di sotto dei 14 anni e in stato di dolce attesa.





Alimentazioni vegetariane adattate agli sport di resistenza 
Il miglioramento della performance negli sport di endurance è legato a due aspetti fondamentali:
  • miglioramento della capacità di ossigenazione muscolare in attività, correlata all’aumento della funzionalità cardio-respiratoria;
  • efficienza delle reazioni biochimiche di trasformazione dei substrati energetici in energia muscolare.
  In virtù di quanto appena detto le modificazioni funzionali devono avvenire maggiormente a livello degli apparati locomotore (muscolo-scheletrico) e cardiovascolare, ma anche dei sistemi antiossidante e metabolico. La conseguenza di questi adattamenti negli atleti di resistenza si esplica in un incremento della VO2max (massimo consumo d’ossigeno), dell’attività antiossidante in risposta ad un’aumentata produzione di radicali liberi (legata agli sport aerobici), della mobilizzazione degli acidi grassi come fonte energetica.
L’obiettivo a lungo termine degli allenamenti di endurance è quello di aumentare la capacità dell’atleta, per protrarre l’attività per periodi di tempo sempre maggiori riducendo sempre di più il calo prestativo, derivante dalla fatica. Perciò è opportuno pianificare e programmare minuziosamente gli allenamenti, ma ciò non è sufficiente in quanto di fondamentale importanza sono anche la costanza e la motivazione dell’atleta, ed anche una dieta strettamente personalizzata ma anche complementare all’esercizio fisico.
Gli obiettivi nel corso dell’anno di uno sportivo variano in funzione al periodo della stagione in cui si trova; ciò corrisponde anche ad allenamenti con carichi ed intensità differenti che richiedono anche degli adattamenti e modifiche del piano alimentare. 
Per gli sport di resistenza una ridotta massa grassa in favore di quella magra è un prerequisito funzionale alla prestazione. Affinché si ottengano dei miglioramenti, l’atleta deve ottimizzare la qualità degli allenamenti, quindi introdurre il giusto fabbisogno energetico e favorire i processi di recupero per evitare fenomeni di overtraining.
Il risultato sportivo di un atleta praticante attività di resistenza è fortemente influenzato dai livelli di carboidrati e grassi assunti. Questi macronutrienti non solo devono essere introdotti prima dell’allenamento/gara, ma anche durante e soprattutto dopo per ricostruire le scorte di glicogeno muscolare in primis, ed inoltre per favorire il processo di reidratazione, di recupero muscolare e di sintesi proteica delle proteine muscolari lesionate.
Per questa grossa influenza che hanno i carboidrati sulla condizione fisica dell’atleta di endurance, nei periodi di preparazione specifica, in cui il carico di lavoro è intenso oltre che specifico, il fabbisogno di carboidrati può aumentare fino anche ad arrivare al 70% dell’energia totale. 
Da ciò si evince che durante le competizioni, gli atleti devono essere attenti a reintegrare scorte di zuccheri semplici, per evitare una completa deplezione delle scorte di glicogeno muscolare che condurrebbe ad una maggiore sensibilizzazione alla fatica, e quindi ad un calo prestativo. Ma è opportuno tener presente che l’allenamento induce l’organismo a mettere in atto degli adattamenti, i quali:
  • migliorano lo stato delle riserve di glicogeno, perciò uno stesso esercizio, se eseguito da uno sportivo, può aumentare di quasi il doppio i livelli di glicogeno muscolare rispetto ad un soggetto non allenato;
  • ottimizzano il metabolismo dei substrati energetici lipidici e glicidici non solo in attività ma anche al riposo, il che si concretizza in un uso maggiore delle riserve risparmiando le scorte di glicogeno.
Sulla base di ciò che è stato precedentemente esposto, e poiché una peculiarità indiscussa delle alimentazioni di tipo vegetariano è il grosso intake di carboidrati, sarebbe addirittura ipotizzabile un miglioramento prestativo degli atleti vegetariani-vegani, per via della massimizzazione delle riserve di glicogeno indotta da tali diete.
Quanto appena detto non è assolutamente scontato, bisogna fare i conti con i rischi che potrebbero essere causati da determinate diete, soprattutto se non ben bilanciate.
Primo fra tutti il ferro. Una sua carenza sarebbe altamente dannosa in questi sport. Questo è dovuto al fatto che il ferro è associato all’emoglobina, questa è deputata al trasporto di ossigeno nei vari distretti corporei, perciò anche a livello muscolare. Inoltre, gli atleti di endurance sono più esposti a tale rischio a causa dei microtraumi, e delle piccolissime emorragie gastrointestinali indotte dalla pratica di attività, ma soprattutto se sono di lunga durata.
Come già precedentemente esposto, per evitare che si verifichino certi eventi spiacevoli: 
  • bisogna seguire una dieta ben bilanciata e pianificata che garantisca il giusto apporto energetico. Ciò è garantito da un’assunzione importante di cibi vegetali ipercalorici come le patate, la frutta secca ed i cereali in aggiunta delle normali quote di frutta e verdura, nutrienti ricchi di fibre ma ipocalorici;
  • si potrebbe ricorrere all’assunzione di cibi fortificati e integratori di tale micronutriente o di vitamina C;
  • maggiore attenzione deve essere posta dalle giovani atlete vegane e vegetariane, poiché queste diete favoriscono la perdita di massa grassa, che potrebbe scendere al di sotto del 12% (quota necessaria per una buona attività ormonale) e perciò causare amenorrea.
Sono stati condotti vari studi per valutare gli effetti che diete di questo tipo possono avere sulla performance di resistenza. Il Runner Studio ha effettuato test su atleti di mezza maratona, maratoneti ed ultra-maratoneti vegetariani e non, con lo scopo di rilevare gli effetti dell’alimentazione sulla performance di endurance; evidenziando anche che il numero di atleti vegetalini e vegetariani nell’ultima categoria sono in forte aumento. Questo può essere imputato non solo a ragioni etiche ed ambientali, ma anche al successo di Scott Jurek, un ultra-maratoneta vincitore di numerose gare e sostenitore della dieta vegana. Da questo studio si evince che gli sportivi di endurance devono consumare importanti quantità di alimenti vegetali, ma anche di fonti di zinco, ferro, calcio, vitamina D, iodio ed omega-3, che potrebbero risultare carenti nelle diete vegetariane, soprattutto in quelle vegane. Per evitare eventuali carenze, sia atleti vegetariani sia non vegetariani, devono seguire una dieta ottimale pianificata da un professionista, ed essere incoraggiati a soddisfare i fabbisogni nutrizionale con lo scopo di migliorare la qualità della dieta che potrebbe apportare anche dei benefici prestativi.
Un altro studio molto noto è l’High Mileage Study (NURMI). Il suo obiettivo fu quello di comparare le possibili differenze prestative tra atleti vegani, vegetariani ed onnivori. Questo studio sostiene che se la dieta vegetariana è ben pianificata potrebbe addirittura migliorare i parametri che influenzano il risultato sportivo, nonché il recupero, i requisiti nutrizionali e la resistenza alle malattie (dovuta ad un’attività antiossidante migliore). I dati ottenuti dai test eseguiti confermano il fatto che regimi alimentari vegani e vegetariani consentono il raggiungimento di prestazioni atletiche di alto livello;
perciò queste diete sono perfettamente compatibili con gli sport di endurance ed ultra-endurance.
Analizzando quanto è stato detto, è possibile concludere ritenendo idonee le alimentazioni vegetariane per gli sportivi praticanti attività di lunga durata, ma che queste non migliorino i parametri prestativi. 



Alimentazioni vegetariane adattate agli sport di forza

Le attività di forza richiedono sforzi molto intensi ma di breve durata che si ripetono durante le competizioni. Basti pensare a sport come il sollevamento peso, i lanci e le corse di velocità, così come i salti in atletica leggera, la lotta e la ginnastica artistica. Perciò la qualità della prestazione è legata a due peculiarità impellenti:
  • la capacità dell’atleta di recuperare nel minor tempo possibile;
  • la capacità dello sportivo di produrre, anche se per un periodo breve, la sua forza massimale.
Ad ogni macro-ciclo della programmazione annuale, gli obiettivi cambiano, anche in base al periodo della stagione in cui ci si trova, diventando sempre più specifici tanto più ci si avvicina al periodo agonistico.
Questi sport sono stati definiti anche come attività prettamente anaerobiche. Ciò è imputabile al fatto che la pratica di determinati esercizi avviene con un uso prettamente maggiore dei sistemi energetici anaerobici lattacido e alattacido, a causa delle elevate richieste energetiche ed intensità dettate dall’esecuzione delle suddette tecniche sportive.
A differenza degli sport di resistenza, queste attività necessitano obbligatoriamente di un aumento della massa muscolare, al fine di aumentare la sezione trasversa del muscolo, e perciò la possibilità di migliorare i livelli di potenza esprimibili, quindi la performance. Ma il miglioramento prestativo non è legato solo ad un incremento quantitativo di massa muscolare, infatti l’aumento deve avvenire anche in maniera qualitativa, a fronte del fatto che la capacità dominante nella pratica di sport anaerobici è la madre delle capacità condizionali.
Il rapporto tra aumento di massa muscolare e miglioramenti prestativi non è così diretto ed ovvio. Ma per incrementare i livelli prestativi, è necessaria l’acquisizione di un basso rapporto tra peso della massa muscolare e potenza sviluppata dalla stessa.
Raggiungere il peso ideale è un prerequisito essenziale, ma ancor più sostanziale è l’approdo ad una giusta composizione corporea dell’atleta, che è differente in relazione alla fase di allenamento in cui si trova. Nella fase iniziale è fondamentale la riduzione del grasso corporeo, mentre durante la preparazione specifica lo è l’aumento della massa magra-muscolare.
Sulla base di quanto appena detto, si può affermare che non solo cambieranno le peculiarità specifiche dell’allenamento, ma anche la qualità della dieta seguita dall’atleta, in base al periodo della programmazione che si sta affrontando.
Gli studi effettuati sugli effetti delle alimentazioni vegana e vegetariana sulle performance di forza, sono inferiori rispetto a quelli condotti per gli sport di resistenza. Ma comunque anche per queste attività, è valida la regola della diretta proporzionalità esistente tra qualità dell’alimentazione adottata e qualità dei risultati atletici.
Seguendo diete ben pianificate e appropriate alle richieste dettate dagli sport di potenza, si cerca di favorire l’aumento della massa muscolare (ipertrofia muscolare), durante la fase di preparazione, volgarmente definita di “fase di carico”, mentre lo sviluppo della potenza nel periodo di preparazione specifica in competizione. In funzione di quanto detto è deleterio sottolineare la necessità di aumentare, tramite l’alimentazione, l’apporto di proteine, la quale deve oscillare tra 1,4-1,8 g per kg di peso corporeo. Si può accettare fino ad un introito massimo di 2g/kg, ma assunzioni maggiori, oltre a non aver dimostrato nessun miglioramento prestativo, possono essere davvero nocive per lo stato di salute degli atleti.
Tale fabbisogno proteico è ampiamente garantito da diete onnivore, ma anche da quelle latto-ovo-vegetariane. Ciò non esclude quelle vegane, le quali se ben pianificate garantiscono tale intake proteico. Ovviamente adottando delle strategie alimentari, come l’aumento del consumo di alimenti vegetali ricchi di proteine, quali legumi, alcuni cereali (amaranto, grano saraceno, quinoa), soia, frutta secca e semi.
La pianificazione della dieta è strettamente individuale come singolari sono le caratteristiche fisiche di ogni soggetto.  Il fabbisogno energetico, come quello proteico è differente da atleta ad atleta, a seconda del soggetto, della tipologia di fibre costituenti il muscolo e alle esigenze legate all’allenamento.

Sara Tricarico








Bibliografia 

  • Francesca Bicocca-Matteo Vandoni, ALIMENTAZIONE VEGETARIANA E VEGANA PER SPORTIVI salute benessere e performance, Calzetti-Mariucci, 2015
  • Iacopo Bertini-Michelangelo Giampietro, Diete vegetariane, esercizio fisico e salute, Il Pensiero Scientifico Editore, 2006 
  • Pierluigi De Pascalis, A scuola di fitness, Calzetti-Mariucci, 2015
  • Enette Larson, MS, RD, LD, La dieta vegetariana per l’esercizio fisico, il training e la performance atletica: un aggiornamento, Published online: 22 Dec 2000
  • David C Nieman et al, Physical fitness and vegetarian diets: is there a relation?, Am J Clin Nutr 1990; 70 (suppl.):s70-s50
  • Gabrielle M. Turner et al, The Interconnectedness of Diet Choice and Distance Running: Results of the Research Understanding the Nutrition of Endurance Runners (RUNNER) Study, International Journal of Sport Nutrition and Exercise Metabolism, 2026, 26, 205-211
  • Katharina Wirhltzer et al, Prevalence in running events and running performance of endurance runners following a vegetarian or vegan diet compared to non-vegetarian endurance runners:  the NURMI Study, SpringerPlus
  • Jing Zhou, Jia Li and Wayne W. Campbell, Vegetarian Athletes, Department of Nutrition Science, Purdue University, West Lafayette, IN, USA
  • Jannequin Bennett, Very Vegetarian, Thomas Nelson Since 1798

Sitografia 

ESIGENZE NUTRIZIONALI SPECIFICHE PER GLI ATLETI


L'alimentazione è uno dei fondamentali elementi che garantiscono il massimo rendimento durante l'allenamento, e perciò anche un aumento della performance.
Il fabbisogno nutrizionale di un atleta è maggiore rispetto a quello della popolazione media, poiché l'impegno fisico e l'attività muscolare comportano un dispendio energetico maggiore che deve essere compensato con un incremento dell'apporto calorico, strutturato sempre su un bilanciamento di tutti i nutrienti.
La nutrizione, quindi, è fondamentale per la prestazione fisica, dato che fornisce all'organismo il carburante/energia per eseguirla, non supportata dai soli alimenti ma perlopiù dall'associazione di quest'ultimi attraverso alimentazione quotidiana, che modifica il rendimento fisico e l'efficienza metabolica.
Una dieta appropriata ed adattata all’atleta, considerando quindi le soggettive esigenze energetiche legate al tipo attività fisica svolta, costituiscono un aiuto per la performance. Ecco perché l’alimentazione di un professionista deve tener conto: della necessità di ricostruire il tessuto muscolare e del dispendio delle riserve energetiche causate dall'attività, modificando l'apporto di macronutrienti e micronutrienti. Per essere ancora più specifici, oltre alla programmazione dell’allenamento, un atleta deve organizzare e modulare, in base alle fasi della programmazione, la quantità e la qualità degli alimenti. Perciò per organizzare una dieta individuale e adattata al soggetto, bisogna tener conto:
  • dei dati antropometrici soggettivi;
  • degli specifici programmi di allenamento, che sono in funzione del   calendario agonistico;
  • età e sesso;

A contribuire al miglioramento della prestazione atletica, gioca un ruolo importante il giusto apporto calorico, che fornisce l'energia di pronto utilizzo, la formazione di riserve energetiche e il ripristino di quelle perse durante l'attività; in tal modo si garantisce la massima efficienza non solo delle capacità condizionali, ma anche l'integrità della salute. 
Un problema diffuso fra gli sportivi è un bilancio energetico negativo, cioè carenze nutrizionali, che non solo compromette la performance e l'allenamento ma anche le funzioni vitali. Ciò è imputabile alla poca conoscenza dell'alimentazione applicata all'esercizio fisico.
Il fabbisogno energetico, infatti, è correlato a diversi fattori:
  • metabolismo basale individuale (maggiore negli atleti, poiché hanno più massa magra);
  • dispendio energetico legata all'attività praticata;
  • dispendio energetico condizionato allo stile di vita;

Detto ciò, è evidente quanto sia importante misurare la spesa energetica giornaliera, mediante degli specifici strumenti, oppure attraverso metodiche che ci forniscono una stima del consumo energetico quotidiano.
In genere per calcolare il metabolismo basale applichiamo alcune formule come quella di Harris-Benedict, che prende in considerazione l'età, l'altezza, il peso del soggetto e anche il sesso. Ovviamente il dato ottenuto è solo una stima di quanto ricercato. 
Invece per conoscere il dispendio calorico durante l'attività praticata utilizziamo il MET (equivalente metabolico), nonché l’unità di misura dell'energia spesa durante l’esercizio. Esistono delle tabelle che riportano i MET specifici di attività sia quotidiane sia sportive. Grazie a queste si potrà calcolare il consumo energetico che si sommerà al metabolismo basale.

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Attraverso queste metodiche saremmo in grado di poter effettuare una stima della spesa energetica giornaliera più o meno attendibile.
Il consumo energetico quotidiano deve essere bilanciato con la quota calorica introdotta con l'alimentazione sotto forma di carboidrati, grassi e proteine.
A determinare quale substrato energetico sarà utilizzato inizialmente dal nostro corpo sarà la durata e l'intensità dell’esercizio, ma anche le condizioni fisiche dell'atleta e la quantità di glicogeno muscolare.
I combustibili più utilizzati durante la pratica sono carboidrati e grassi, che ricostruiscono anche le riserve di glicogeno muscolare e sono degradate per lo svolgimento delle normali funzioni dell'organismo. Perciò una carenza di entrambi obbliga i muscoli ad utilizzare altre fonti, derivate dal metabolismo di grassi e proteine, che hanno una funzione plastica nel corpo umano, dalle quali avremmo la produzione di sostanze tossiche. Questo perché in assenza di carboidrati il corpo è costretto a degradare i grassi di deposito e le proteine strutturali per ottenere l'energia necessaria.

Riposo 
Sforzo molto intenso e breve
Sforzo a media intensità e durata
Sforzo intenso e prolungato
Carboidrati 15-25%
Carboidrati 100%
Carboidrati 50%
Carboidrati 30%
Grassi 75-85%
Grassi 0%
Grassi 50%
Grassi 70%

Nella dieta la quota maggiore tra i macronutrienti è costituita da quella dei carboidrati, circa il 55-65% delle calorie totali, fonte principale di energia utilizzata durante l'esercizio fisico, a sfavore di quella dei grassi nonché il 15-30%3, e delle proteine che apporta al 15%3 dell’energia totale, a fronte del loro compito di accrescimento e rinnovo del tessuto muscolare.
I carboidrati rappresentano l'energia di pronto utilizzo del nostro organismo; poiché sono costituiti da più ossigeno rispetto ai grassi, quando il muscolo si trova in situazioni con ridotto apporto di ossigeno o addirittura in assenza, questi sono in grado di fornire il più velocemente energia. Inoltre formano le riserve di glicogeno muscolare, elemento che condiziona molto la performance. Vari studi hanno dimostrato che ridotte riserve decrementano la prestazione, a causa di una quantità di energia disponibile inferiore, che si manifesta con una inadeguata capacità di protrarre a lungo un’attività intensa. Dunque, gli atleti che effettuano allenamenti intensi e frequenti necessitano di aumentare la quota di carboidrati introdotta, per integrare le riserve. Più nello specifico, gli sport di endurance, che richiedono il consumo di imponenti quote di zuccheri, devono essere affiancati da una reintroduzione di carboidrati maggiore rispetto ad altri sport, per prevenire l'uso di proteine come fonte energetica e, dunque, il catabolismo muscolare. 
I grassi invece sono la fonte energetica principale in condizioni di riposo e durante esercizi a bassa intensità e di lunga durata. Questo perché le riserve di grasso sono quantitativamente maggiori rispetto a quelle di glicogeno, ma più lente nel rilasciare energia.
L’introduzione di lipidi non deve mai superare il fabbisogno lipidico, in virtù del fatto che essi si conservano rapidamente nell'organismo sotto forma di tessuto adiposo. Una dieta ricca di grassi non è da considerarsi dannosa solo in relazione alla performance, ma lo è anche per la salute, dato che aumenta il rischio di insorgenza di tumori e malattie cardiovascolari. Altrettanto pericolosa è una dieta povera di questi macronutrienti in virtù del loro ruolo antiossidante; dunque ancor più per gli sportivi, esposti ad una produzione maggiore di radicali liberi.
Il fabbisogno di proteine è aumentato per gli sportivi, soprattutto in due casi: 
  1. per l'elevata frequenza delle sedute di allenamento e delle competizioni;
  2. per l’attività fisica vigorosa e prolungata che comporta un danno al tessuto muscolare che deve essere riparato dalle proteine.
Ogni organismo ha dette richieste proteiche individuali, legate in primo luogo alle dimensioni del soggetto; e negli atleti anche alla durata, al tipo e all' intensità dell’esercizio praticato. Infatti esistono piccole differenze tra gli sport di forza e quelli di endurance per un differente turnover: le prime necessitano di un aumento dell’intake proteico, maggiore rispetto ai secondi, dato che un’espressione maggiore di forza massima è direttamente proporzionale alla grandezza del muscolo, e le proteine sono alla base dell’ipertrofia prodotto della sintesi proteica. Anche se il fabbisogno proteico negli atleti è maggiore, questi sono tenuti a consumare le giuste quote evitando diete iperproteiche, responsabili: 
  • dell’aumento dei fattori di rischio di malattie cardiovascolari, legato al fatto che i cibi di origine animale contengono grandi quantità di colesterolo ed acidi grassi;
  • della disidratazione per un’aumentata richiesta di acqua per far fronte al metabolismo degli amminoacidi;
  • della diminuzione della funzionalità renale.
Inoltre, va ricordato che affinché le proteine mantengano la loro funzione plastica e di sintesi, la dieta effettuata deve essere ad alto contenuto di carboidrati.
Per di più non esistono studi scientifici che attestino un miglioramento prestativo seguendo diete iperproteiche.

Il nutriente di cui l’atleta, ma anche l’uomo, non può assolutamente privarsi è l'acqua, essenziale per la sopravvivenza. Spesso non è considerata come un nutriente poiché priva di calorie.
Inoltre praticare attività fisica comporta una perdita di liquidi maggiore, dovuta alla sudorazione, risultato della naturale termoregolazione corporea. Obiettivo dell’atleta, dunque, è raggiungere e mantenere in giusto fabbisogno di liquidi per massimizzare la performance e prevenire eventuali danni legati alla disidratazione. La prestazione sportiva risente notevolmente dello stato di idratazione dell’atleta; un intake negativo di acqua comporta una diminuzione del volume plasmatico, dunque anche la riduzione del trasporto di ossigeno agli organi ma soprattutto ai muscoli, che in attività aumentano le richieste di questo.  È inevitabile un calo prestativo al quale si associano: cefalea, colpi di calore dovuti ad un’intolleranza al caldo e crampi.
Attraverso la sudorazione, oltre all’ escrezione di acqua, vi è la perdita di sali minerali reintrodotti mediante i pasti post work out; ecco perché l’acqua è l’elemento reidratante più efficiente (almeno per le attività che non superano un’ora). Con prestazioni o allenamenti di durata superiore all’ ora di attività, potrebbe essere necessario un supplemento di questi elettroliti persi con bevande idrosaline (circa 500-700 mg/l) contenenti anche una quota di zuccheri sia durante sia al termine dell’esercizio sportivo. 
I LARN raccomandano l’assunzione di almeno 2 litri di acqua al giorno. L’American Collage of Sports Medicine consiglia: 
  • una corretta idratazione pre-attività, nonché circa 400-600 ml di acqua (più o meno due bicchieri) due ore prima dell’allenamento. Questo perché la reidratazione non avviene nell’immediato ma è influenzata da innumerevoli fattori: osmolarità della bevanda, la sua temperatura ma anche la quantità assunta, lo svuotamento gastrico;
  • durante l’attività è opportuno bere circa 150-300 ml di acqua ogni 15-20 minuti ma non superare gli 800 ml/h, quota che corrisponde al massimo svuotamento gastrico in attività;
  • fondamentale è la reidratazione al termine dell’allenamento/gara, soprattutto in condizioni di altura maggiore alle quali il soggetto non è abituato.
L’ alimentazione varia in funzione del tipo di attività pratica. I muscoli utilizzano l’energia derivata dall’ossidazione dei substrati energetici in quantità differente. A determinare quale di questi sarà concorrono:
  • intensità dell’esercizio;
  • durata;
  • tipo di attività;
  • stato di allenamento e salute dell’atleta;
  • dieta (livello iniziale di carboidrati immagazzinati sotto forma di glucosio nel tessuto muscolare).
Da ciò si deduce la motivazione che spinge il corpo umano ad usare sia i lipidi sia i carboidrati come fonte energetica in quantità differenti ma equilibrate in funzione del massimo consumo di ossigeno (VO2max: volume massimo di ossigeno che ogni soggetto consuma nell’unità di tempo per contrazione muscolare). 
Il rapporto tra intensità e aumentata richiesta di ossigeno muscolare è direttamente proporzionale, e dunque anche l’uso degli zuccheri.
Le attività anaerobiche lattacide (75-90% del VO2max) non possono essere praticate per più di 30-60 minuti, perché di alta intensità ma breve durata, che necessitano di quote imponenti di carburante in tempi ridotti.  La richiesta di ossigeno è talmente elevata da condurre ad una carenza di ossigeno a livello muscolare, condizione che costringe l’organismo ad utilizzare i soli carboidrati come fonte energetica. Questo fenomeno porta all’accumulo di acido lattico nel sangue e nel muscolo, inibendo la lipolisi degli acidi grassi. Il 30% della richiesta energetica è garantita dal glucosio plasmatico, mentre il 70% dal glicogeno muscolare (esaurito insieme a quello epatico con 2 ore e mezzo di attività).
Un ridotto consumo di ossigeno a livello muscolare comporta l’uso anche dei lipidi per far fronte alla domanda energetica, tipico delle attività aerobiche di media e bassa intensità. 
Per le attività moderate (50-60% della VO2max) inizialmente useremo il glicogeno muscolare, in seguito, dopo circa venti minuti, quello epatico e quello muscolare quasi in egual misura con i grassi e solo una piccola quota di proteine. Questo a fronte del fatto che i lipidi forniscono quantità di carburante maggiore rispetto agli zuccheri (1gr di grasso equivale a 9 kcal mentre 1 gr di carboidrati a 4kcal), ma necessitano di periodi di tempo per l’ossidazione maggiori.
Le attività a bassa intensità (25-30% della VO2max) richiedono l’uso quasi esclusivo del metabolismo degli acidi grassi, i quali sono trasportati nel circolo sanguigno dove si legano con l’albumina, rilasciati nel muscolo. Inoltre, è opportuno precisare che se l’esercizio praticato è di bassa intensità ma prolungato per più di un’ora i lipidi costituiscono l’80% dei substrati dal quale l’organismo ricava energia; mentre per quelle sempre di bassa intensità ma di breve durata avremo un equilibrio tra metabolismo dei grassi e quello dei carboidrati.

In realtà non si può fare una vera distinzione esclusiva tra attività aerobiche e anaerobiche perché coesistono durante la pratica sportiva, anche se in percentuali differenti.



Sara Tricarico



Bibliografia 

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  • Katharina Wirhltzer et al, Prevalence in running events and running performance of endurance runners following a vegetarian or vegan diet compared to non-vegetarian endurance runners:  the NURMI Study, SpringerPlus
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  • Jannequin Bennett, Very Vegetarian, Thomas Nelson Since 1798

Sitografia 

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