IMPINGEMENT FEMORO ACETABOLARE: CAUSE E TRATTAMENTO






Con l’invecchiamento della popolazione, i fornitori di cure primarie si trovano ad andare incontro alle necessità maggiori dei soggetti che presentano dolori all’anca. Tuttavia, vi è una differenza assai vasta, la quale comprende tensioni muscolari, artriti con eziologia diversa, compromissione del sistema vascolare, disturbi urologici o ginecologici. L’osteoartrite, in particolare, è considerata una malattia propria dell’età avanzata, ma nel decennio passato, il conflitto femoro acetabolare (FAI) ha subito un aumento importante anche in soggetti più giovani è stato classificato come un fattore predisponente per l’artrosi. L’impingement femoro acetabolare descrive una condizione di dolore all’anca causato da una deformazione a livello della testa del femore o della fossa acetabolare.
Tale condizione è stata descritta da Ganz (2003) a causa delle sue numerose analisi a centinaia di fianchi ed al controllo del movimento dell’anca (2).
Pur comprendendo la causa di dolore all’articolazione e un aumento del numero di diagnosi di impingement femoro acetabolare, a partire dal 2006 è stato constatato che pazienti aventi un dolore all’anca non diagnosticato per un periodo medio di 21 mesi, hanno registrato una media di 3.3 di peggioramento della patologia (3).

Lesioni CAM e Pincer (Tenaglia)

Le eziologie del conflitto femoro acetabolare includono lesione CAM, a tenaglia e di tipo misto (Figura 1). Le lesioni CAM sono sporgenze ossee sulla giunzione testa-collo prossimale del femore che provocano un conseguente urto al grado di movimento. Di conseguenza, durante la flessione dell’anca, questo difetto provoca un taglio del tessuto cartilagineo e del labbro acetabolare che comporta una notevole riduzione della rotazione interna del soggetto (4). La combinazione di lesione CAM e PINCER può ovviamente verificarsi e rappresenta la lesione più comune (4).
L’eziologia dell’impingement femoro acetabolare è generalmente sconosciuta, ma è ampiamente riconosciuto come causa delle lesioni CAM lo scivolamento dell’epifisi prossimale del femore (4,5). Byrd ha scritto che la deformità “a pistola” può essere dovuta alla prematura chiusura eccentrica della porzione fisica nell’adolescenza che porta ad una forma non più sferica della testa del femore, in particolare con un’attività fisica maggiore o intensa può causare un arresto parziale (fisaria) (4). Altre relazioni proposte comprendono la predisposizione genetica occupazionale o di fase atletica infantile. Ad esempio, gli studi hanno quantificato la prevalenza di lesioni CAM comprese tra il 50-68% negli adolescenti e nei giovani adulti dai 12 ai 26 anni che hanno giocato a calcio ad alto livello o a livello amatoriale (1,6,7), inoltre hanno mostrato un rapporto 2/3 a 1 nelle lesioni CAM. È interessante notare che le lesioni CAM sono state documentate in adulti asintomatici. Uno studio del 2011 di Jung ha esaminato 755 radiografie dell’anca trovando lesioni CAM asintomatiche al 5,5-14% rispettivamente nelle donne e negli uomini (8,12).
Un altro studio ha determinato una prevalenza del 14% all’interno del loro gruppo. Così, lesioni CAM potrebbero essere un reperto accidentale su immagini che non richiedono necessariamente un ulteriore lavoro in pazienti asintomatici (13). Mentre le lesioni CAM sono deformazioni della testa del femore, lelesioni Pincer sono deformazioni dell’acetabolo (14). Quest’ultime sono dovute ad una retroversione dell’acetabolo o di una crescita eccessiva ossea del labbro (bordo) antero-laterale provocando allo stesso un trauma durante il movimento di flessione dell’anca (1,4,6).
La prevalenza di lesioni a pinza in generale è inferiore alle lesioni CAM con studi che dimostrano nei giovani adulti dai 18 ai 30 anni un’incidenza dal 10 al 26% in giocatori di calcio amatoriale, mentre un’incidenza del 66% in calciatori professionisti (11). Diversamente dalle lesioni CAM, le lesioni a pinza presentano una distribuzione pari tra il genere maschile e femminile (15). La terza classificazione eziologica del FAI si ha quando i pazienti presentano sia la lesione CAM che quella a pinza, tale condizione patologica viene definita di tipo misto. La prevalenza è di lesioni di tipo misto con una percentuale di circa il 50%(9) o probabilmente maggiore.
radiografia impingement femoro acetabolare

Storia e risultati degli esami fisici





 dolore impingement femoro-acetabolare
Figura 2 – C-sign- In questa foto è possibile osservare come il soggetto posiziona la mano nella zona dolorante

I pazienti che lamentano dolori a causa della FAI presentano diverse caratteristiche classiche. Questa condizione di attrito può condurre alla rottura del labbro acetabolare, alle lesioni della cartilagine, all’usura dell’articolazione e quindi col tempo all’artrosi, condizione questa che può essere curata solo mediante l’impianto di protesi articolari.
L’impingement Femoro Acetabolare si manifesta tipicamente nei giovani adulti ed in particolar modo negli sportivi, può accadere che queste deformità nelle persone sedentarie siano silenti per tutta la vita. I capi articolari conformati in modo anomalo urtano tra loro quando si superano ripetutamente e con forza, in gradi estremi di movimento i pazienti possono avvertire dei click ”C-sign” (Figure 2) (scatto articolare tra le due sezioni), con successivo dolore pungente, nel movimento verso il lato interessato, o perché le rotazioni ripetute dell’anca creano una lassità dell’involucro dell’articolazione (la capsula articolare).Tutto ciò conduce ad una condizione di instabilità che finisce per generare frizioni patologiche, quindi un’articolazione affetta da ”conflitto” (4,7,16).
Negli atleti può essere associata ad un evento traumatico precedente, e spesso percepiscono una ridotta mobilità ed elasticità dell’articolazione rispetto a soggetti sani o compagni di squadra.
Spesso i pazienti lamentano dolori all’inguine, dolore che si irradia fino alla regione antero-laterale della coscia.
Il tutto è apprezzabile quando i pazienti descrivono incapacità a restare seduti  per lunghi periodi di tempo ed hanno bisogno di spostare il loro peso o addirittura camminare per alleviare i sintomi.
In questo caso l’esame fisico può, confermare il sospetto di impingement femoro acetabolare.

Diagnostica per Immagini

Studi iniziali devono includere la radiografia della zona pelvica in posizione antero-posteriore, in rana laterale con entrambe le parti o in casi particolari nella posizione di Dunn (1-4-17). Questo permette il confronto di entrambe le posizioni e migliora la qualità dell’esame. L’indagine di Dunn modificato è raccomandato quando l’anca si trova in una posizione flessa di 45°e addotta a 20°ed è consigliato in caso di lesioni della testa del femore (16). Mentre il classico esame di Dunn viene effettuato con l’anca flessa a 90°ed addotta a 20°. E’ importante ricordare che spesso i fisiatri saltano gli esami radiografici a meno che non abbiano un sospetto evidente della lesione FAI (1).
Questa specifica indagine morfologica include la ”Tilt Deformity” (lesione CAM), ‘‘Acetabular Overcoverage” (lesione Pincer)”Crossover Sign” (retroversione acetabolare) e l’osteoatrite (1-4).
Le radiografie per l’impingement femoro acetabolare vengono effettuate in posizione laterale (18). Oltremodo è possibile identificare oltre la FAI anche la lesione CAM e Pincer. In visione laterale con il posizionamento delle gambe a ”rana” o con la classica metodologia di Dunn, con una flessione è possibile osservare l’angolo Alpha (Figure 3)  ed effettuare una diagnosi per la lesione CAM.
L’angolo Alpha serve nel determinare se la lesione CAM è presente, in più è possibile misurarlo andando attorno alla testa del femore (8).




angolo alpha femore
Figura 3 – Angolo alpha

La deformità a ”pistol grip” è osservabile nella lesione CAM ed è possibile visualizzarla con una semplice radiografia AP.
Per quanto riguarda la retroversione acetabolare (Figure 4) è possibile indentificare multiple aree di impingement con una profonda protusione e con un incremento dell’angolo centrale (4).




Retroversione acetabolare
Figura 4 – Retroversione acetabolare con crossover sign


Trattamento Conservativo

Il FAI (impingement femoro acetabolare) è il risultato della deformità dell’articolazione dell’anca. Più specificatamente è definita una patologia che consiste in un anomalo contatto tra le superfici articolari di epifisi femorale ed acetabolo durante il normale movimento di escursione dell’articolazione.
Il trattamento conservativo può offrire sollievo al paziente attraverso la somministrazione di analgesiciterapia fisicamodificazione delle attività e iniezioni intra-articolari con glucocorticoidi.
La terapia fisica si concentra sul rafforzamento dei muscoli del core ed evita movimenti che possono causare un’eccessiva flessione dell’anca come squat o sedie basse (1-4-7).
Un piano di riabilitazione verrà quindi progettato per ogni paziente sulla base di questi fattori e delle caratteristiche individuali.
La cura incruenta inizia con le modifiche delle proprie attività. Si dovrebbe evitare di fare perno sull’anca malata ed evitare prolungati periodi di attività sotto carico. Il personale specializzato lavorerà per potenziare i muscoli dell’ancaripristinare il normale controllo neuromuscolare e migliorare la postura. Tutto questi interventi possono ridurre il dolore e  migliorare la funzione dell’anca. Un ulteriore aiuto deriva da un programma di streching per migliorare la flessibilità ed aiutare ad allungare i muscoli per ridurre il contatto ed il conseguente conflitto.
Una cinghia speciale, chiamata SERF (stabilità attraverso la rotazione esterna del femore) in elastico sottile può essere utile se applicata attorno la coscia, al ginocchio e alle gamba per tirare l’anca in rotazione esterna.




cinghia serf
Figura 4 – Cinghia Serf per trattamento conservativo

L’idea è quella di utilizzare la cinghia per migliorare il controllo dell’anca e il movimento delle gambedurante le attività dinamiche. È importante allo stesso tempo potenziare i muscoli per ottenere lo stesso risultato funzionale una volta rimossa la cinghia (26).
Oltremodo è importante sottolineare che non esistono evidenti dati che dimostrano le differenze di terapie fisiche in base al miglioramento dei sintomi o alterazioni del corso naturale della malattia (7).
Alcuni pazienti possono anche beneficiare di iniezioni intra-articolari che sono sia diagnostiche che terapeutiche, in quanto se durante l’iniezione si avverte dolore è possibile intuire che il problema risiede all’interno dell’anca. Si consiglia cosi al paziente di effettuare un’ecografia office-based ultrasound machine o at radiology suite e la consulenza di un chirurgo ortopedico nel caso in cui il dolore continuasse a permanere con terapia conservativa (16).

Trattamento Chirurgico

Esistono diversi tipi di interventi chirurgici utilizzati per trattare l’impingement femoro acetabolare come l’artroscopia, meno invasiva, alla lussazione chirurgica più invasiva.
Indipendentemente dalla tecnica usata, gli obbiettivi dell’operazione sono:
  • migliorare il dolore
  • migliorare la funzione
  • migliorare, preservare la mobilità e l’integrità dell’articolazione.
L’artroscopia dell’anca è una tecnica chirurgica di recente introduzione, che riduce al minimo il danno ai tessuti periarticolari ed a carico dei tessuti articolari stessi. Si  opera infatti facendo uso di due mini incisioni (una laterale e l’altra anteriore) per l’introduzione dell’ottica e dello strumento di lavoro. Con tale metodica si riescono a trattare in maniera efficacie quasi tutte le forme di impigement femoro acetabolare, a rimuovere eventuali corpi mobili e ad effettuare il trattamento delle lesioni del Labrum. Essendo una procedura mini invasiva, prevede un breve periodo di scarico articolare nel post-operatorio, mentre la rieducazione funzionale dell’articolazione operata può essere ripresa già in seconda- terza giornata post- operatoria evitando l’iperestensione (Figure 2) (27).
I rischi dell’operazione includono lesioni neurovascolari, in particolare al pudendo, ai nervi perineali, creando paralisi da trazione, al cutaneo laterale, femorale e sciatico.
Tutto questo può creare ulteriori complicanze come trombosi venosa profonda, frattura del collo del femore e raramente necrosi avascolare della stessa(16-20-21).




chirurgia impingement femoro acetabolare
Figura 5 – Pre-Post artroscopica. Immagini della lesione CAM sulla testa del femore ( osteocondroplastica )- immagini A e B mostrano il pre-post CAM nel paziente # 1. Immagini C e D mostrano pre-post CAM nel paziente #2. Le frecce indicano l’area di lesione nel pre-post CAM. Il confronto tra pazienti mostra la notevole variabilità della lesione.

Tuttavia, risultati favorevoli sono stati riportati con questo metodo (7-19-20-22-27).
Lo studio effettuato nel 2011 da Byrd ed altri, ha preso in esame 100 pazienti e studiato l’evoluzione clinica di essi. Nel caso di artrite è consigliabile un prudente ricovero in attesa della diminuzione delle sintomatologie (1-4-20-22).
L’impingement femoro acetabolare può essere trattato anche con una dissezione chirurgica a cielo aperto che ha il vantaggio di poter fissare il labbro lacerato, resecare il bordo acetabolare (lesione a tenaglia) o rimodellare la testa del collo del femore (osteocondroplastica) (7-21 ).
Tuttavia questa tecnica può provocare importanti lesioni, che richiedono scorte di sangue e possono potenzialmente creare necrosi avascolare della testa del femore. Alcuni chirurghi utilizzano quindi la procedura ”mini-invasiva” dove la patologia intra-articolare viene trattata in artroscopia e le lesioni CAM sono asportate con un piccolo taglio anteriore. Questo metodo ha dimostrato di essere più efficacie nel migliorare la lesione e ritornare alle attività (4-24).
In generale, tutte queste procedure sono efficaci nel trattamento della FAI, ma il recupero più veloce è stato registrato con procedure di intervento artroscopiche, mentre il tasso più alto di complicanze con l’operazione a ”cielo aperto” (4-7-22-23)
L’artroscopia in decompressione migliora la rotazione interna e di conseguenza aumenta l’angolo alpha (25).

Conclusione 

Nel momento in cui arriva un paziente con dolore all’anca, bisogna effettuare un anamnesi completa per far sorgere il sospetto di conflitto femoro acetabolare.
Il rinvio ad un chirurgo-ortopedico è giustificato se il trattamento conservativo non allevia il dolore.
Mentre nei pazienti con risultati a lungo termine, la patologia dell’anca può variare, in generale è stato osservato che con tre mesi di terapia fisica graduata si può tornare alla piena attività (4). Il tempo medio quindi per il ritorno all’attività sportiva varia dai tre ai nove mesi (4).
L’Impingement Femoro Acetabolare in questo periodo di tempo può subire rapidi cambiamenti in termini di diagnosi, trattamento e risultati. Con un occhio clinico acuto, l’intervento precoce può migliorare la qualità di vita del paziente.


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  26. Preparazione Atletica e riabilitazione D.Carli-S.Di Giacomo-G.Porcellini, Edizioni medico Scientifiche, pag 580
  27. http://www.ortopediaborgotaro.it/per-il-paziente/otb-news-per-il-paziente-ortopedia-borgotaro/145-le-lesioni-del-labbro-acetabolare-dell-anca

Author: Dott. Eugenio Isidoro Scibetta Co-Founder & Admin Scienze Salute e Benessere

LCA: ANATOMIA E LESIONI




La rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio è l’evento traumatico che più colpisce questa articolazione. In particolare è importante puntualizzare quanto sia fondamentale il ruolo che riveste il ginocchio nell’economia del funzionamento corporeo: è une delle articolazioni più importanti del corpo umano poiché sorregge il peso ed aiuta la deambulazione creando stabilità. Patologie o lesioni (come principalmente quella dell’L.C.A) possono creare una serie di problemi che portano, oltre ad arrecare dolore, serie complicazioni su tutto il complesso delle articolazioni basse del corpo.
Le cause più frequenti che provocano instabilità del ginocchio sono le rotture ai legamenti, in particolare la rottura del legamento crociato anteriore. Tali lesioni, provocano un profondo stato di precarietà nella deambulazione. Le tecniche di chirurgia moderna, insieme alla ricerca e alla progettazione di nuove modalità di cura, mirano alla ricostruzione ( nel caso di rottura ) o al rafforzamento ( in presenza di una sola lesione ) del legamento. Al giorno d’oggi, la chirurgia del ginocchio e la riabilitazione con tecniche innovative e mini- invasive riesce a riportare il ginocchio in una condizione di normalità nel caso di questi eventi traumatici.
La ricerca in questo specifico settore ha recentemente compiuto passi da gigante permettendo lo sviluppo, la formazione di figure professionali, quali il chirurgo ortopedico, il fisioterapista e lo scienziato motorio (o chinesiologo), e la preparazione di esse all’uso di tecniche sempre più all’avanguardia. In particolare, il chirurgo ortopedico nelle operazioni utilizza innesti sia con tendine rotuleo sia con tendini ischiocrurali; il fisioterapista e lo scienziato motorio hanno potuto diminuire i tempi di recupero con il successivo rientro in campo grazie ad un protocollo riabilitativo post-operatorio immediato ed esercizi fisici innovativi.

Anatomia e funzione articolare del ginocchio
Il ginocchio è l’articolazione intermedia dell’arto inferiore. Il suo normale movimento prevede sei gradi di libertà (tre traslazioni e tre rotazioni) che rendono la cinematica di quest’articolazione molto complessa.
Il ginocchio è formato principalmente da due sistemi articolari: l’articolazione femoro-tibiale e l’articolazione femoro-rotulea. L’articolazione femoro-tibiale è formata dall’estremità distale del femore che si allarga costituendo i due condili, laterale e mediale, che sono sezioni di ellissoidi asimmetrici, separati dalla fossa intercondiloidea. Ai lati dei condili vi sono due sporgenze, gli epicondili, i quali a differenza degli altri, non sono superfici articolari del femore. I due condili femorali si articolano con la tibia a livello del piatto tibiale, dove si trovano due cavità, una interna ed una esterna, separate dalle spine tibiali. Tra queste superfici articolari, non perfettamente congruenti, s’interpongono i menischi, due formazioni fibro-cartilaginee semilunari, il cui spessore diminuisce procedendo verso l'interno.
L’articolazione femoro-tibiale è stabilizzata da quattro legamenti: il legamento crociato anteriore (LCA), il legamento crociato posteriore (LCP), il legamento, collaterale mediale e il legamento collaterale laterale, i quali forniscono la stabilità antero-posteriore, medio laterale e rotazionale.L’articolazione femoro-rotulea è invece costituita dalla troclea femorale, che è una cavità situata anteriormente tra i due condili e dalla faccia posteriore della rotula.



La struttura dei legamenti
I legamenti sono robuste strutture fibrose che collegano tra loro due ossa o due parti dello stesso osso. I legamenti hanno funzione stabilizzatrice, impediscono cioè che particolari movimenti o forze esterne derivanti da traumi alterino la posizione delle strutture ai quali sono collegati. Macroscopicamente i legamenti sono organizzati in cordoni o fasci di fibre con diametro, inserzione ossea ed orientamento spaziale diversi gli uni dagli altri. Microscopicamente i legamenti sono costituiti da fibroblasti, fibrociti, collagene di tipo I, elastina, GAG, enzimi, glicoproteine e per il 70% da acqua.
I fibroblasti presiedono alla sintesi della matrice extracellulare, quindi delle fibre di collagene ed elastina e dei proteoglicani. Nei legamenti, i fibrociti hanno l’asse maggiore orientato parallelamente ai fasci della matrice extracellulare e sono più numerosi che nei tendini; l’acqua, trattenuta dai proteoglicani assicura resistenza alla compressione ed alla distrazione del legamento.
Il movimento articolare produce un aumento di carico sul legamento con distensione iniziale della componente non fibrillare, a cui segue la distensione iniziale di un numero sempre crescente di fibre; l’interruzione dello stress determina il ritorno allo stato iniziale. Si comporta quindi come ammortizzatore, inoltre se sottoposto a sollecitazioni ripetute e progressivamente crescenti si rinforza, ossia aumenta la resistenza alla rottura.
I legamenti assicurano con la loro presenza il mantenimento di una pressione endoarticolare ideale per la lubrificazione della cartilagine ialina delle epifisi da parte del liquido sinoviale.

Com’è formato il legamento crociato anteriore?
Il legamento crociato anteriore (LCA) è un legamento robusto, intra-articolare e rivestito dalla membrana sinoviale. Parte dall’eminenza intercondiloidea della tibia e si estende verso l’alto e indietro fino alla parte posteriore della faccia mediale del condilo femorale laterale. Tra i due crociati è il più lungo: misura infatti mediamente 3,3 cm. E’ costituito da due fasci: quello postero-laterale più sottile e quello antero-mediale più lungo nel suo tragitto orizzontale. Questi fasci sono entrambi in tensione massima in prossimità dell’estensione, anche se hanno stati tensionali diversi in base al grado di flessione del ginocchio.
Il legamento crociato anteriore è innervato dal nervo sciatico popliteo interno; al suo interno si trovano numerosi meccanorecettori. Quest’ultimi sono sensibili a variazioni di ampiezza e velocità nei movimenti. La resistenza del legamento non è costante: in particolare si riduce con l’aumentare dell’età ed aumentata con l’incremento di della velocità di mobilità.
Il Legamento Crociato Anteriore è la guida meccanica del movimento articolare, è una valida difesa meccanica del movimento articolare, è una valida difesa meccanica nei confronti delle sollecitazioni a cui è sottoposto il ginocchio e rappresenta un sistema di percezione del movimento e della posizione della gamba nello spazio.

Come si lesiona il legamento crociato anteriore?
Per via del basso potenziale elastico, il legamento crociato anteriore non può allungarsi più di tanto. Nel caso di uno stiramento eccessivo è possibile che si verifichi una distrazione o addirittura la rottura dello stesso.
Le cause che conducono ad una rottura del Legamento Crociato Anteriore sono diverse:
Debolezza muscolare;
Insufficiente resistenza muscolare;
Errato rapporto tra estensori/flessori (specialmente se a favore degli estensori);
Depressione del sistema propriocettivo;
Scarsa capacità coordinativa;
Mancanza di flessibilità;
Le lesioni traumatiche a livello del ginocchio sono facilitate anche da particolari terreni e tipologie di sport praticati. Uno studio ha infatti dimostrato che le lesioni al Legamento Crociato Anteriore sono correlate a terreni molto asciutti. I maggiori meccanismi determinanti la lesione del legamento crociato anteriore si raccolgono in due tipologie di eventi traumatici:
si verificano in conseguenza ad un impatto articolare contro un corpo esterno (contatto/contrasto) che avviene secondo tre principali meccanismi:
Attraverso un trauma diretto sulla parete laterale del ginocchio che causa una valgo-rotazione esterna;
Attraverso un trauma diretto sulla parete interna del ginocchio che determina una varizzazione forzata in rotazione interna;
Attraverso un trauma diretto nella parte posteriore della gamba che provoca una traslazione anteriore della tibia;
Lesione da trauma indiretto: avvengono in particolar modo se il ginocchio si trova in posizione di ‘’quasi estensione’’ (circa 20° di flessione). Questo avviene perché la stabilità antero-posteriore del ginocchio in questi gradi è totalmente a carico del Legamento Crociato Anteriore ed il movimento è scarsamente coadiuvato dagli stabilizzatori secondari;

I quattro principali meccanismi lesivi sono:
Valgo – rotazione esterna: il meccanismo traumatico si può verificare durante uno spostamento veloce, una decelerazione seguita da un cambio di direzione o un atterraggio da un salto, specie se monopodalico;
Varo – rotazione interna: il meccanismo traumatico può insorgere durante le manovre di cutting (side-stepcutting quando il cambio di direzione viene effettuato verso il lato opposto del piede perno e crossover cutting quando il cambio di direzione viene effettuato verso il lato del piede perno in cui vengono esasperate le posizioni in valgo-rotazione esterna e varo-rotazione interna a ginocchio flesso. In queste fasi oscillanti si può ripetere il meccanismo traumatico di valgo-rotazione esterna o verificarsi una varo-rotazione interna traumatica;Iperestensione: il meccanismo traumatico può insorgere attraverso un calcio a vuoto o un atterraggio non stabilizzato correttamente, con iperestensione;
Iperflessione: il meccanismo traumatico può insorgere in conseguenza ad un iperflessione del ginocchio, cui segue una potente contrazione del quadricipite nel tentativo di ristabilire la posizione eretta dopo il violento atterraggio;
La probabilità di andare incontro ad unalesione del Legamento Crociato Anteriore è maggiore nelle donne, rispetto all’uomo, da quattro a sei volte.
Il motivo di questa aumentata frequenza lesiva risiede nel fatto che le donne presentano alcune differenze anatomo-fisiologiche importanti.
Minor forza muscolare, di conseguenza anche il minor controllo della stabilità risulta inferiore;Rapporto flessori/estensori più favorevole agli estensori, diminuisce quindi l’azione di difesa degli ischio crurali;Aumento del tempo di latenza, l’azione del meccanismo propriocettivo e quello difensivo degli hamstring è più lenta;Maggiore flessibilità e lassità, aumentata l’instabilità del ginocchio;LCA anatomicamente più piccolo, di conseguenza resiste a tensioni traumatiche minori;Bacino più largo ad una maggiore extrarotazione della tibia, sono elementi che favoriscono il valgismo del ginocchio e quindi aumentano la predisposizione alla lesione in valgo-rotazione esterna.Clinica e diagnosi
Quindi una volta elencate le modalità di rottura si analizzerà la clinica e la diagnosi:
Dolore grave e duraturo o minimo e transitorio (nelle lesioni isolate) localizzato profondamente nel ginocchio e spesso posterolateralmente;All’inizio all’articolarità limitata in estensione, per l’insorgenza di dolore in sede posteriore negli ultimi 20° di movimento;
Emartro generalmente immmediato
Scarsa stabilità
Positività dei test di lassità posteriore;
Un buon programma di prevenzione o di recupero funzionale deve tener conto di tutti questi fattori predisponenti, affinchè i risultati del lavoro possano essere all’altezza delle aspettative.

Operazione e ricostruzione
Quando un legamento del ginocchio viene lesionato, si manifesta una condizione di instabilità dell’articolazione inferiore. A seconda di vari fattori, quali l’età, il peso o l’attività svolta dal paziente, si decide se intervenire chirurgicamente o meno.
Per esempio, per uno sportivo che subisce una rottura del Legamento Crociato Anteriore si opterà quasi sicuramente per la ricostruzione a livello chirurgico, mentre per un soggetto di mezza età, il quale svolge un lavoro sedentario che non richiede movimento, si cercherà di intervenire in diverso modo, con ad esempio un bendaggio ed un programma di rinforzo muscolare.

Le tecniche di ricostruzione chirurgica dei legamenti del ginocchio sono tre (autograft, allograft e legamento artificiale) e vengono operate solo in caso di rottura totale del legamento. La scelta del tipo di intervento va anche fatta esaminando i vari tipi di trauma: per una distorsione del legamento crociato anteriore, che difficilmente va incontro ad una guarigione spontanea, si sceglierà un intervento di tipo chirurgico in artroscopia.

OSTEOPOROSI: COS' È E COME PREVENIRLA


E’ una malattia caratterizzata dalla perdita progressiva di massa ossea, con assottigliamento e riduzione di numero delle trabecole dell’osso spongioso ed assottigliamento dell’osso corticale; ne consegue un aumentato rischio di fratture ossee.


OSSO NORMALE                     OSSO OSTEOPOROTICO

Determina la riduzione d’altezza del soggetto e l’aggravamento delle normali curve del rachide.
La malattia può instaurarsi lentamente, decorrendo asintomatica e rendendosi manifesta con il realizzarsi della frattura, anche spontanea.




Differenze tra Osteopenia, Osteoporosi ed Osteomalacia
> Una certa quantità di massa ossea si riduce fisiologicamente ed inevitabilmente con l'età: osteopenia
> Quando il processo demineralizzante diventa particolarmente intenso e prolungato al punto da determinare fratture per traumi di modesta entità, si parla di osteoporosi.
- L'osteoporosi è una riduzione quantitativa della massa ossea per unità di volume caratterizzata da alterazioni della microarchitettura dell’osso con conseguente aumentata fragilità ossea ed aumentato rischio di fratture da traumi minimi. Diminuzione sia della componente minerale che di quella collagene
> L’osteomalacia (carenza della vitamina D e/o calcio) presenta invece una alterazione qualitativa, per difetto di mineralizzazione della matrice proteica. Nei bambini l'osteomalacia si chiama rachitismo



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T-score: la densità ossea del soggetto espressa come numero di DS (deviazione standard) al di sopra o al di sotto rispetto alla densità ossea di un soggetto giovane adulto.
Osteoporosi grave: T-score < -2,5 con fratture
Osteoporosi: T-score < -2,5

Osteopenia: -1 < T-score < -2,5 Normale: T-score > -1 



Osteoporosi: Classificazione


Primitive
• Osteoporosi di tipo I (Post-menopausale)
• Osteoporosi di tipo II (Senile)
• Osteoporosi idiopatica dell’adulto 
• Osteoporosi giovanile
• Osteoporosi Post-gravidica



Secondarie
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Siti più comuni di frattura:
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- colonna vertebrale 
- collo del femore
- polso


Osteoporosi e sesso femminile
> La predisposizione del sesso femminile
– le donne possiedono una massa ossea minore rispetto agli uomini
– la carenza di ormoni sessuali (estrogeni), che inizia con la menopausa, determina nelle donne una perdita di massa ossea più precoce e maggiore che negli uomini.

> Una menopausa chirurgica (annessiectomiabilaterale) determina una immediata riduzione degli estrogeni e quindi una rarefazione ossea più veloce.
> Una menopausa precoce (prima dei quarantacinque anni) può determinare una riduzione della massa ossea con qualche anno di anticipo rispetto a quanto avviene normalmente.




Come può essere diagnosticata?
> Valutazione clinica
• anamnesi
• esame obiettivo
• valutazione dei fattori di rischio
> Misurazione della BMD (densità minerale ossea) > Esecuzione di es. radiologici

> Esecuzione di tests di laboratorio
Prevenzione
> Attività fisica aerobica svolta per 30 minuti, tra pubertà e i 30 anni
> Assunzione ottimale di calcio nell’adolescenza
> Nella gravidanza e nell’adolescenza 1.200 mg/die e nell’adulto 800 mg/die
> nelle donne in pre menopausa è ottimale 1000 mg/die e in quelle in post menopausa 1500 mg/die


L’attività fisica è un pilastro della prevenzione.

Il peso corporeo, unitamente alla forza di gravità, stimola positivamente la calcificazione, con conseguente aumento della densità scheletrica.
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L'esercizio fisico fa la differenza Solo una corretta attività motoria può preservare davvero la massa ossea. Ed è questo il cardine dei programmi d’intervento nella gestione dell'osteoporosi, in quanto l'esercizio stimola il metabolismo osseo e favorisce lo sviluppo della massa scheletrica. Ma per riuscire nell'impresa devono essere praticate attività di tipo antigravitario, in cui il peso corporeo gravi sulle ossa per stimolare la calcificazione, come la marcia, la camminata, il ballo, la ginnastica, il pattinaggio, salire le scale. Fondamentali la costanza e la durata dell’allenamento. A qualsiasi età i suoi effetti saranno sempre positivi. Anche a 80 anni, specie se si è ex atleti, si potrà contare su una massa ossea superiore rispetto a individui sedentari della stessa età. 



L’attività motoria vi permetterà di:
buttare via gli analgesici
aumentare le abilità funzionali nelle vostre attività quotidiane
diminuire significativamente il rischio di fratture migliorare l'equilibrio, i riflessi e il tono muscolare,
prevenendo così il rischio di cadute.
Con un’osteoporosi già avanzata, dovrete evitare tutti gli esercizi che comportano flessioni o torsioni eccessive della colonna vertebrale e la corsa. Pressoché inefficaci ciclismo e nuoto, in cui il carico sulle ossa è inferiore. 



MOVIMENTI CONTROINDICATI
     






--> Evitare esercizi che comportano flessioni o torsioni eccessive del rachide 

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Bibliografia:

- linee guida OMS, 1994
- Prof.ssa Donatella Pastore PhD: Medico Endocrinologo e docente presso l'Università Tor Vergata di Roma, nella facoltà di Medicina e Chirurgia



Author: Dott. Eugenio Isidoro Scibetta Co-Founder & Admin Scienze Salute e Benessere


SINDROME METABOLICA: EFFETTI DELL'ESERCIZIO FISICO

Cos’è la Sindrome Metabolica ?



Nel 1998 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) propone una prima definizione di Sindrome Metabolica alla quale ne sono seguite altre che differiscono per il tipo ed il numero di variabili considerate e per i livelli di cut-off usati. La definizione più conosciuta è quella della National Education Program Adult Treatment Panel (ATP) del 2001 essa non considera alcun elemento diagnostico diretto o indiretto insulino-resistenza, ma contempla la presenza di tre variabili contemporaneamente presenti tra le seguenti: obesità addominale, ipertensione, ipertrigliceredemia, basso colesterolo Hdl e glicemia > 110mg/dl (includendo anche il diabete). Quindi la Sindrome Metabolica può essere definita come una condizione caratterizzata dalla presenza contemporanea di diversi squilibri metabolici ognuno dei quali è già da solo un indice di rischio cardiovascolare:
  • Alterato valore del colesterolo HDL ≤ 40 mg/dl (nei maschi) 50 mg/dl (nelle femmine)
  • Alterato valore della glicemia a digiuno ≥ 110 mg/dl
  • Alterato valore della trigliceridemia ≥ 150 mg/dl
  • Alterato valore della circonferenza addominale ≥ 120 cm (nei maschi) 88 cm (nelle femmine)
  • Alterato valore della massa grassa ≥ 25
  • Alterato valore della pressione arteriosa ≥ 130/85 mmHg
criteri sindrome mrtabolica

Quali sono i criteri per la diagnosi di Sindrome Metabolica (OMS)?

Come primo criterio è importante prendere in considerazione la resistenza insulinica identificata dalle seguenti caratteristiche:
  • Diabete di tipo 2
  • Alterazione della glicemia a digiuno
  • Ridotta tolleranza al glucosio
Con associazione ad i seguenti criteri:
  • Terapia antipertensiva o PA>140/90 mm Hg
  • Trigliceridi > 150 mg/dl
  • Colesterolo HDL 35 mg/dl (uomini) o <39 mg/dl (donne)
  • BMI> 30 e/o rapporto vita/fianchi >0,9 uomini o 0,85 donne
  • Tasso di escrezione di Albumina nelle urine >20 g/min o rapporto tra albumina/creatina > 30 mg/g
Con l’aumento dell’incidenza dell’obesità nelle popolazioni giovanili i dati potrebbero modificarsi notevolmente nei prossimi anni, prendendo in considerazione tutti i tipi di etnie, con l’aumento pressoché doppio di problemi cardiovascolari rispetto a coloro che non ne sono affetti.
Negli ultimi anni si è verificato un aumento dell’obesità in Europa e negli Stati Uniti e la prevalenza della Sindrome Metabolica è del 45% circa nei soggetti maggiori di 50anni.
In Italia interessa circa il 25% degli uomini e addirittura il 27% delle donne, numeri altissimi che equivalgono circa 14 milioni di individui.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) parla di ”Globesity” cioè una vera e propria epidemia di obesità e diabete.
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Sindrome Metabolica in Italia

sindrome metabolica in Italia

Fattori di Rischio

  • Predisposizione genetica
  • Errato stile di vita (Fumo – Consumo di alcool – Eccesso di colesterolo Sedentarietà)
  • Ipertensione arteriosa
  • Obesità
  • Diabete
  • Dislipidemia

Fisiopatologia

Nella genesi della SM possono essere coinvolti diversi agenti eziologici fra loro in stretta correlazione:
  1. Obesità viscerale
  2. Insulino-resistenza
  3. Fattori infiammatori ed endocrini
Quindi i due aspetti principali sarebbero rappresentati da un eccesso di tessuto adiposo e insulino-resistenza.
Da qui è possibile osservare diversi tipi di fisiopatologia:
  • Ipertensione: Si definisce ipertensione e l’aumento costante della pressione del sangue per i valori superiori a 140 mmHg per la pressione massima o sistolica e superiori a 90 mmHg per quella minima diastolica. Le cause più frequenti sono registrate dall’interazione ormonale, stimoli nervosi e resistenza dei vasi. Le conseguenze provocano ispessimento delle pareti del muscolo cardiaco, aumento del carico di lavoro a scapito del cuore, aritmie, riduzione delle capacità del cuore di contrarsi, ischemia cardiaca, angina, infarti, alterazioni della struttura del cuore, dilatazione dell’aorta, insufficienza della valvola aortica.
  • Obesità: L’obesità è caratterizzata da BMI >30 ( peso corporeo kg/ H2m ), in Europa il 15% della popolazione è obesa, in Italia 1 persona su 2 è in sovrappeso, 1 su 10 è obesa.
Fattori Genetici: Mitocondri pigri, Difetto della produzione di ossido nitrico, Predisposizione
Fattori Ambientali: Stile di vita
  • Diabete di tipo 2: Si verifica quando il pancreas non produce abbastanza insulina ed alcuni organi oppongono resistenza alla sua azione. Le conseguenze sono acute quando c’è una produzione ipoglicemica, iperglicemica e croniche quando si registrano aterosclerosi, neuropatie, retinopatie e nefropatie. In generale il diabete accorcia l’aspettativa di vita di 1/3, aumenta il rischio di problemi cardiovascolari, rappresenta la causa più frequente di amputazioni degli arti, cecità ed insufficienza renale.
  • Sedentarietà: In Italia il 40% della popolazione non pratica attività fisica, 40% pratica attività fisica saltuaria ed insufficiente per ottenere i benefici in termini di salute, 20% svolge esercizio attività fisica regolare. Fonte ISTAT, Condizioni di salute-fattori di rischio-ricorso ai servizi sanitari 2007.
  • Dislipidemia: Il potenziale aterogeno sembra essere correlato sia alla quantità che alla qualità delle lipoproteine LDL (piccole e dense). Trigliceridi 150 mg/dl, HDL 40 mg/dl (M) 50 mg/dl (F), LDL 130-159 mg/dl.

Il ruolo del chinesiologo

Il Chinesiologo in caso di Sindrome Metabolica, deve intervenire mirando al miglioramento dello stato di salute, raggiungimento e mantenimento di una condizione metabolica ottimale (profilo lipidico e glicemico) ed alla prevenzione delle complicanze.



L’esercizio fisico deve essere di conseguenza prevalentemente aerobico, in cui è previsto l’utilizzo degli arti inferiori e superiori come nella camminata e nel nuoto, senza escludere l’utilizzo dei piccoli attrezzi per la tonificazione generale.
Intensità iniziale del training aerobico 35 – 48% VO2 MAX = 50-60% F.C. MAX
Gli incrementi avvengono dalla quarta alla sesta settimana in poi fino ad arrivare ad un livello stabile pari al:
60-70% VO2 MAX = 70-80% F.C.MAX
L’attività intermittente in cui fasi di esercizio sono intervallate da brevi periodi di recupero (1-5 minuti) è inutile nelle fasi iniziali del programma riabilitativo (paziente non allenato) e in quelli in cui l’esercizio è limitato da condizioni quali l’angina da sforzo claudicatio o patologia polmonare.
Nell’attività statica e il circuit trainig (pesi e macchinari) se di bassa intensità non incrementa in maniera eccessiva il doppio prodotto e quindi il VO2 max nelle attività quotidiane è maggiormente incrementato.
Quindi quali sono i vantaggi del Circuit Training?
Rispetto all’allenamento di potenza che sviluppa prevalentemente la forza muscolare, il CT ha effetti importanti anche sul fitness cardiovascolare, limitando la componente statica.

Esempi di Allenamento

Work Out 1
  • Riscaldamento: 5 10 minuti
  • Riduzione della pressione arteriosa a riposo (di 10/15 mmHg per la sistolica e  di 5/15 mmHg per la diastolica)
  • Perdita di peso e riduzione del girovita
  • Fase aerobica: 30 40 minuti Può prevedere lavoro continuo o lavoro intervallato, e può essere più breve se viene aggiunta una fase di tonificazione con pesi.
  • Defaticamento: 10 minuti
  • Frequenza settimanale: Massimo 4 sedute. Non meno di 2 sedute
  • Diminuzione della trigliceridemia
  • Diminuzione della glicemia a digiuno e miglioramento della sensibilità insulinica
Dopo 2 mesi si potranno registrare i primi risultati
Bisogna prestare particolare attenzione a:
  • Effettuare il monitoraggio della glicemia
  • È consigliato mantenere l’esercizio fisico dai 30 ai 60 minuti in base al grado di sedentarietà del diabetico
  • Evitare la disidratazione
Particolare attenzione per il trattamento del diabetico LINEE A.N.I.A.D.
  • Evitare l’esercizio fisico se i livelli glicemici a digiuno sono ≥ 250 mg/dl ed è presente CHETONURIA
  • Usare cautela se i livelli glicemici a digiuno sono ≥ 300 mg/dl ed è assente CHETONURIA
  • Evitare l’esercizio fisico se la glicemia è ≤ 100mg/dl

Work Out per soggetti diabetici tipo 1 e 2
Rilevazione:
  • Glicemia
  • Frequenza Cardiaca
  • Pressione arteriosa

  • Riscaldamento: 5 minuti
  • Lavoro aerobico: 10 minuti (50-55% F.C.MAX)
  • Rilevazione glicemica e feedback di controllo con eventuale integrazione di carboidrati e liquidi
  • Lavoro di tonificazione: 10 minuti (40-60%1RM)
  • Defaticamento: 15 minuti
    • Mobilità articolare
    • Stretching
    • Rilevazione glicemia
Frequenza settimanale 3 sedute a giorni alterni. L’intensità e la durata sia della fase di lavoro aerobico che della fase di tonificazione aumenteranno gradualmente, mentre le pause per la rilevazione glicemica ed il reintegro glucidico e liquido saranno ridotte nella durata aerobico.
Work out 2
  • Riscaldamento: 5-10 minuti
  • Fase aerobica: alternare bassa ed alta intensità
  • Defaticamento: 10-15 minuti
  • Frequenza settimanale: 5 sedute a settimana, ad intensità per 3 volte superiore alla propria soglia lattato, per 2 volte al di sotto.
La distanza da per correre varia a secondo dei singoli individui in base al prescritto calorico da perdere ad ogni sessione (300kcal, 350kcal, 400kcal).
Risultato:
  • riduzione del grasso addominale totale
  • riduzione del grasso addominale viscerale
  • riduzione della pressione arteriosa a riposo
  • riduzione dei trigliceridi

Work Out 3
  • Riscaldamento: 5-10 minuti
  • Fase di Endurance: esercizi di aerobica con progressivo aumento di intensità per 20 minuti ad una frequenza tra il 70-85% H.R.
  • Fase di Coordinamento: esercizi per l’equilibrio statico e dinamico
  • Fase di Forza isometrica: 10-15 diversi tipi di esercizi isometrici (dando particolare attenzione agli arti inferiori) : 6-8 sec di intensità massima con 20-30 sec di rec
  • Fase di Forza dinamica: 12-15 ripetizioni di esercizi dinamici (concentrico-eccentrico) dando particolare attenzione all’arto superiore e al tronco.

Risultato:
  • significativo calo ponderale e miglior BMI
  • riduzione del colesterolo cattivo
Tutto questo a dimostrare che esercizi di media elevata intensità riducono notevolmente i rischi connessi alla sindrome metabolica e che gli esercizi di bassa intensità rappresentano la dose minima necessaria a ridurre i rischi cardiovascolari e influenzare positivamente la sindrome metabolica.

Conclusione

Ottenere la riduzione del grasso addominale è l’obiettivo principale nella prevenzione del rischio cardiovascolare nei pazienti affetti da Sindrome Metabolica,con un allenamento di Forza ad alta intensità si è registrata un efficace riduzione del grasso viscerale e nello spessore dell’intima carotidea. Può essere considerato un ulteriore strumento da utilizzare nei programmi di prevenzione cardiovascolare previsti per i pazienti affetti da Sindrome Metabolica.

Bibliografia

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