ESIGENZE NUTRIZIONALI SPECIFICHE PER GLI ATLETI


L'alimentazione è uno dei fondamentali elementi che garantiscono il massimo rendimento durante l'allenamento, e perciò anche un aumento della performance.
Il fabbisogno nutrizionale di un atleta è maggiore rispetto a quello della popolazione media, poiché l'impegno fisico e l'attività muscolare comportano un dispendio energetico maggiore che deve essere compensato con un incremento dell'apporto calorico, strutturato sempre su un bilanciamento di tutti i nutrienti.
La nutrizione, quindi, è fondamentale per la prestazione fisica, dato che fornisce all'organismo il carburante/energia per eseguirla, non supportata dai soli alimenti ma perlopiù dall'associazione di quest'ultimi attraverso alimentazione quotidiana, che modifica il rendimento fisico e l'efficienza metabolica.
Una dieta appropriata ed adattata all’atleta, considerando quindi le soggettive esigenze energetiche legate al tipo attività fisica svolta, costituiscono un aiuto per la performance. Ecco perché l’alimentazione di un professionista deve tener conto: della necessità di ricostruire il tessuto muscolare e del dispendio delle riserve energetiche causate dall'attività, modificando l'apporto di macronutrienti e micronutrienti. Per essere ancora più specifici, oltre alla programmazione dell’allenamento, un atleta deve organizzare e modulare, in base alle fasi della programmazione, la quantità e la qualità degli alimenti. Perciò per organizzare una dieta individuale e adattata al soggetto, bisogna tener conto:
  • dei dati antropometrici soggettivi;
  • degli specifici programmi di allenamento, che sono in funzione del   calendario agonistico;
  • età e sesso;

A contribuire al miglioramento della prestazione atletica, gioca un ruolo importante il giusto apporto calorico, che fornisce l'energia di pronto utilizzo, la formazione di riserve energetiche e il ripristino di quelle perse durante l'attività; in tal modo si garantisce la massima efficienza non solo delle capacità condizionali, ma anche l'integrità della salute. 
Un problema diffuso fra gli sportivi è un bilancio energetico negativo, cioè carenze nutrizionali, che non solo compromette la performance e l'allenamento ma anche le funzioni vitali. Ciò è imputabile alla poca conoscenza dell'alimentazione applicata all'esercizio fisico.
Il fabbisogno energetico, infatti, è correlato a diversi fattori:
  • metabolismo basale individuale (maggiore negli atleti, poiché hanno più massa magra);
  • dispendio energetico legata all'attività praticata;
  • dispendio energetico condizionato allo stile di vita;

Detto ciò, è evidente quanto sia importante misurare la spesa energetica giornaliera, mediante degli specifici strumenti, oppure attraverso metodiche che ci forniscono una stima del consumo energetico quotidiano.
In genere per calcolare il metabolismo basale applichiamo alcune formule come quella di Harris-Benedict, che prende in considerazione l'età, l'altezza, il peso del soggetto e anche il sesso. Ovviamente il dato ottenuto è solo una stima di quanto ricercato. 
Invece per conoscere il dispendio calorico durante l'attività praticata utilizziamo il MET (equivalente metabolico), nonché l’unità di misura dell'energia spesa durante l’esercizio. Esistono delle tabelle che riportano i MET specifici di attività sia quotidiane sia sportive. Grazie a queste si potrà calcolare il consumo energetico che si sommerà al metabolismo basale.

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Attraverso queste metodiche saremmo in grado di poter effettuare una stima della spesa energetica giornaliera più o meno attendibile.
Il consumo energetico quotidiano deve essere bilanciato con la quota calorica introdotta con l'alimentazione sotto forma di carboidrati, grassi e proteine.
A determinare quale substrato energetico sarà utilizzato inizialmente dal nostro corpo sarà la durata e l'intensità dell’esercizio, ma anche le condizioni fisiche dell'atleta e la quantità di glicogeno muscolare.
I combustibili più utilizzati durante la pratica sono carboidrati e grassi, che ricostruiscono anche le riserve di glicogeno muscolare e sono degradate per lo svolgimento delle normali funzioni dell'organismo. Perciò una carenza di entrambi obbliga i muscoli ad utilizzare altre fonti, derivate dal metabolismo di grassi e proteine, che hanno una funzione plastica nel corpo umano, dalle quali avremmo la produzione di sostanze tossiche. Questo perché in assenza di carboidrati il corpo è costretto a degradare i grassi di deposito e le proteine strutturali per ottenere l'energia necessaria.

Riposo 
Sforzo molto intenso e breve
Sforzo a media intensità e durata
Sforzo intenso e prolungato
Carboidrati 15-25%
Carboidrati 100%
Carboidrati 50%
Carboidrati 30%
Grassi 75-85%
Grassi 0%
Grassi 50%
Grassi 70%

Nella dieta la quota maggiore tra i macronutrienti è costituita da quella dei carboidrati, circa il 55-65% delle calorie totali, fonte principale di energia utilizzata durante l'esercizio fisico, a sfavore di quella dei grassi nonché il 15-30%3, e delle proteine che apporta al 15%3 dell’energia totale, a fronte del loro compito di accrescimento e rinnovo del tessuto muscolare.
I carboidrati rappresentano l'energia di pronto utilizzo del nostro organismo; poiché sono costituiti da più ossigeno rispetto ai grassi, quando il muscolo si trova in situazioni con ridotto apporto di ossigeno o addirittura in assenza, questi sono in grado di fornire il più velocemente energia. Inoltre formano le riserve di glicogeno muscolare, elemento che condiziona molto la performance. Vari studi hanno dimostrato che ridotte riserve decrementano la prestazione, a causa di una quantità di energia disponibile inferiore, che si manifesta con una inadeguata capacità di protrarre a lungo un’attività intensa. Dunque, gli atleti che effettuano allenamenti intensi e frequenti necessitano di aumentare la quota di carboidrati introdotta, per integrare le riserve. Più nello specifico, gli sport di endurance, che richiedono il consumo di imponenti quote di zuccheri, devono essere affiancati da una reintroduzione di carboidrati maggiore rispetto ad altri sport, per prevenire l'uso di proteine come fonte energetica e, dunque, il catabolismo muscolare. 
I grassi invece sono la fonte energetica principale in condizioni di riposo e durante esercizi a bassa intensità e di lunga durata. Questo perché le riserve di grasso sono quantitativamente maggiori rispetto a quelle di glicogeno, ma più lente nel rilasciare energia.
L’introduzione di lipidi non deve mai superare il fabbisogno lipidico, in virtù del fatto che essi si conservano rapidamente nell'organismo sotto forma di tessuto adiposo. Una dieta ricca di grassi non è da considerarsi dannosa solo in relazione alla performance, ma lo è anche per la salute, dato che aumenta il rischio di insorgenza di tumori e malattie cardiovascolari. Altrettanto pericolosa è una dieta povera di questi macronutrienti in virtù del loro ruolo antiossidante; dunque ancor più per gli sportivi, esposti ad una produzione maggiore di radicali liberi.
Il fabbisogno di proteine è aumentato per gli sportivi, soprattutto in due casi: 
  1. per l'elevata frequenza delle sedute di allenamento e delle competizioni;
  2. per l’attività fisica vigorosa e prolungata che comporta un danno al tessuto muscolare che deve essere riparato dalle proteine.
Ogni organismo ha dette richieste proteiche individuali, legate in primo luogo alle dimensioni del soggetto; e negli atleti anche alla durata, al tipo e all' intensità dell’esercizio praticato. Infatti esistono piccole differenze tra gli sport di forza e quelli di endurance per un differente turnover: le prime necessitano di un aumento dell’intake proteico, maggiore rispetto ai secondi, dato che un’espressione maggiore di forza massima è direttamente proporzionale alla grandezza del muscolo, e le proteine sono alla base dell’ipertrofia prodotto della sintesi proteica. Anche se il fabbisogno proteico negli atleti è maggiore, questi sono tenuti a consumare le giuste quote evitando diete iperproteiche, responsabili: 
  • dell’aumento dei fattori di rischio di malattie cardiovascolari, legato al fatto che i cibi di origine animale contengono grandi quantità di colesterolo ed acidi grassi;
  • della disidratazione per un’aumentata richiesta di acqua per far fronte al metabolismo degli amminoacidi;
  • della diminuzione della funzionalità renale.
Inoltre, va ricordato che affinché le proteine mantengano la loro funzione plastica e di sintesi, la dieta effettuata deve essere ad alto contenuto di carboidrati.
Per di più non esistono studi scientifici che attestino un miglioramento prestativo seguendo diete iperproteiche.

Il nutriente di cui l’atleta, ma anche l’uomo, non può assolutamente privarsi è l'acqua, essenziale per la sopravvivenza. Spesso non è considerata come un nutriente poiché priva di calorie.
Inoltre praticare attività fisica comporta una perdita di liquidi maggiore, dovuta alla sudorazione, risultato della naturale termoregolazione corporea. Obiettivo dell’atleta, dunque, è raggiungere e mantenere in giusto fabbisogno di liquidi per massimizzare la performance e prevenire eventuali danni legati alla disidratazione. La prestazione sportiva risente notevolmente dello stato di idratazione dell’atleta; un intake negativo di acqua comporta una diminuzione del volume plasmatico, dunque anche la riduzione del trasporto di ossigeno agli organi ma soprattutto ai muscoli, che in attività aumentano le richieste di questo.  È inevitabile un calo prestativo al quale si associano: cefalea, colpi di calore dovuti ad un’intolleranza al caldo e crampi.
Attraverso la sudorazione, oltre all’ escrezione di acqua, vi è la perdita di sali minerali reintrodotti mediante i pasti post work out; ecco perché l’acqua è l’elemento reidratante più efficiente (almeno per le attività che non superano un’ora). Con prestazioni o allenamenti di durata superiore all’ ora di attività, potrebbe essere necessario un supplemento di questi elettroliti persi con bevande idrosaline (circa 500-700 mg/l) contenenti anche una quota di zuccheri sia durante sia al termine dell’esercizio sportivo. 
I LARN raccomandano l’assunzione di almeno 2 litri di acqua al giorno. L’American Collage of Sports Medicine consiglia: 
  • una corretta idratazione pre-attività, nonché circa 400-600 ml di acqua (più o meno due bicchieri) due ore prima dell’allenamento. Questo perché la reidratazione non avviene nell’immediato ma è influenzata da innumerevoli fattori: osmolarità della bevanda, la sua temperatura ma anche la quantità assunta, lo svuotamento gastrico;
  • durante l’attività è opportuno bere circa 150-300 ml di acqua ogni 15-20 minuti ma non superare gli 800 ml/h, quota che corrisponde al massimo svuotamento gastrico in attività;
  • fondamentale è la reidratazione al termine dell’allenamento/gara, soprattutto in condizioni di altura maggiore alle quali il soggetto non è abituato.
L’ alimentazione varia in funzione del tipo di attività pratica. I muscoli utilizzano l’energia derivata dall’ossidazione dei substrati energetici in quantità differente. A determinare quale di questi sarà concorrono:
  • intensità dell’esercizio;
  • durata;
  • tipo di attività;
  • stato di allenamento e salute dell’atleta;
  • dieta (livello iniziale di carboidrati immagazzinati sotto forma di glucosio nel tessuto muscolare).
Da ciò si deduce la motivazione che spinge il corpo umano ad usare sia i lipidi sia i carboidrati come fonte energetica in quantità differenti ma equilibrate in funzione del massimo consumo di ossigeno (VO2max: volume massimo di ossigeno che ogni soggetto consuma nell’unità di tempo per contrazione muscolare). 
Il rapporto tra intensità e aumentata richiesta di ossigeno muscolare è direttamente proporzionale, e dunque anche l’uso degli zuccheri.
Le attività anaerobiche lattacide (75-90% del VO2max) non possono essere praticate per più di 30-60 minuti, perché di alta intensità ma breve durata, che necessitano di quote imponenti di carburante in tempi ridotti.  La richiesta di ossigeno è talmente elevata da condurre ad una carenza di ossigeno a livello muscolare, condizione che costringe l’organismo ad utilizzare i soli carboidrati come fonte energetica. Questo fenomeno porta all’accumulo di acido lattico nel sangue e nel muscolo, inibendo la lipolisi degli acidi grassi. Il 30% della richiesta energetica è garantita dal glucosio plasmatico, mentre il 70% dal glicogeno muscolare (esaurito insieme a quello epatico con 2 ore e mezzo di attività).
Un ridotto consumo di ossigeno a livello muscolare comporta l’uso anche dei lipidi per far fronte alla domanda energetica, tipico delle attività aerobiche di media e bassa intensità. 
Per le attività moderate (50-60% della VO2max) inizialmente useremo il glicogeno muscolare, in seguito, dopo circa venti minuti, quello epatico e quello muscolare quasi in egual misura con i grassi e solo una piccola quota di proteine. Questo a fronte del fatto che i lipidi forniscono quantità di carburante maggiore rispetto agli zuccheri (1gr di grasso equivale a 9 kcal mentre 1 gr di carboidrati a 4kcal), ma necessitano di periodi di tempo per l’ossidazione maggiori.
Le attività a bassa intensità (25-30% della VO2max) richiedono l’uso quasi esclusivo del metabolismo degli acidi grassi, i quali sono trasportati nel circolo sanguigno dove si legano con l’albumina, rilasciati nel muscolo. Inoltre, è opportuno precisare che se l’esercizio praticato è di bassa intensità ma prolungato per più di un’ora i lipidi costituiscono l’80% dei substrati dal quale l’organismo ricava energia; mentre per quelle sempre di bassa intensità ma di breve durata avremo un equilibrio tra metabolismo dei grassi e quello dei carboidrati.

In realtà non si può fare una vera distinzione esclusiva tra attività aerobiche e anaerobiche perché coesistono durante la pratica sportiva, anche se in percentuali differenti.



Sara Tricarico



Bibliografia 

  • Francesca Bicocca-Matteo Vandoni, ALIMENTAZIONE VEGETARIANA E VEGANA PER SPORTIVI salute benessere e performance, Calzetti-Mariucci, 2015
  • Iacopo Bertini-Michelangelo Giampietro, Diete vegetariane, esercizio fisico e salute, Il Pensiero Scientifico Editore, 2006 
  • Pierluigi De Pascalis, A scuola di fitness, Calzetti-Mariucci, 2015
  • Enette Larson, MS, RD, LD, La dieta vegetariana per l’esercizio fisico, il training e la performance atletica: un aggiornamento, Published online: 22 Dec 2000
  • David C Nieman et al, Physical fitness and vegetarian diets: is there a relation?, Am J Clin Nutr 1990; 70 (suppl.):s70-s50
  • Gabrielle M. Turner et al, The Interconnectedness of Diet Choice and Distance Running: Results of the Research Understanding the Nutrition of Endurance Runners (RUNNER) Study, International Journal of Sport Nutrition and Exercise Metabolism, 2026, 26, 205-211
  • Katharina Wirhltzer et al, Prevalence in running events and running performance of endurance runners following a vegetarian or vegan diet compared to non-vegetarian endurance runners:  the NURMI Study, SpringerPlus
  • Jing Zhou, Jia Li and Wayne W. Campbell, Vegetarian Athletes, Department of Nutrition Science, Purdue University, West Lafayette, IN, USA
  • Jannequin Bennett, Very Vegetarian, Thomas Nelson Since 1798

Sitografia 

GLOSSARIO DI TRAUMATOLOGIA






Anchilosi:abolizione dei movimenti di un’articolazione.


Contusione: lesione traumatica prodotta dalla violenta compressione di un agente esterno sulla superficie del corpo,oppure dall’urto del corpo spinto, ad una certa velocità, contro uno ostacolo.


Ecchimosi: stravaso ematico modesto per soluzione di continuo dei vasi nel tessuto sottocutaneo.


Ematoma: stravaso ematico imponente con infiltrazione dei tessuti e tendenza a raccogliersi in cavità accidentali.


Displasia: alterata differenziazione cellulare seguita da una anomala formazione di organi e tessuti.


Distrazione*: distensione brusca di un tessuto muscolare, tendineo o legamentoso spesso accompagnata da parziale lacerazione.


Distorsione: trauma articolare con perdita momentanea dei normali rapporti articolari. 


Lussazione: trauma articolare con perdita totale e permanente dei normali rapporti articolari.


Neoplasia: lo stesso che neoformazione: formazione spesso patologica di nuovi tessuti (cicatriziale, neoplastico ecc.)


Sublussazione: trauma articolare con perdita parziale e permanente dei normali rapporti articolari. 


Frattura: interruzione di un segmento dello scheletro.


Pseudoartrosi: mancata consolidazione di una frattura.


Rachitismo: è un’affezione caratteristica della prima infanzia; la carenza della vitamina D porta ad alterazione della fissazione del calcio e del fosforo, pregiudicando in tal modo l’accrescimento soprattutto a livello metaepifisario (allargamento delle cartilagini di coniugazione) e favorendo l’instaurarsi di deformità a carico delle ossa lunghe.


Osteomalacia: indicata anche come rachitismo dell’adulto, è causata da stati carenziali di vitamina D. Si manifesta con una ridotta calcificazione dell’osso che diventa molle, flessibile e causa di sintomatologie dolorose.


Osteoporosi: riduzione diffusa o localizzata del tessuto osseo. La riduzione è a carico sia della componente organica che inorganica.


Valgismo: deformità di un segmento di un arto quando il suo asse devia in fuori rispetto alla linea normale

Varismo: deformità di un segmento di un arto quando il suo asse devia in dentro rispetto alla linea normale 


Lesioni Muscolari:

Classificazione delle lesioni da trauma diretto

Le lesioni muscolari da trauma diretto sono di natura contusiva. Sotto il profilo anatomo-patologico comunque, la rottura muscolare prodotta da tali traumi non differisce sostanzialmente da una lesione muscolare dovuta a cause entrinseche. Dal punto di vista funzionale in pratica, la contrazione muscolare conseguente al trauma è causa di una limitazione articolare, legata ad una estensibilità muscolare ridotta, Si classificano le lesioni muscolari da trauma diretto, in tre gradi, secondo la gravità, indicata dall'arco di movimento effettuabile (Reid 1992):
  • lesione muscolare di grado lieve: è consentita oltre la metà dello spettro di movimento;
  • lesione muscolare di grado moderato: è concessa meno della metà, ma più di 1/3 dello spettro di movimento
  • lesione muscolare di grado severo: è permesso uno spettro di movimento inferiore ad 1/3

Classificazione delle lesioni da trauma indiretto

  • Contrattura
  • Elongazione
  • Stiramento
  • Distrazione*
  • Strappo
  • Rottura
  • Lacerazione
Tali termini si riferiscono, a diversi gradi di gravità, riconducibili alle diverse manifestazioni cliniche e anatomo-patologiche della lesione.
Contrattura:  forma più benigna dove non si evidenziano lesioni anatomiche. Si presenta con un dolore muscolare durante o più spesso a distanza dall'attività sportiva, con una latenza variabile (dopo qualche ora o il giorno dopo), non ben localizzato, dovuto ad una contrazione tetanica mantenuta imputabile ad uno stato di affaticamento muscolare.
Stiramento: si manifesta con dolore acuto, spesso ben localizzato, durante il gesto atletico. L’atleta è costretto ad interrompere l'attività,anche se molto spesso non si manifesta istantaneamente un'impotenza funzionale.Anatomo-patologicamente non si presentano interuzzioni delle fibrille rilevanti, sono però evidenti delle alterazioni biochimiche che possono essere riconosciute come modificazioni intracitoplasmatiche, disorganizzazione delle miofibrille, possibili lesioni sub microscopiche a livello del sarcomero e mitocondriali.
Strappo: il soggetto avverte dolore acuto, violento durante il gesto atletico, attribuibile ad una reale lesione anatomica con lacerazione di un numero variabile di miofibrille.? Come conseguenza dello strappo muscolare avremo sempre un ematoma,più o meno importante in base al numero di miofibrille interessate e all'integrità o meno delle fasce. Sulla base di queste considerazioni l’entità del danno viene distinta su una scala di tre gradi:
  • strappo di I grado: danno irreversibile di qualche fibra muscolare all'interno di un fascio, ma non dell'intero fascio
  • strappo di Il grado: rottura di uno o più fasci muscolari,disorganizzazione del tessuto connettivale ed ematoma intramuscolare
  • strappo di III grado: rottura muscolare,parziale o totale con stravaso ematico diffuso intra o extra fasciale.


Author: Dott. Eugenio Isidoro Scibetta Co-Founder & Admin Scienze Salute e Benessere


Tratto da http://www.my-personaltrainer.it/strappo-muscolare.html

Tratto da http://www.my-personaltrainer.it/contrattura-muscolare.html

Tratto da http://www.my-personaltrainer.it/stiramento-muscolare.html#1

IMPINGEMENT FEMORO ACETABOLARE: CAUSE E TRATTAMENTO






Con l’invecchiamento della popolazione, i fornitori di cure primarie si trovano ad andare incontro alle necessità maggiori dei soggetti che presentano dolori all’anca. Tuttavia, vi è una differenza assai vasta, la quale comprende tensioni muscolari, artriti con eziologia diversa, compromissione del sistema vascolare, disturbi urologici o ginecologici. L’osteoartrite, in particolare, è considerata una malattia propria dell’età avanzata, ma nel decennio passato, il conflitto femoro acetabolare (FAI) ha subito un aumento importante anche in soggetti più giovani è stato classificato come un fattore predisponente per l’artrosi. L’impingement femoro acetabolare descrive una condizione di dolore all’anca causato da una deformazione a livello della testa del femore o della fossa acetabolare.
Tale condizione è stata descritta da Ganz (2003) a causa delle sue numerose analisi a centinaia di fianchi ed al controllo del movimento dell’anca (2).
Pur comprendendo la causa di dolore all’articolazione e un aumento del numero di diagnosi di impingement femoro acetabolare, a partire dal 2006 è stato constatato che pazienti aventi un dolore all’anca non diagnosticato per un periodo medio di 21 mesi, hanno registrato una media di 3.3 di peggioramento della patologia (3).

Lesioni CAM e Pincer (Tenaglia)

Le eziologie del conflitto femoro acetabolare includono lesione CAM, a tenaglia e di tipo misto (Figura 1). Le lesioni CAM sono sporgenze ossee sulla giunzione testa-collo prossimale del femore che provocano un conseguente urto al grado di movimento. Di conseguenza, durante la flessione dell’anca, questo difetto provoca un taglio del tessuto cartilagineo e del labbro acetabolare che comporta una notevole riduzione della rotazione interna del soggetto (4). La combinazione di lesione CAM e PINCER può ovviamente verificarsi e rappresenta la lesione più comune (4).
L’eziologia dell’impingement femoro acetabolare è generalmente sconosciuta, ma è ampiamente riconosciuto come causa delle lesioni CAM lo scivolamento dell’epifisi prossimale del femore (4,5). Byrd ha scritto che la deformità “a pistola” può essere dovuta alla prematura chiusura eccentrica della porzione fisica nell’adolescenza che porta ad una forma non più sferica della testa del femore, in particolare con un’attività fisica maggiore o intensa può causare un arresto parziale (fisaria) (4). Altre relazioni proposte comprendono la predisposizione genetica occupazionale o di fase atletica infantile. Ad esempio, gli studi hanno quantificato la prevalenza di lesioni CAM comprese tra il 50-68% negli adolescenti e nei giovani adulti dai 12 ai 26 anni che hanno giocato a calcio ad alto livello o a livello amatoriale (1,6,7), inoltre hanno mostrato un rapporto 2/3 a 1 nelle lesioni CAM. È interessante notare che le lesioni CAM sono state documentate in adulti asintomatici. Uno studio del 2011 di Jung ha esaminato 755 radiografie dell’anca trovando lesioni CAM asintomatiche al 5,5-14% rispettivamente nelle donne e negli uomini (8,12).
Un altro studio ha determinato una prevalenza del 14% all’interno del loro gruppo. Così, lesioni CAM potrebbero essere un reperto accidentale su immagini che non richiedono necessariamente un ulteriore lavoro in pazienti asintomatici (13). Mentre le lesioni CAM sono deformazioni della testa del femore, lelesioni Pincer sono deformazioni dell’acetabolo (14). Quest’ultime sono dovute ad una retroversione dell’acetabolo o di una crescita eccessiva ossea del labbro (bordo) antero-laterale provocando allo stesso un trauma durante il movimento di flessione dell’anca (1,4,6).
La prevalenza di lesioni a pinza in generale è inferiore alle lesioni CAM con studi che dimostrano nei giovani adulti dai 18 ai 30 anni un’incidenza dal 10 al 26% in giocatori di calcio amatoriale, mentre un’incidenza del 66% in calciatori professionisti (11). Diversamente dalle lesioni CAM, le lesioni a pinza presentano una distribuzione pari tra il genere maschile e femminile (15). La terza classificazione eziologica del FAI si ha quando i pazienti presentano sia la lesione CAM che quella a pinza, tale condizione patologica viene definita di tipo misto. La prevalenza è di lesioni di tipo misto con una percentuale di circa il 50%(9) o probabilmente maggiore.
radiografia impingement femoro acetabolare

Storia e risultati degli esami fisici





 dolore impingement femoro-acetabolare
Figura 2 – C-sign- In questa foto è possibile osservare come il soggetto posiziona la mano nella zona dolorante

I pazienti che lamentano dolori a causa della FAI presentano diverse caratteristiche classiche. Questa condizione di attrito può condurre alla rottura del labbro acetabolare, alle lesioni della cartilagine, all’usura dell’articolazione e quindi col tempo all’artrosi, condizione questa che può essere curata solo mediante l’impianto di protesi articolari.
L’impingement Femoro Acetabolare si manifesta tipicamente nei giovani adulti ed in particolar modo negli sportivi, può accadere che queste deformità nelle persone sedentarie siano silenti per tutta la vita. I capi articolari conformati in modo anomalo urtano tra loro quando si superano ripetutamente e con forza, in gradi estremi di movimento i pazienti possono avvertire dei click ”C-sign” (Figure 2) (scatto articolare tra le due sezioni), con successivo dolore pungente, nel movimento verso il lato interessato, o perché le rotazioni ripetute dell’anca creano una lassità dell’involucro dell’articolazione (la capsula articolare).Tutto ciò conduce ad una condizione di instabilità che finisce per generare frizioni patologiche, quindi un’articolazione affetta da ”conflitto” (4,7,16).
Negli atleti può essere associata ad un evento traumatico precedente, e spesso percepiscono una ridotta mobilità ed elasticità dell’articolazione rispetto a soggetti sani o compagni di squadra.
Spesso i pazienti lamentano dolori all’inguine, dolore che si irradia fino alla regione antero-laterale della coscia.
Il tutto è apprezzabile quando i pazienti descrivono incapacità a restare seduti  per lunghi periodi di tempo ed hanno bisogno di spostare il loro peso o addirittura camminare per alleviare i sintomi.
In questo caso l’esame fisico può, confermare il sospetto di impingement femoro acetabolare.

Diagnostica per Immagini

Studi iniziali devono includere la radiografia della zona pelvica in posizione antero-posteriore, in rana laterale con entrambe le parti o in casi particolari nella posizione di Dunn (1-4-17). Questo permette il confronto di entrambe le posizioni e migliora la qualità dell’esame. L’indagine di Dunn modificato è raccomandato quando l’anca si trova in una posizione flessa di 45°e addotta a 20°ed è consigliato in caso di lesioni della testa del femore (16). Mentre il classico esame di Dunn viene effettuato con l’anca flessa a 90°ed addotta a 20°. E’ importante ricordare che spesso i fisiatri saltano gli esami radiografici a meno che non abbiano un sospetto evidente della lesione FAI (1).
Questa specifica indagine morfologica include la ”Tilt Deformity” (lesione CAM), ‘‘Acetabular Overcoverage” (lesione Pincer)”Crossover Sign” (retroversione acetabolare) e l’osteoatrite (1-4).
Le radiografie per l’impingement femoro acetabolare vengono effettuate in posizione laterale (18). Oltremodo è possibile identificare oltre la FAI anche la lesione CAM e Pincer. In visione laterale con il posizionamento delle gambe a ”rana” o con la classica metodologia di Dunn, con una flessione è possibile osservare l’angolo Alpha (Figure 3)  ed effettuare una diagnosi per la lesione CAM.
L’angolo Alpha serve nel determinare se la lesione CAM è presente, in più è possibile misurarlo andando attorno alla testa del femore (8).




angolo alpha femore
Figura 3 – Angolo alpha

La deformità a ”pistol grip” è osservabile nella lesione CAM ed è possibile visualizzarla con una semplice radiografia AP.
Per quanto riguarda la retroversione acetabolare (Figure 4) è possibile indentificare multiple aree di impingement con una profonda protusione e con un incremento dell’angolo centrale (4).




Retroversione acetabolare
Figura 4 – Retroversione acetabolare con crossover sign


Trattamento Conservativo

Il FAI (impingement femoro acetabolare) è il risultato della deformità dell’articolazione dell’anca. Più specificatamente è definita una patologia che consiste in un anomalo contatto tra le superfici articolari di epifisi femorale ed acetabolo durante il normale movimento di escursione dell’articolazione.
Il trattamento conservativo può offrire sollievo al paziente attraverso la somministrazione di analgesiciterapia fisicamodificazione delle attività e iniezioni intra-articolari con glucocorticoidi.
La terapia fisica si concentra sul rafforzamento dei muscoli del core ed evita movimenti che possono causare un’eccessiva flessione dell’anca come squat o sedie basse (1-4-7).
Un piano di riabilitazione verrà quindi progettato per ogni paziente sulla base di questi fattori e delle caratteristiche individuali.
La cura incruenta inizia con le modifiche delle proprie attività. Si dovrebbe evitare di fare perno sull’anca malata ed evitare prolungati periodi di attività sotto carico. Il personale specializzato lavorerà per potenziare i muscoli dell’ancaripristinare il normale controllo neuromuscolare e migliorare la postura. Tutto questi interventi possono ridurre il dolore e  migliorare la funzione dell’anca. Un ulteriore aiuto deriva da un programma di streching per migliorare la flessibilità ed aiutare ad allungare i muscoli per ridurre il contatto ed il conseguente conflitto.
Una cinghia speciale, chiamata SERF (stabilità attraverso la rotazione esterna del femore) in elastico sottile può essere utile se applicata attorno la coscia, al ginocchio e alle gamba per tirare l’anca in rotazione esterna.




cinghia serf
Figura 4 – Cinghia Serf per trattamento conservativo

L’idea è quella di utilizzare la cinghia per migliorare il controllo dell’anca e il movimento delle gambedurante le attività dinamiche. È importante allo stesso tempo potenziare i muscoli per ottenere lo stesso risultato funzionale una volta rimossa la cinghia (26).
Oltremodo è importante sottolineare che non esistono evidenti dati che dimostrano le differenze di terapie fisiche in base al miglioramento dei sintomi o alterazioni del corso naturale della malattia (7).
Alcuni pazienti possono anche beneficiare di iniezioni intra-articolari che sono sia diagnostiche che terapeutiche, in quanto se durante l’iniezione si avverte dolore è possibile intuire che il problema risiede all’interno dell’anca. Si consiglia cosi al paziente di effettuare un’ecografia office-based ultrasound machine o at radiology suite e la consulenza di un chirurgo ortopedico nel caso in cui il dolore continuasse a permanere con terapia conservativa (16).

Trattamento Chirurgico

Esistono diversi tipi di interventi chirurgici utilizzati per trattare l’impingement femoro acetabolare come l’artroscopia, meno invasiva, alla lussazione chirurgica più invasiva.
Indipendentemente dalla tecnica usata, gli obbiettivi dell’operazione sono:
  • migliorare il dolore
  • migliorare la funzione
  • migliorare, preservare la mobilità e l’integrità dell’articolazione.
L’artroscopia dell’anca è una tecnica chirurgica di recente introduzione, che riduce al minimo il danno ai tessuti periarticolari ed a carico dei tessuti articolari stessi. Si  opera infatti facendo uso di due mini incisioni (una laterale e l’altra anteriore) per l’introduzione dell’ottica e dello strumento di lavoro. Con tale metodica si riescono a trattare in maniera efficacie quasi tutte le forme di impigement femoro acetabolare, a rimuovere eventuali corpi mobili e ad effettuare il trattamento delle lesioni del Labrum. Essendo una procedura mini invasiva, prevede un breve periodo di scarico articolare nel post-operatorio, mentre la rieducazione funzionale dell’articolazione operata può essere ripresa già in seconda- terza giornata post- operatoria evitando l’iperestensione (Figure 2) (27).
I rischi dell’operazione includono lesioni neurovascolari, in particolare al pudendo, ai nervi perineali, creando paralisi da trazione, al cutaneo laterale, femorale e sciatico.
Tutto questo può creare ulteriori complicanze come trombosi venosa profonda, frattura del collo del femore e raramente necrosi avascolare della stessa(16-20-21).




chirurgia impingement femoro acetabolare
Figura 5 – Pre-Post artroscopica. Immagini della lesione CAM sulla testa del femore ( osteocondroplastica )- immagini A e B mostrano il pre-post CAM nel paziente # 1. Immagini C e D mostrano pre-post CAM nel paziente #2. Le frecce indicano l’area di lesione nel pre-post CAM. Il confronto tra pazienti mostra la notevole variabilità della lesione.

Tuttavia, risultati favorevoli sono stati riportati con questo metodo (7-19-20-22-27).
Lo studio effettuato nel 2011 da Byrd ed altri, ha preso in esame 100 pazienti e studiato l’evoluzione clinica di essi. Nel caso di artrite è consigliabile un prudente ricovero in attesa della diminuzione delle sintomatologie (1-4-20-22).
L’impingement femoro acetabolare può essere trattato anche con una dissezione chirurgica a cielo aperto che ha il vantaggio di poter fissare il labbro lacerato, resecare il bordo acetabolare (lesione a tenaglia) o rimodellare la testa del collo del femore (osteocondroplastica) (7-21 ).
Tuttavia questa tecnica può provocare importanti lesioni, che richiedono scorte di sangue e possono potenzialmente creare necrosi avascolare della testa del femore. Alcuni chirurghi utilizzano quindi la procedura ”mini-invasiva” dove la patologia intra-articolare viene trattata in artroscopia e le lesioni CAM sono asportate con un piccolo taglio anteriore. Questo metodo ha dimostrato di essere più efficacie nel migliorare la lesione e ritornare alle attività (4-24).
In generale, tutte queste procedure sono efficaci nel trattamento della FAI, ma il recupero più veloce è stato registrato con procedure di intervento artroscopiche, mentre il tasso più alto di complicanze con l’operazione a ”cielo aperto” (4-7-22-23)
L’artroscopia in decompressione migliora la rotazione interna e di conseguenza aumenta l’angolo alpha (25).

Conclusione 

Nel momento in cui arriva un paziente con dolore all’anca, bisogna effettuare un anamnesi completa per far sorgere il sospetto di conflitto femoro acetabolare.
Il rinvio ad un chirurgo-ortopedico è giustificato se il trattamento conservativo non allevia il dolore.
Mentre nei pazienti con risultati a lungo termine, la patologia dell’anca può variare, in generale è stato osservato che con tre mesi di terapia fisica graduata si può tornare alla piena attività (4). Il tempo medio quindi per il ritorno all’attività sportiva varia dai tre ai nove mesi (4).
L’Impingement Femoro Acetabolare in questo periodo di tempo può subire rapidi cambiamenti in termini di diagnosi, trattamento e risultati. Con un occhio clinico acuto, l’intervento precoce può migliorare la qualità di vita del paziente.


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Author: Dott. Eugenio Isidoro Scibetta Co-Founder & Admin Scienze Salute e Benessere

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