ESERCIZIO FISICO E DOLORE LOMBARE

IL DOLORE LOMBARE






Il dolore lombare (Low Back Pain, LBP) è uno dei problemi di salute più diffusi nei paesi industrializzati, dove è stato segnalato che fino all'80% degli adulti a un certo punto della loro vita sperimentano un certo grado di dolore nella zona lombare inferiore e sacrale della colonna vertebrale. Tuttavia, quando vengono considerati sia i paesi in via di sviluppo che quelli sviluppati, i dati indicano che l'incidenza del dolore lombare in tutto il mondo si avvicina al 39%, il che significa che i paesi più ricchi, e probabilmente più sedentari, soffrono più spesso di dolore lombare.  Sebbene non venga generalmente documentato alcun bias legato al sesso per quanto riguarda la frequenza del dolore lombare, una meta-analisi della letteratura suggerisce che, in caso di dolore ricorrente, le donne hanno maggiori probabilità di esserne colpite rispetto agli uomini. Inoltre, la ricerca ha dimostrato to che gli uomini e le donne che hanno già subito lesioni e provato dolore a livello della schiena sono due volte più a rischio di andare incontro a successivi episodi di dolore lombare, di quanto non lo fossero di soffrire della lesione originale.

Eziologia
In alcuni casi, il dolore lombare è il risultato di specifiche condizioni mediche identificabili, come il cancro o una spondilolistesi, ma circa il 90% dei casi di lombalgia diagnosticati è aspecifico, indicando che la sua insorgenza non può essere attribuita ad un singolo fattore noto. Infatti, il dolore lombare è più comunemente descritto come un fenomeno multidimensionale. Uno studio recente indica che, quando si analizzano i sintomi e le possibili cause di dolore lombare aspecifico, le analisi statistiche non sono in grado di identificare predittori di alta precisione, o fattori di rischio, per il suo esordio. I dati mostrano, tuttavia, che l'incidente del dolore aumenta con l’età. È interessante notare che, attualmente, uno dei più potenti fattori che contribuiscono al dolore lombare è uno stile di vita sedentario. Infatti, indipendentemente dall'età, sembra che un basso livello di  attività fisica quotidiana aumenti la probabilità di soffrire di dolore lombare, come anche l'intensità del dolore associato al danno. Allo stesso tempo, è stato osserva to che l'insorgenza di dolore lombare riduce la probabilità che le persone colpite pratichino attività fisica. Di conseguenza, la persona affetta manifesta una perdita di forza e flessibilità, rendendo la regio ne inferiore della schiena più vulnerabile alle lesioni e al dolore, mentre la maggiore attività fisica riduce le probabilità di un dolore lombare ricorrente.Tuttavia, a causa della natura soggettiva della valutazione del dolore, attualmente è impossibile determinare se essere fisicamente più attivi riduca effettivamente la gravità delle lesioni alla colonna vertebrale inferiore, o sia la percezione del dolore a ridursi nei soggetti fisicamente più attivi.
Un nuovo e interessante sviluppo nella ricerca delle cause e dell'eziologia del dolore lombare è la dimostrazione che la presenza di un indice di massa corporea (Body Mass Index, BMI) corrispondente alle categorie del sovrappeso o dell'obesità predispone i soggetti all'insorgenza di dolore lombare. In uno studio longitudinale recente mente concluso, seguendo gli stessi individuo per un periodo di 11 anni, è stato documentato che non solo c'è un collegamento, ma anche una corrispondenza diretta tra il BMI e il dolore lombare. In altri termini, il fastidio a livello della colonna dorsale inferiore nel corso del primo anno dello studio non costituiva un fattore predittivo preciso del fatto che l'individuo sarebbe diventato sovrappeso o obeso entro la fine dello studio. Al contrario, risultava di gran lunga più probabile che coloro che avevano valori elevati di BMI all'inizio dello studio avrebbero sofferto di dolore lombare entro la fine di esso. Quindi, la presenza di un valore di BMI corrispondente al range che va dal sovrappeso all'o obesità costituiva un fattore di rischio per lo sviluppo di lombalgia, ma non viceversa.

Esercizio fisico e dolore lombare
Perché la maggior parte dei casi di dolore lombare non può essere attribuita a danni o alterazioni di tipo ortopedico, alla stragrande maggioranza di coloro che sono colpiti da problemi lombari vengono pre scritti programmi di esercizio fisico pro gettati per migliorare la forza e la resistenza dei muscoli della parte inferiore della schiena, della parte superiore delle gambe e della regione addominale, in combinazione con un programma di flessibilità per gli stessi muscoli. Sebbene sembri che concentrarsi sugli esercizi che migliorano la "stabilità del core" del corpo sia una strategia in grado di ridurre il dolore lombare re per un periodo di alcune settimane, in termini di prevenzione del dolore a lungo termine, sono ugualmente efficaci gli esercizi generici che coinvolgono i muscoli di tutto il corpo.
Quando si progetta un regime di attività fisica finalizzato alla gestione e alla prevenzione del dolore lombare è importante includere sia i flessori che gli estensori spinali, insieme alle coppie di muscoli allineati lungo la colonna vertebrale, in quanto gli squilibri muscolari, in queste zone, spesso determinano dolore lombare. Le linee guida relative alla  prescrizione degli esercizi, messe a punto per la popolazione generale relativamente al fitness muscolare, dovrebbero essere applicate quando l'attività fisica viene svolta ai fini della gestione dei sintomi del dolore lombare e dovrebbero comprendere sia esercizi di stretching che di rafforzamento. I risultati della ricerca forniscono prove convincenti a favore della partecipazione ad un tale tipo di regime di esercizio fisico, perché coloro che lo fanno hanno solo la metà delle probabilità di subire una recidiva del dolore lombare, rispetto a coloro che, invece, trascurano l'allenamento.

A causa dell'enfasi che il Pilates pone fatto che l'esercizio debba coinvolgere sia mente che corpo e debba rafforzare la"stabilità del core", la forza e la flessibilità con la respirazione, notevole attenzione ne è stata rivolta di recente verso questo tipo di attività nel trattamento del dolore lombare. La conclusione ottenuta da una meta-analisi correttamente eseguita è che i dati non sono in grado né di sostenere né di smentire l'efficacia del Pilates rispetto al dolore lombare. Ciò è principalmente dovuto a incongruenze sostanziali nelle definizioni e nelle procedure seguite per l'allenamento utilizzate nei singoli studi finora condotti. Sono necessarie ricerche più strettamente controllate prima di trarre conclusioni definitive riguardo l'efficacia del Pilates nel trattamento del dolore lombare.



Bibliografia:
WILLIAM J. KRAEMER STEVEN J. FLECK MICHAEL R. DESCHENES

“FISIOLOGIA DELL'ESERCIZIO FISICO INTEGRARE GLI ASPETTI L'APPLICA TEORICI CON L'APPLICAZIONE PRATICA” (pagg. 810-811)



Author: Dott. Eugenio Isidoro Scibetta Co-Founder & Admin Scienze Salute e Benessere


INTERDIPENDENZA REGIONALE E DISFUNZIONI MUSCOLO-SCHELETRICHE: UN NUOVO APPROCCIO ALLA FISIOTERAPIA











Il concetto di interdipendenza regionale è stato proposto da Wainner (2001, 2007) in riferimento alla condizione in cui una disfunzione (impairment) di un’articolazione remota è correlata o contribuisce al problema principale del paziente. Questo concetto è diverso da quello di dolore riferito, somatico o viscerale, che è un dolore percepito in una regione diversa dalla fonte effettiva del dolore, dolore che si estende in un’area ampia, ha una localizzazione relativamente costante, confini spesso difficili da definire ed è causato dal meccanismo della convergenza.

Il concetto di interdipendenza regionale sposta l'attenzione dall'individuazione della struttura pato-anatomica sorgente del dolore, agli impairment che possono causare o contribuire al movimento doloroso. In particolare, si focalizza sull’esame e il trattamento di segmenti prossimali o distali rispetto al distretto dolente (Cibulka, 2009). Non è un concetto nuovo, ma un tentativo di sistematizzare diverse osservazioni prima frammentate. Può essere utile per la diagnosi fisioterapica, la progettazione e la conduzione del trattamento (terapia manuale, esercizi, auto-trattamento, educazione) e la prognosi fisioterapica. Diversi sono gli esempi di interdipendenza regionale pubblicati in letteratura.
La valutazione/il trattamento delle disfunzioni articolari e muscolari dell’anca si sono rivelati utili per la sindrome femoro-rotulea (Cichanowski 2007, De Marche Baldon 2009, Ireland 2003, Magalhaes 2010, Power 2003, Robinson 2007, Souza 2010), l’artrosi del ginocchio (Cliborne 2004, Deyle 2000 e 2005), la sindrome della bandelletta ileo tibiale (Ferber 2010, Fredericson 2000, Noehren 2007), il dolore lombare (Childs 2004, Cibulka 1998, Porter 1997, Reiman 2009, Whitman 2006), la tendinopatia achillea e la disfunzione del tibiale posteriore (Blais Williams 2008, Kulig 2011), l’instabilità di caviglia (Friel, 2006). 

La valutazione e il trattamento del rachide lombare si sono rivelati utili per il dolore 
all’anca (Cibulka 1993) e al ginocchio (Suter 2000). Altri studi hanno focalizzato il rapporto tra la disfunzione di caviglia, il dolore all’anca (Lewis 2008, McGibbon 2004, Mueller 1994) e il dolore al rachide lombare (Bird 2003, Ogon 1999). Sono state evidenziate correlazioni anche tra disfunzione toracica e dolore cervicale (Cleland 2005, Masaracchio 2013) o dolore alla spalla (Bang 2000, Bergman 2004, Strunce 2009) e tra disfunzione cervicale e dolore al gomito (Fernández-Carnero 2008, Herd 2008, Cleland 2004).

L’interpretazione di questo fenomeno può essere basata sul concetto di male allineamento o di alterato controllo motorio; l’utilità di questo modello è quella di utilizzare una “diagnosi fisioterapica per inclusione” e un trattamento che si rivolge sia alla disfunzione locale, che a quella a distanza. I limiti del modello sono legati alla tipologia degli studi di riferimento (molti case report e studi trasversali, spesso effettuati su popolazioni particolari). Solo una piccola
parte degli studi sono studi longitudinali, studi randomizzati controllati o regole di previsione clinica (in particolare studi di validazione o analisi di impatto).

Referenze:
Dott.ssa Carla Vanti


Author: Dott. Eugenio Isidoro Scibetta Co-Founder & Admin Scienze Salute e Benessere


PROPRIOCEZIONE O CINESTETICA: COSA È E COME ALLENARLA







Quando si parla di controllo ci si riferisce, naturalmente, alla propriocettività. 
Il suo ruolo è quello di aumentare l'automatismo e la rapidità d'azione con cui il sistema neuro-muscolare interviene nella stabilità organico-articolare e nella regolazione della postura
La propriocettività rappresenta infatti la capacità che l'organismo possiede di percepire la posizione ed i movimenti del corpo in rapporto allo spazio esterno. Questa particolare sensibilità, che permette al corpo di concepirsi in rapporto con il mondo esterno, si realizza grazie allo sviluppo di muscoli intelligenti che possano interagire con il SNC, per un continuo scambio di informazioni

La gestione del controllo si realizza grazie ad un Lavoro di feedback svolto dai propriocettori (recettori sensibili alle variazioni meccaniche situati in muscoli, tendini, legamenti, capsule articolari.ecc.), i quali trasmettono informazioni a tutti i livelli neurologici, sia riguardo i parametri del movimento (forza, accelerazione, velocità, ROM, stabilità, coordinazione), sia sulla posizione delle varie parti corporee in relazione a se stesse e allo spazio esterno.
Grazie al condizionamento di questo sistema, infatti, si creano degli automatismi che permettono di incrementare la rapidità d'azione con cui i diversi gruppi muscolari intervengono nel controllo del movimento e della stabilità fisica.

L'importanza che offre il controllo propriocettivo non deve essere considerata solo in funzione di un trattamento riabilitativo o di un lavoro con scopo preventivo, ma si dovrebbe estendere anche alla performance del gesto atletico. La capacità di esprimere potenza in una tecnica sportiva, infatti, varia proprio in funzione della possibilità che possiede l'atleta di aderire al suolo in modo equilibrato e stabile. 
Con l’allenamento propriocettivo si migliora l’equilibrio, la stabilità, la percezione dell'aderenza, il trasferimento della potenza e, contemporaneamente, si diminuisce il rischio di infortunio.

I PARAMETRI DA CONSIDERARE NEL LAVORO PROPRIOCETTIVO

La propriocezione interessa diversi parametri:
non è possibile svolgere un esercizio propriocettivo completo senza considerare contemporaneamente tutti questi fattori:
  1. posizione; 
  2. movimento; 
  3. forza; 
  4. velocità; 
  5. accelerazione; 
  6. coordinazione.

Per rendere ancora più chiara l'interazione tra coordinazione, propriocettività, equilibrio e funzionalità del movimento è necessario conoscere alcuni concetti di fisiologia.

Il corpo umano è diviso in quattro unità funzionali (insieme di sistemi muscolo-articolari e neuro logici) che si trasmettono la forza l'una con l'altra:

  1. Unità funzionale del capo e rachide cervicale;
  2. Unità funzionale del tronco ;
  3. Unità funzionale del cingolo scapolare e arti superiori; 
  4. Unità funzionale del bacino e arti inferiori.

Nel caso l'efficienza di un'unità funzionale sia ridotta a causa di una lesione, di un'insufficienza muscolare o di altri motivi, il passaggio della forza sarà ostacolato da un anello debole. Di conseguenza verranno sovraccaricate le altre unità funzionali che partecipano al gesto atletico. Il risultato sarà una diminuzione della performance, del controllo del movimento e della stabilità articolare, con aumento del rischio di infortunio. Distribuendo il carico da controllare su tutte le unità funzionali, invece, si riuscirà a stabilizzare in modo migliore le articolazioni, senza sovraccaricare eccessivamente nessuna struttura in particolare.


I RIFLESSI PROPRIOCETTIVI SONO GARANTITI DAGLI AUTOMATISMI
Le capacità propriocettive dovrebbero essere sviluppate in modo specifico secondo lo sport praticato, con esercizi di controllo capaci di rispettare gli stress che si raggiungono in gara. Seguendo una giusta e progressiva metodica, più le condizioni di stress destabilizzante verranno riproposte in palestra, minori saranno le probabilità di lesione durante la competizione.
Un consiglio importante è eseguire l'allenamento propriocettivo scalzi, perché in questo modo si riescono a sfruttare meglio le stimolazioni percettive.

Gli esercizi possono essere svolti grazie all'utilizzo di pedane destabilizzanti, percorsi con sassi tondeggianti, fitball, elastici, palle mediche, kettlebell, macchine tecnologiche, ecc.  Per fare in modo che le situazioni stressanti della competizione non influenzino negativamente la possibilità di utilizzare il massimo potenziale propriocetivo di cui si è in possesso, è importante abbinare agli esercizi di controllo anche quelli che richiedono l'uso dell’attenzione:
  • divisa è la capacità di prestare attenzione e di elaborare diversi stimoli che giungono contemporaneamente.
  • selettiva è la capacità di concentrandosi su uno o più stimoli selettivi, selezionandoli, tra altri distrattivi.
  • sostenuta è la capacità di mantenere nel tempo l'attenzione su determinati stimoli

In ogni situazione sportiva l'atleta si trova a dover prestare attenzione contemporaneamente alla tattica agonistica e al controllo del gesto, mentre ricerca la massima performance. Solo grazie all'acquisizione di specifici automatismi propriocettivi si potrà impegnare meno il centro di elaborazione e garantire così una riserva attentiva utile alla gestione degli imprevisti.

Quando il nostro organismo è in grado di applicare automatismi che garantiscano contemporanea mente forza, velocità, stabilità e mobilità, aumenta la capacita di prestare attenzione agli stimoli esterni.
I riflessi propriocettivi, al fine di ottenere il miglior risultato riabilitativo o preventivo, devono essere allenati relativamente a tutte le varianti attentive (divisa, selettiva e sostenuta).

I LIVELLI DI CONTROLLO PROPRIOCETTIVO
IL lavoro propriocettivo agisce su diversi livelli di controllo neuromuscolare, come consigliato da Lephart (1992; 1998):

1. Controllo da parte dei centri superiori;

2. Controllo inconscio;

3. Controllo da parte del tronco encefalico;

4. Controllo a livello spinale.


PROGRESSIONE LA PROPRIOCETTIVITÀ IN MODO COMPLETO CONDIZIONARE
Il condizionamento della propriocettività è tanto affascinante quanto complicato. Siccome l'organismo umano si adatta con rapidità, i primi risultati si ottengono con discreta facilità. Dopo di che, per cercare di incrementare le capacità acquisite senza rischiare infortuni, è necessario affidarsi ad un professionista, altrimenti si rischia che il quadro si complichi notevolmente. 





La progressione dell'intensità negli esercizi propriocettivi deve essere molto cauta, altrimenti il rischio è incappare in un infortunio proprio durante l'allenamento di prevenzione. A seconda della destrezza e della rapidità raggiunta si aumenterà via via la difficoltà.


Bibliografia: 
“Preparazione atletica e riabilitazione” Fondamenti del movimento umano  Scienze e traumatologia dello sport Principi di trattamento riabilitativo: D. Carli, S. Di Giacomo, G. Porcellini (da pag. 57 a pag. 69)


Author: Dott. Eugenio Isidoro Scibetta Co-Founder & Admin Scienze Salute e Benessere




COSA MANGIARE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS?







Per provare a dare una risposta scientifica a questa domanda, bisogna dividerla in due:
- Esiste una dieta che ci aiuta a difenderci dall'infezione? 
- Come deve cambiare la nostra dieta in seguito al cambiamento dello stile di vita conseguente alle restrizioni decise dal Decreto del Presidente del Consiglio? 
Al primo quesito è bene chiarire che non abbiamo una risposta specifica riguarsante il Covid-19. Conosciamo questo nuovo virus da troppe poche settimane e sappiamo molto poco delle sue caratteristiche biologiche per potere avere nozioni che ci permettano di contrastarlo a livello alimentare. 
Tuttavia, la possibilità di aiutare alcune delle funzioni del sistema immunitario attraverso l'assunzione di nutrienti specifici o di alimenti mirati è stato ampliamente studiato negli ultimi decenni. In particolare, proprietà immuno-stimolanti sono state dimostrate per alcune vitamine (Vit. A, C, E e D), per alcuni micronutrienti quali zinco e selenio e più recentemente per i probiotici. 
Una delle infezioni umane più studiata è il raffreddore comune, dove la vitamina C somministrata regolarmente sembra ridurre la durata dei sintomi, indicando un effetto biologico; perciò si può suggerire una corretta assunzione di tale bioregolatore.
Negli ultimi anni, numerosi studi sono anche stati rivolti al possibile ruolo della vitamina D in seguito alla scoperta dei suoi numerosi effetti extra-scheletrici, e né è stato dimostrato un rilevante impatto sulle risposte immunitarie innate e adattive. Si può, per tale motivo, invitare al consumo di integratori di vit. D per evitare problematiche che una carenza di essa (dovuta anche dalla mancata esposizione ai raggi solari) potrebbe causare (rachitismo e osteoporosi in primis). Tra i minerali, il più studiato in campo immunologico è lo Zinco, la quale carenza è associata ad un deficit di integrità del sistema immunitario. Una sua scarsità marginale è stata osservata in diversi gruppi di popolazione "a rischio", come gli anziani, supportando l'ipotesi che la supplementazione nei soggetti più vulnerabili potrebbe impedire la compromissione del sistema immunitario e migliorare sostanzialmente la resistenza alle infezioni in questi soggetti.
Più recentemente l'interesse scientifico è stato rivolto ai probiotici che oltre ad avere un ruolo specifico nella regolazione del microbiota intestinale sembrano avere un effetto immunomodulatore.
Fortunatamente, questi nutrienti, si trovano facilmente nel nostro modello dietetico di tipo Mediterraneo. L'abbondanza di alimenti come pane, pasta, verdure, legumi, frutta e frutta secca, olio di oliva, un moderato consumo di pesce, di carne bianca e rossa, di latticini e uova e modesto consumo di vino durante i pasti, fornisce un ottimale apporto di tutti i nutrienti "funzionali" che possono giocare un ruolo immunomodulatore, lasciando l'uso di supplementi ai casi in cui si possa ipotizzare uno stato carenziale. 
Il Decreto #IORESTOACASA ha numerose importanti conseguenze che possono influire sui nostri fabbisogni energetici e sul nostro comportamento alimentare; in particolare: 
- la riduzione della attività motoria giornaliera, come conseguenza dello smart working, della chiusura delle palestre e degli studi fitness, dell'invito ai soli spostamenti essenziali, la chiusura delle scuole e di tutte le attività ludico sportive, ha determinato una significativa riduzione del fabbisogno energetico giornaliero. 
- l'ansia, lo stress e la noia che possono subentrare in questo momento possono favorire la comparsa o peggiorare, la cosiddetta fame "fame nervosa", ossia il ricorso al cibo come meccanismo di compensazione attraverso cui arginare questi stati mentali. 
Le conseguenze sono un aumento del rischio di incremento del peso corporeo e/o l'aggravarsi di patologie quali sindrome metabolica e diabete. 
Cosa fare quindi? 
Implementare le attività motorie all'interno delle mura domestiche e cucinare con fantasia seguendo il modello mediterraneo e incrementando il consumo di frutta e verdura ad almeno 5 porzioni per garantire il corretto consumo di vitamine, minerali e aiutando la riduzione dell' apporto calorico settimanale. 

Bibliografia 
http://m.my-personaltrainer.it 
Akramienė D, Kondrotas A, Didziapetriene J, et al. Effects of β-glucans on the immune system. Medicina (Kaunas) 
Dardenne M. Zinc and immune function. Eur J Clinical Nutr 2002
Hemilä H. Vitamin C and Infections. Nutrients. 2017
Gruber-Bzura BM et al Vitamin D and Influenza-Prevention or Therapy? Int J Mol Sci.2018 
Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana (LARN), IV ed. 2014. Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) 

Author: Dott. Luca Peroncini

LINEE GUIDA SULL'ATTIVITÀ FISICA PER LE DIFFERENTI FASCE D'ETÀ

Arriva l’Epifania che tutte le feste si porta via, quindi si torna in palestra?! NO

Nel periodo immediatamente dopo le festività natalizie, note per le abbuffate di cibo tra pranzi, cene, panettoni, pandori e torroni, le palestre si riempiono di nuovi clienti che forse per sensi di colpa inizia ad allenarsi in proiezione dell’estate.
Tutto ciò è abbastanza errato, poiché in meno di sei mesi è difficile raggiungere buoni risultati.

Questa è una convinzione che andrebbe un pò smussata; infatti bisognerebbe allenarsi costantemente nell’arco dell’anno, sia per avere benefici fisici visivi, ma anche per migliorare lo stato psichico-emotivo e soprattutto ridurre i rischi di patologie come malattie cardio-vascolari, tumorali, respiratori, etc.

Ampliando il raggio del discorso, bisognerebbe praticare attività fisica per tutto il corso della vita e possibilmente affidandosi alle giuste persone formate che possono soddisfare ogni vostra esigenza.


BAMBINI E ADOLESCENTI TRA 5 E 17 ANNI
Almeno 60 minuti di attività fisica quotidiana di intensità moderata-vigorosa +
esercizi di rafforzamento dell’apparato muscolo-scheletrico almeno 3 volte a settimana.

  • L’attività fisica nei bambini e negli adolescenti include il gioco, l’esercizio fisico strutturato, lo sport e le normali attività fanno parte della vita quotidiana in base all’età svago, spostamenti a piedi e in bicicletta
  • Fin dai primi mesi, il neonato può essere aiutato a muoversi e, in seguito, incoraggiato a fare giochi di movimento, assicurando anche un sufficiente numero di ore di sonno
  • Il pediatra è il migliore alleato nel momento della scelta dell’attività fisica più adatta al bambino.



LO SPORT :
  • funzione di supporto all’attività educativa dei genitori
  • favorisce il dialogo tra i componenti familiari e mette le generazioni in contatto attraverso  condivisione di interessi e passioni

BAMBINI AFFETTI DA PATOLOGIE CRONICHE
Evitare la sedentarietà e poter praticare attività fisica in sicurezza.
—> Il medico specialista in medicina dello sport:
• valuta le condizioni del bambino
• verifica la tolleranza allo sforzo
• prepara un programma di attività fisica in relazione alle condizioni cliniche
  • ha la responsabilità di un’eventuale certificazione agonistica



ADULTI 
Minimo 150 minuti di attività fisica aerobica d’intensità moderata a settimana 
oppure
un minimo di 75 minuti di attività vigorosa a settimana + esercizi di rafforzamento dei maggiori gruppi muscolari 2 o più volte a settimana



—> Poco è meglio di niente
  • Anche con quantità di attività fisica minime (es 60 minuti a settimana) gli adulti sedentari ottengono benefici per la salute 
  • Quantità di attività fisica superiori a quella minima raccomandata apportano maggiori vantaggi per la salute e la prevenzione delle malattie croniche.

Le persone che non sono fisicamente attive hanno un aumentato rischio di mortalità per tutte le cause: il rischio di morte per tutte le cause può essere efficacemente ridotto già con modesti incrementi del livello di attività fisica.

TUTTI GLI OPERATORI (SANITARI E NON) DEVONO SENSIBILIZZARE I PROPRI INTERLOCUTORI SEDENTARI A CAMBIARE LO STILE DI VITA, INTRODUCENDO UNA QUOTA SUFFICIENTE DI ATTIVITÀ FISICA ED IN PARTICOLARE.


ANZIANI
150 minuti di attività fisica aerobica d’intensità moderata a settimana
oppure
Un minimo di 75 minuti di attività vigorosa a settimana + esercizi di rafforzamento dei maggiori gruppi muscolari 2 o più volte a settimana + attività per migliorare l’equilibrio e prevenire le cadute 3 o più volte la settimana per coloro che hanno una ridotta mobilità.


  • E’ necessario adottare uno stile di vita attivo e svolgere attività a bassa intensità, nei limiti delle proprie capacità e condizioni, anche se non si possono raggiungere i livelli raccomandati (a causa delle condizioni di salute).
  • È bene ridurre i lunghi periodi di sedentarietà che potrebbero costituire un fattore di rischio a prescindere da quanta attività fisica si pratichi in generale.
  • Si può mantenere uno stile di vita attivo anche attraverso le attività usuali della vita quotidiana (gli acquisti, le pulizie, la preparazione dei pasti, le attività professionali, le attività ricreative o di svago).

—> Le raccomandazioni possono essere applicate anche agli anziani con disabilità con necessari adeguamenti, in base alla capacità di esercizio ed ai rischi o alle limitazioni di salute specifiche.


Tutti gli operatori (sanitari e non) devono sensibilizzare i propri interlocutori sedentari a cambiare lo stile di vita, introducendo una quota sufficiente di attività fisica
OBIETTIVI MINIMI E REALISTICAMENTE RAGGIUNGIBILI
CONDIVISI CON I SOGGETTI CUI VENGONO PROSPETTATI INTEGRANDO L’ATTIVITÀ FISICA NELLA PROPRIA QUOTIDIANITÀ.



GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO
In assenza di condizioni patologiche specifiche le donne in gravidanza dovrebbero iniziare o mantenere uno stile di vita attivo, praticare un'adeguata attività fisica e proseguirla anche durante la fase post partum e l’allattamento.
Almeno 150 minuti di attività fisica a intensità moderata ogni settimana o 30 minuti per 5 giorni
durante tutta la gravidanza cominciando gradualmente fino a raggiungere i 30 minuti al giorno senza eccedere.








L’ATTIVITÀ FISICA IN GRAVIDANZA:
  • migliora la funzionalità cardiocircolatoria, la forza e la resistenza muscolare
  • migliora la coordinazione e l’equilibrio
  • evita l’aumento eccessivo di peso
  • previene o riduce la gravità dei disturbi muscolo-scheletrici collegati alla gravidanza
  • previene o riduce l’incontinenza urinaria
  • riduce il rischio di macrosomia fetale o neonati large for gestational age, di diabete gestazionale, di pre-eclampsia

DOPO IL PARTO:
Valutare con il proprio medico il momento più appropriato per ritornare ai livelli di attività fisica pregravidici: E’ pertanto, consigliabile allattare prima dell’esercizio fisico per evitare sia potenziali problemi associati all’aumento dell’acidità del latte sia il disagio dell’ingorgo mammario durante gli esercizi.

L’ATTIVITÀ FISICA NEL POST PARTUM
  • riduce la depressione e l'ansia 
  • migliora l’umore
  • contribuisce a tenere sotto controllo il peso, migliora la funzionalità cardiorespiratoria.


OPERATORI SANITARI E NON (fisioterapisti/laureati in scienze motorie), adeguatamente formati sono coinvolti nel programma di attività fisica secondo le rispettive competenze qualora fosse necessario apportare modifiche in termini di durata e intensità di esercizio in riferimento alla diagnosi ed alle prescrizioni del medico




PERSONE CON DIABETE MELLITO TIPO 2
  • l’attività fisica dovrebbe essere svolta possibilmente ogni giorno cercando di evitare due giorni consecutivi di inattività 
  • camminare per almeno 30 minuti al giorno (individualmente o in gruppi) riduce il rischio di sviluppare il diabete nei soggetti affetti da sindrome metabolica

—> Collaborare con figure professionali diverse, sia sanitarie (diabetologo, dietologo, medico dello sport, ecc.) che non (laureato in scienze motorie) affinché l’esercizio venga opportunamente calibrato alle condizioni cliniche e alla capacità funzionale e efficienza fisica del paziente


PERSONE OBESE

almeno 150 minuti a settimana di attività aerobica ad intensità moderata e almeno 90 minuti settimanali di attività anaerobica per 2-3 giorni non consecutivi a settimana, variando le sessioni da 30 a 60 minuti.





L’attività fisica è in grado di influire positivamente sulla composizione corporea inducendo una riduzione della massa grassa e un mantenimento/aumento di quella magra
  • l’esercizio aerobico promuove un aumento del dispendio energetico favorendo il dimagrimento (bilancio energetico negativo)
  • l’esercizio contro resistenza favorisce un aumento della massa muscolare così da evitarne una riduzione a seguito delle diete ipocaloriche e, al tempo stesso, fondamentale per aumentare il ritmo.

—> un team multiprofessionale (medico di medicina generale/pediatra di libera scelta, psicologo, dietologo, medico dello sport, laureato in scienze motorie) può:
1. accompagnare e supportare un percorso di cambiamento consapevole
dello stile di vita
2. orientare e fidelizzare il paziente verso un’adeguata alimentazione e la
pratica costante di attività fisica



PERSONE CON NEOPLASIE

Almeno 150 minuti di attività fisica aerobica d’intensità moderata a settimana oppure
un minimo di 75 minuti di attività vigorosa distribuita in modo uniforme ed equilibrato nel corso della settimana, con alcune eccezioni.

Nel paziente con neoplasia qualsiasi tipo di attività fisica apporta beneficio alla salute psicofisica, percentualmente maggiore se comparato al solo utilizzo delle terapie abituali specifiche.
È IMPORTANTE NON INTERROMPERE MAI DEL TUTTO L’ATTIVITÀ FISICA (l’interruzione prolungata fa perdere i benefici ottenuti).






Benefici dell’AF:
  • L’esercizio fisico individualizzato e regolarmente svolto rappresenta uno dei presidi terapeutici universalmente accettati e riconosciuti per il controllo dei fattori di rischio cardiovascolari e della potenziale cardio- tossicità da farmaci antitumorali
  • Consente il mantenimento della massa muscolare, la protezione e il miglioramento della densità ossea
  • Riduce il rischio di recidiva
  • Migliora la mobilità, la fatigue, la forza, la resistenza, e le capacità coordinative
  • Favorisce la socializzazione, il divertimento, influisce positivamente sull’umore e riduce gli stati di ansia e depressione
  • Contribuisce a preservare l’efficienza cardiovascolare (già di per sé compromessa dalla sarcopenia) quella respiratoria e a mantenere il peso nella norma.
  • Ha efficacia anche sulle complicanze oncologiche.

—> TUTTI GLI OPERATORI (sanitari e non) devono sensibilizzare i pazienti a cambiare lo stile di vita, introducendo una quota sufficiente di attività fisica ed in particolare.



Referenze:
“Linee di indirizzo sull’attività fisica per le differenti fasce d’età e con riferimento a situazioni fisiologiche e fisiopatologiche e a sottogruppi specifici di popolazione”
Dott.ssa Maria Teresa Menzano (http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_EventiStampa_551_intervisteRelatori_itemInterviste_1_fileAllegatoIntervista.pdf)



Author: Dott. Eugenio Isidoro Scibetta Co-Founder & Admin Scienze Salute e Benessere





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