NERVO TRIGEMINO, INFIAMMAZIONE, DOLORE DENTALE E MAL DI TESTA: RUOLO ATTIVO DELL’ ESERCIZIO FISICO NELLE CEFALEE


Il 5° paio dei nervi encefalici è rappresentato dal nervo trigemino, il più voluminoso . È così chiamato in quanto la sua distribuzione periferica ha luogo attraverso le 3 branche in cui si divide: nervo oftalmico, nervo mascellare e nervo mandibolare. È un nervo misto costituito da un contingente maggiore di fibre sensitive somatiche e da un minor numero di fibre motrici somatiche. Le due componenti emergono spontaneamente dal nevrasse come radici distinte di cui la radice sensitiva è più voluminosa di quella motrice. Le due radici conservano la loro individualità dal punto di emergenza fino all’origine delle 3 branche.
La componente sensitiva somatica, contenuta nella radice sensitiva del trigemino, ha origine nel voluminoso ganglio semilunare del Gasser.

I protoneuroni pseudounipolari del ganglio inviano il loro prolungamento centrale al nucleo sensitivo principale (pontino) e al nucleo della radice discendente (bulbospinale). 
Il prolungamento periferico, invece, va nelle 3 branche del trigemino; per mezzo di questi ultimi, le fibre raccolgono stimoli sensitivi esterocettivi dalla cute della faccia e dalla mucosa congiuntivale, della bocca e del naso. 

È dubbia, invece, la provenienza di stimoli propriocettivi dai muscoli estrinseci dell’occhio, dai muscoli mimici e dagli alveoli dentali. La sensibilità propriocettiva dei muscoli masticatori e quella proveniente dai muscoli mimici e dai muscoli estrinseci dell’occhio sono raccolte da fibre i cui protoneuroni non sono nel ganglio semilunare ma si trovano annessi al nucleo sensitivo mesencefalico; questi ultimi neuroni hanno il significato di cellule gangliari.
La componente motrice somatica origina dal nucleo masticatorio del trigemino, emerge dal ponte con la piccola radice motrice, supera il ganglio semilunare e passa per intero nella banca mandibolare. 
Si distribuisce ai muscoli masticatori, al muscolo del martello, al muscolo tensore del velo del palato, al muscolo miloioideo e al ventre anteriore del muscolo digastrico. 

Alle 3 branche del nervo trigemino si trovano annessi diversi gangli parasimpatici: il ganglio ciliare, il g. sfenopalatino, i gg. sottomandibolare e sottolinguale e il g. otico, ai quali giungono fibre pregangliari da altri nervi encefalici. Le fibre postgangliari che nascono dai suddetti gangli raggiungono i relativi distretti di innervazione unendosi ai rami delle 3 branche del nervo trigemino. Il nervo trigemino emerge dalla superficie ventrale del ponte, al limite con il peduncolo cerebellare medio. All’emergenza sono chiaramente distinguibili la radice sensitiva, voluminosa e un poco appiattita e quella motrice, piccola e cilindrica. 
Le due radici del nervo si dirigono insieme in avanti e in alto e, superato l’apice della rocca petrosa del temporale, perforano la dura madre e penetrano nel cavo del Meckel, una cavità delimitata da uno sdoppiamento della dura madre encefalica che appoggia sull’apice della rocca petrosa del temporale e, in avanti, sulla lamina fibrocartilaginea che chiude il foro lacero anteriore.

Nella cavità del Meckel è accolto il ganglio semilunare, una formazione appiattita con il margine concavo volto in alto e in dietro e il margine convesso che guarda in basso e in avanti. Al margine concavo, posteriore, giungono la radice sensitiva e quella motrice del trigemino; la radice sensitiva continua direttamente nel ganglio, quella motrice passa sotto al ganglio, senza penetrarvi, e prosegue quindi nella branca mandibolare.
Dal margine convesso, anteriore, del ganglio si staccano le 3 branche del trigemino: in alto e medialmente il nervo oftalmico, al centro il nervo mascellare, in basso e in fuori il nervo mandibolare.

Il dolore dentale è il dolore acuto più comune che si presenta nella regione orofacciale; tuttavia, anche le condizioni di dolore cronico sono frequenti e comprendono: disturbi dell'articolazione temporo-mandibolare (ATM), mal di testa primario (dolore neurovascolare), neuropatia trigeminale post-traumatica dolorosa (PPTTN) e dolore meno comunemente riferito e condizioni di dolore idiopatico o centralizzato. 

Tutte queste condizioni possono imitare il mal di denti e viceversa. Molte di queste condizioni sono comorbide con alti livelli di tensione mal di testa ed emicrania segnalati in pazienti con ATM; 
A causa della presentazione variabile del mal di denti, che può imitare molti diversi dolori cronici tra cui: dolore lancinante episodico di emicrania, dolore sordo continuo di ATM miofasciali e artrogeni o dolore facciale centralizzato, la diagnosi può essere complessa.

 Il dolore nevralgico si verifica nella dentatura in salute e con la malattia, imitando condizioni come PPTTN, nevralgia del trigemino e cefalalgie autonome del trigemino.

Il dolore neuropatico trigemino è una condizione di dolore cronico causata da danni o infiammazione del nervo trigemino o dei suoi rami, con disfunzione del sistema nervoso periferico e centrale che contribuisce al disturbo. Le condizioni del dolore trigemino presentano sfide diagnostiche e terapeutiche per gli operatori sanitari e spesso richiedono approcci terapeutici multipli per la riduzione del dolore.

Vediamo la relazione fra infiammazione con nevralgia del trigemino


La nevralgia del trigemino (TN) è una malattia nervosa cranica comune. L'infiammazione è suggerita in molti studi recenti di essere coinvolta nel dolore neuropatico, ma il suo ruolo nel TN rimane finora poco chiaro. 
Pertanto, l'attuale studio mirava a esplorare il rapporto di infiammazione con TN.

Metodi:
I livelli di marker infiammatori, come globuli bianchi (WBC), neutrofili (NE), linfociti (LY), monociti (MO), piastrine (PLT) e albumina (ALB), nonché il rapporto neutrofili / linfociti ( NLR), NLR derivato (dNLR), rapporto piastrinico / linfocitario (PLR), rapporto monocita / linfocita (MLR) e indice nutrizionale prognostico (PNI) sono stati confrontati tra pazienti TN e controlli sani mediante test non parametrici. Inoltre, sono stati impiegati molteplici modelli di regressione logistica per valutare le associazioni di marcatori infiammatori con TN. Inoltre, è stata tracciata la curva delle caratteristiche operative del ricevitore (ROC) per analizzare i valori di questi creatori infiammatori, nonché le loro combinazioni corrispondenti nella diagnosi di TN.

Risultati:
I livelli di WBC, NE, MO, NLR, dNLR e MLR nei pazienti con TN erano evidentemente aumentati in combinazione con quelli nei soggetti normali. Inoltre, i modelli di regressione logistica multivariata hanno dimostrato che l'infiammazione aveva una stretta correlazione con TN. Nel frattempo, i valori dell'area sotto la curva (AUC) per NE, NLR e dNLR, nonché quelli per le combinazioni corrispondenti di NLR + PLR, NLR + PNI, dNLR + NLR e dNLR + PLR in TN erano> 0,7, che potrebbe avere un valore predittivo per TN rispetto a quelli per soggetti normali.

Conclusioni:
I risultati di questo studio rivelano che l'infiammazione avrebbe potuto svolgere un ruolo vicino e importante nella progressione e nell'eziologia del TN.
Possiamo dire in conclusione che spesso riscontriamo dolori dentali o forti mal di testa e non sappiamo a cosa sono dovuti, molte volte è proprio il nervo trigemino a determinare tale situazione.
Se sottoposto ad un’ infiammazione e tale viene sottovalutata si insorge a complicazioni come la nevralgia del trigemino, che a sua volta provoca ulteriori problematiche.

Ruolo dell’attività fisica nel mal di testa:

Quando lo sport è causa di mal di testa?
I mal di testa possono essere frequenti per chi fa sport e, in particolare, per:
giocatori di calcio, rugby e football americano: nei casi peggiori, possono capitare traumi alla testa che possono causare la perdita di coscienza ma tendono a risolversi nel giro di poche ore;
nuotatori: il rischio è di compressione del cranio, per esempio a causa della cinghia degli occhiali;
sub: l’aumento della pressione sotto a una certa profondità può portare a un aumento della concentrazione di anidride carbonica e, quindi, mal di testa;
scalatori: la cefalea si presenta di solito quando si raggiungono altezze dai 1200 ai 1800 metri;
sollevatori di pesi: in questo caso il mal di testa è causato dallo sforzo, durante il quale aumenta la pressione sanguigna che porta più sangue verso la testa. Il dolore può essere molto lancinante e può durare da pochi minuti a 24 ore.

Cosa accade? L’esercizio fisico può scatenare l’attacco di emicrania quando comporta un aumento brusco ed elevato di citochine infiammatorie, ossia di sostanze che aumentano il microincendio biologico sia a livello tissutale, causando dolenzia o franco dolore muscolare e/o articolare, sia a livello cerebrale, aumentando la neuroinfiammazione, che sottende anche l’attacco emicranico. L’aumento brusco ed elevato delle citochine si verifica più frequentemente:
- quando il soggetto fa sport al di sopra del proprio livello di allenamento per intensità e/o durata (per esempio, la persona non fa attività fisica durante la settimana e fa sport ad alta richiesta di prestazione la domenica);
- quando lo fa in condizioni ambientali stressanti: perché la temperatura è troppo fredda o troppo elevata, o in contesti troppo affollati o ansiogeni;
- quando lo fa durante le mestruazioni, perché in tal caso l’infiammazione associata all’attività fisica eccessiva si somma a quella provocata dalla caduta premestruale degli estrogeni e del progesterone (responsabile dei molti e diversi sintomi mestruali);
- quando fa sport con esercizi (in particolare saltelli, pesi o trazioni sulle braccia) che aumentino il rischio di microtraumi e/o di contrattura dei muscoli paravertebrali nella regione cervicale, e/o del cingolo scapolare.


Quando lo sport aiuta a combattere il mal di testa?
Lo sport, però, non solo può causare mal di testa ma può anche aiutare a contrastarlo.
Non tutti, sia chiaro. Infatti, meglio evitare attività pesanti che richiedono sforzi eccessivi e prolungati (sollevamento pesi, body building, boxe e competizioni agonistiche).
È indicata, invece, una vasta gamma di attività fisiche che possono aiutare a prevenire la cefalea:
aerobica: pilates e yoga possono alleviare i primi sintomi del mal di testa. Agiscono sul sistema nervoso vegetativo, grazie al lavoro su postura e respirazione, togliendo sensibilità al dolore nel sistema nervoso;
corsa: non solo quest’attività allena il corpo ma allenta lo stress e la tensione muscolare, rilasciando endocrine che agiscono da antidolorifico naturale;
nuoto: irrobustisce i muscoli dorsali e cervicali e aiuta una postura corretta che può prevenire mal di testa muscolo - tensivo;
andare in bicicletta: si tratta di un mezzo che mette in circolo una serie di sostanze che possono essere paragonati ad antidolorifici naturali.




Referenze:

- medicinapertutti.it “anatomia, sistema nervoso, sistema nervoso periferico” Nervo Trigemino 12/03/2020

- Department of Physiology & Monash Biomedicine Discovery Institute, Monash University, Melbourne, VIC 3800, Australia

-Tooth-Related Pain or Not?
Renton T. Headache. 2019.
© 2019 American Headache Society.

- Yao, Yuzhi MD*; Chang, Bowen MD, PhD; Li, Shiting MD, PhD
doi: 10.1097/SCS.0000000000005879

  • www.paginemediche.it





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MALATTIA DI OSGOOD - SCHLATTER E ATTIVITA' SPORTIVA IN ETA' ADOLESCENZIALE







L’apofisite tibiale anteriore conosciuta anche come malattia di Osgood-Schlatter, è una delle più comuni cause di dolore al ginocchio in età adolescenziale. L’insorgenza del dolore avviene durante l’accelerazione della crescita, tra i 10-15 anni per il sesso maschile e tra gli 8-13 anni per il sesso femminile, e colpisce più frequentemente soggetti che praticano sport in cui prevalgono le azioni di salto, come la corsa, il calcio, la pallacanestro, la pallavolo, la ginnastica, ecc.

L’insorgenza di questa malattia è molto più frequente nel sesso maschile e generalmente colpisce un solo arto, ma può a sua volta colpire entrambe le ginocchia. Ci sono altri fattori che favoriscono l’insorgenza di questo morbo, tra cui il peso corporeo, la tensione muscolare, la debolezza muscolare durante l'estensione del ginocchio e la flessibilità dei muscoli posteriori della coscia.
Il dolore provocato ha origine nella zona rotulea dell’arto, causato da uno stiramento del tendine rotuleo nel punto i cui si inserisce sulla tibia; tutto questo avviene poiché la crescita ossea dell’adolescente supera la capacità del muscolo e dei suoi tendini di sviluppare forza e di stirarsi il più possibile, causando un’eccessiva tensione sull’estremità della tibia (zona rotulea) provocando l’insorgenza del dolore. Il dolore si presenta quando si ha una contrazione del muscolo quadricipite o una pressione su di esso; in casi più gravi, il dolore è presente anche a riposo ed aumenta con l’attività fisica; i sintomi tendono a scomparire intorno ai 15-16 anni con la maturazione scheletrica.

A volte possono essere utili alcuni esami strumentali come RM, che può rilevare il rigonfiamento dei tessuti molli, e la radiografia, per rilevare se vi è un distacco osseo o un evento traumatico a carico del ginocchio.
Il trattamento per il morbo di Osgood -Schlatter è di tipo conservativo, di solito guarisce spontaneamente; il riposo, la riduzione o l’assoluta assenza di attività sportiva è il principale tipo di trattamento, così da evitare l’acutizzazione del dolore. L'allungamento dei tendini del ginocchio e gli esercizi di stretching della catena muscolare posteriore e di rinforzo del quadricipite possono essere un utile complemento. In rari casi l'escissione chirurgica, dei frammenti ossei, o per rimediare ad un distacco osseo, può dare buoni risultati nei pazienti scheletrici maturi che rimangono sintomatici nonostante le misure conservative.
Può essere utile indossare un tutore protettivo per il ginocchio per proteggerlo da un eventuale trauma. L’attività sportiva può riprendere gradualmente dopo almeno 3 mesi dalla diagnosi, evitando, in fase iniziale, i salti. Attraverso uno studio effettuato su giovani calciatori di alcune accademie russe affetti dal morbo di OS, si è notato come un trattamento conservativo attraverso fisioterapia e kinesioterapia (senza immobilizzazione) ha consentito di riprendere l’attività sportiva per la maggior parte dei ragazzi. Un totale del 35,7% dei giocatori ha riferito di avere disagio dopo aver ripreso l'allenamento regolare, il che ha causato alcune restrizioni nell' esercizio; i sintomi però, si sono risolti spontaneamente con il tempo.

REFERENZE
Zeppilli, P., Manuale di medicina dello sport, s.l., Casa Editrice Scientifica Internazionale, 2016. Cloe Curri,
http://www.ospedalebambinogesu.it/morbo-di-osgoodschlatter#.XsHFqUQzbIV 16 ottobre 2018
Bezuglov, EN., Tikhonova, АА., Chubarovskiy, PV., Repetyuk, АD., Khaitin, VY., Lazarev, AM., Usmanova, EM. (2020), “Conservative treatment of Osgood-Schlatter disease among young professional soccer players”, Pubmed, DOI: 10.1007/s00264- 020-04572-3.

DIABETE E SPORT





Una delle malattie più comuni che colpisce il sistema metabolico e pancreatico è il diabete mellito.
Il diabete si esprime tramite una concentrazione plasmatica di glucosio elevate dovuta ad una mancata risposta e azione dell’ormone insulina (ormone ipoglicemizzante) e dell’annessa cellula bersaglio.
Una condizione cronica di iperglicemia può sfociare in complicanze multiorgano colpendo ad esempio: reni, retina e sistema nervoso.
Nel 2016 sono oltre 3 milioni 200 mila in Italia le persone che dichiarano di essere affette da diabete, il 5,3% dell’intera popolazione (16,5% fra le persone di 65 anni e oltre)”,  sono queste le parole dell’istituto nazione di statistica (ISTAT), dati sicuramente allarmanti per numero di casi ma che si rifugiano in una riduzione della mortalità del  20%  in tutte le classi d’età.
Del diabete mellito esistono due varianti: diabete mellito di tipo 1 e diabete mellito di tipo 2

Diabete mellito di tipo 1

Il diabete mellito di tipo 1 è una patologia caratterizzata da una insufficienza insulinica dovuta all’auto distruzione delle cellule beta pancreatiche, in quanto generalmente malattia autoimmune lo stesso organismo attacca con i suoi sistemi di difesa le medesime cellule.
La maggior parte dei diabetici affetti da tale tipologia la sviluppano durante l’infanzia e circa il 10% dei diabetici ne soffre.
La caratteristica principale di tale patologia è come detto in precedenza la mancata produzione di insulina, la quale permette al glucosio rimanendo in circolo, determina una condizione di iperglicemia.  Il fegato, non riuscendo più a metabolizzare tutto il glucosio in circolo si serve delle vie della glicogenolisi e della gluconeogenesi, che si traducono con una ulteriore produzione di glucosio che peggiore la condizione già esistente di iperglicemia. A livello renale invece, precisamente nel tubulo prossimale del nefrone, il sistema di riassorbimento del glucosio viene saturato, venendo poi escreto tramite l’urina determinando una condizione di glicosuria. L’attività in tutti i tessuti non insulino-dipendenti si svolge rispettando le regole della fisiologia, come ad esempio per la maggior parte dei neuroni. Discorso diverso per i neuroni presenti nel centro della sazietà cerebrale i quali regolati da una insulino-dipendenza, non captandola rispondono come se esistesse una situazione di ipoglicemia, aumentando così il senso di fame e istaurando una situazione di polifagia.
Attualmente come trattamento possibile vi è la somministrazione tramite iniezione dell’ormone mancante, tuttavia la bioingegneria sta lavorando per semplificare tale problema.

Diabete mellito di tipo 2

Il diabete mellito di tipo 2 è un’altra variante di tale patologia, noto anche come diabete insulino-resistente.
Questa variante rappresenta il 90% dei casi di diabete, con importante predisposizione genetica per certi gruppi etnici.
Patologia che colpisce prevalentemente in età adulta e in condizione di obesità è caratterizzata dalla resistenza all’insulina, e da una sovraespressione di glucagone, ormone iperglicemizzante, in quanto in questa variante le cellule alfa non riescono a captare il glucosio, di conseguenza si ha una risposta con aumento di secrezione del glucagone sopracitato, contribuendo all’iperglicemia, glicogenolisi e gluconeogenesi.

DIABETE E SVOLGIMENTO DI ATTIVITA’ SPORTIVA

Durante lo svolgimento dell’esercizio fisico avvengono nel nostro organismo delle risposte, se un soggetto è poco allenato saranno maggiori, come l’aumento della secrezione di glucagone ed ormoni controinsulari e la riduzione di insulina senza azzerarsi. Il muscolo diviene quindi sensibile all’insulina per il rispristino delle scorte di glucosio utilizzate nell’esercizio, l’allenamento constante può migliorare tale condizione permettendo una migliore sensibilità all’insulina da parte dei suoi organi bersaglio.
Nel diabetico queste risposte sono differenti e quindi dev’essere differente il suo approccio all’esercizio.

Diabete mellito di tipo 1 e sport

Il soggetto affetto da diabete di tipo 1 non ha la capacità di produrre insulina per cui necessita di una terapia sostitutiva (insulina esogena), quando si sottopone ad un esercizio fisico va in contro ad una delle seguenti situazioni:
-ipoglicemia da sforzo, dove i valori di glucosio nel sangue scendono oltre ai 50mg/dl.
-ipoglicemia tardiva, può avvenire anche diverse ore dopo l’attività svolta.
-iperglicemia da sforzo, durante l’attività che si sta svolgendo, l’assenza dell’ormone necessario in tal       momento per i muscoli nell’utilizzo del glucosio, fa si che si vada incontro ad una rapida iperglicemia.

Per la prevenzione di tali rischi è preferibile che il soggetto non pratichi attività nelle 2-3 ore dopo l’iniezione di insulina, preferendo i momenti ove l’insulinemia è in valori più bassi, ovvero valori che mimano la risposta fisiologica dell’ormone all’esercizio.
L’esercizio fisico comporta una diminuzione della insulino-resistenza, da questo si raccomanda la diminuzione del 30-50% dell’insulina inettabile.
E’ fondamentale monitorare la glicemia prima, durante e dopo l’esercizio fisico, qualora la glicemia fosse tra 80-100mg/dl è indicato l’assunzione di carboidrati complessi (frutta), se invece i valori si aggirano intorno ai 60mg/dl, quindi più bassi, meglio assumere carboidrati complessi. Nel momento in cui l’atleta deve affrontare uno sforzo prolungato è necessario che assuma uno spuntino ogni 30-60min.
Le pratiche sportive per chi soffre si tale variante consigliate sono quelle in cui lo sforzo è progressivo e dove l’intensità può essere calcolata, sport come podismo, nuoto, sci di fondo, senza negare ovviamente lo sport per la quale prova passione.

Diabete mellito di tipo 2 e sport

Il soggetto affetto da diabete di tipo 2, inizialmente presenta una insulino-resistenza dei tessuti periferici.
La risposta meno efficiente delle cellule bersaglio all’insulina comporta una ridotta utilizzazione del glucosio, inducendo una maggiore espressione di glucosio epatico che conducono una iperglicemia.
Nel diabetico di tipo 2 durante l’esercizio l’utilizzazione del glucosio aumenta ma il livello di insulina non si riduce.
Ancora una volta è l’ipoglicemia la complicanza più comune anche in questa variante, da considerare insieme ad una maggiore attività dell’enzima lattico-deidrogenasi, questo induce ad una minore tolleranza allo sforzo con un rischio di acidosi lattica.
L’effetto benefico dell’attività motoria nel soggetto diabetico di tipo 2 è maggiore se si allena con regolarità, l’utilizzo del glucosio aumenta del 30-35% collegabile ad un aumento della potenza aerobica.
Le attività ad impatto aerobico e costanti sono le più indicate per tale variante di diabete. L’American Diabetes Association raccomanda 30’ al giorno di intensità lieve-moderata al 50-70% del VO2max o FC, parliamo di attività come marcia, ciclismo in pianura e nuoto.

In tutti i pazienti diabetici tuttavia sono sconsigliate le attività che :  
-in caso di ipoglicemia metterebbero a rischio la propria incolumità e quella di terzi
-le attività con sforzi isometrici importanti.

REFERENZE:
 -P. Zeppilli, M. Bianco, V. Palmieri, V. Santoriello – Manuale di medicina dello sport--2011.
- D. U. Silverthorn fisiologia umana 2013
- Dati ISTAT DATA DI PUBBLICAZIONE: 20 LUGLIO 2017.

LA CRESCITA NEI GIOVANI ATLETI




Lo sviluppo dell’organismo nei giovani non avviene in maniera lineare ed allo stesso modo per tutti. Il processo di maturazione è individuale ed ogni individuo, in questa fase, è soggetto a continui cambiamenti a livello fisico, emotivo, psichico e cognitivo. I bambini manifestano uno sviluppo di crescita costante ed equilibrato fino all’inizio della pubertà, quando poi si verifica un picco nella crescita.
Per pubertà si intende il
 periodo di transizione dall’infanzia all’età adulta in cui si attuano numerose trasformazioni fisiche e psicologiche, che si svolgono sequenzialmente fino al conseguimento della maturazione sessuale e della capacità di procreare. Per i maschi questo periodo inizia tra i 12 e i 14 anni, per le femmine invece tra i 10 e i 14 anni. Prima della pubertà sia i maschi che le femmine possono aumentare in altezza di circa 4-8 cm l’anno. Dopo questa fase, si verifica una notevole crescita staturale (8-15 cm l’anno), che coincide appunto con l’inizio della pubertà.

Questo particolare periodo prende il nome di “impennata di crescita” e, l’età in cui la velocità di crescita raggiunge l’apice, viene definita “Peak Height Velocity” (PHV), ovvero Picco di Crescita. Successivamente, la crescita staturale diminuisce via via fino a fermarsi intorno ai 16 anni per le ragazze e ai 18 anni per i ragazzi.
In base al PHV è possibile evidenziare delle fasi sensibili definite “windows of opportunity” per lo sviluppo di determinate capacità motorie che contribuiscono alla formazione dell’atleta (Balyi 2003). In particolare, il periodo per picco di crescita (PHV) è caratterizzato da:
  • completamento del processo di mielinizzazione delle fibre nervose che determinano un aumento della coordinazione intermuscolare e intramuscolare e controllo motorio (Viru et al 1999)
  • incremento della concentrazione di androgeni, dalla differenziazione delle fibre muscolari e dalla stabilizzazione dei livelli di fosfocreatina (Meyer et al 2011)
  • sviluppo della massa muscolare sotto spinta ormonale.
L’inizio del PHV ci può fornire delle informazioni utili sullo stato di sviluppo: prima si verifica, più il bambino è maturo. Inoltre, per definire questo processo di maturazione, viene utilizzata come espressione “età biologica” anziché età cronologica.  Ovviamente, come già detto in precedenza, la fase appena descritta, varia da individuo a individuo. Infatti, la massima crescita dell’adolescente può verificarsi precocemente a dieci anni per alcuni, mentre per altri non prima dei sedici. In media però, le ragazze maturano il proprio sviluppo due anni prima rispetto ai ragazzi.
Nel periodo di forte accelerazione nell’aumento della statura, il giovane può avere delle difficoltà nella coordinazione dei movimenti in considerazione del fatto che le sue dimensioni corporee cambiano velocemente. Può succedere che si presentino delle difficoltà a svolgere delle attività che prima non si avevano e ciò colpisce maggiormente i ragazzi, visto che l’aumento delle dimensioni corporee è maggiore rispetto alle ragazze. Nei maschi la pubertà inizia con l’aumento del volume testicolare, mentre nelle ragazze con il manifestarsi del menarca e con la crescita del seno. La fase successiva dello sviluppo è caratterizzato dalla comparsa dei peli pubici.
Sia per i ragazzi che per le ragazze la massa corporea aumenta parallelamente alla crescita in altezza prima della pubertà e per i ragazzi questo aumento continua anche durante la pubertà. In questo periodo le ragazze producono degli ormoni (estrogeni) che provocano un aumento di adipe e un conseguente aumento del peso corporeo che risulta così maggiore in proporzione dell’altezza. Dopo la pubertà, infatti, le ragazze hanno circa il doppio di tessuto adiposo rispetto ai maschi.
L’infanzia e l’adolescenza sono periodi fondamentali per la formazione dello scheletro, sono le fasi in cui le ossa crescono di più sia in dimensione che in resistenza e, normalmente, lo scheletro rispetto alla crescita staturale, non raggiunge la sua piena maturazione prima dei venti anni. Il bagaglio genetico influisce per il 60-80% sulle potenziali dimensioni e sulla forza del nostro scheletro, ma lo stile di vita ha un impatto cruciale, e può determinare una differenza significativa di massa ossea tra una persona e l’altra. Nei bambini i periodi più importanti per la crescita ossea vanno dalla nascita fino ai due anni, poi attorno alla pubertà, al momento dello sviluppo sessuale.
Subito dopo la nascita e durante la prima infanzia, circa il 20% della massa corporea è costituita da muscoli. La massa muscolare, man mano che il bambino cresce, continua ad aumentare in maniera identica sia per i maschi che per le femmine fino alla pubertà. Durante la pubertà difatti, l’aumento di massa muscolare è maggiore nei maschi a causa della produzione di testosterone. Dopo il raggiungimento della maturazione sessuale, nei ragazzi la massa muscolare continua a crescere fino a raggiungere circa il 40% della massa corporea in età adulta. Nelle femmine la massa dei muscoli raggiunta si stabilizza nella fase puberale.
Prima della pubertà il massimo consumo di ossigeno aumenta parallelamente all’età in maniera simile tra ragazzi e ragazze. Nel periodo puberale nei ragazzi questo valore aumenta in maniera significativa, a causa dell’aumento di emoglobina, una proteina specifica che trasporta l’ossigeno nel sangue.
La prestazione anaerobica invece, indipendentemente dal sesso, è strettamente legata alla massa muscolare e sia la potenza che la capacità anaerobica aumentano progressivamente durante il periodo di maturazione fino a raggiungere i livelli di un adulto solo dopo l’adolescenza.

Lo sviluppo della velocità di corsa passa attraverso due fasi di crescita:

• la prima è legata alla maturazione del sistema nervoso e ad una maggiore coordinazione degli arti inferiori e superiori e ciò si verifica intorno agli 8 anni in entrambi i sessi;
   
• la seconda fase si verifica intorno ai 12 anni per le ragazze e tra i 12 e i 15 anni per i ragazzi.


Per quanto riguarda lo sviluppo della forza muscolare, sia nei ragazzi e sia nelle ragazze il suo sviluppo è identico fino al periodo puberale. A partire dai 6-7 anni, i ragazzi sviluppano una forza maggiore nella parte superiore del corpo. Questo perché, tra gli altri motivi, i maschi svolgono più attività che coinvolgono la parte superiore del corpo rispetto alle femmine.
Inoltre, bisogna sapere che nel bambino la capacità di coordinare i movimenti dipende da una combinazione di elementi: lo stadio di maturazione, l’allenamento, i fattori genetici ed ambientali. La maggior parte dei bambini al di sotto dei dieci anni non è in grado di eseguire movimenti complessi poiché il loro sistema nervoso non è ancora sviluppato completamente.
Da quanto si evince, risulta essenziale conoscere lo stadio di sviluppo fisico-psicologico per coloro che si apprestano ad allenare giovani in questa delicata fase di crescita ed organizzare i vari allenamenti in un ambiente che sia divertente ma costruttivo, dedicandosi in maniera specifica al corretto sviluppo del giovane atleta. Molto spesso però il bambino viene trattato come un “adulto in miniatura”, andando a compromettere sia dal punto di vista fisico che psicologico, quelle che sono le varie e graduali fasi di crescita del bambino stesso.

REFERENZE:

SITOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA

PREPARAZIONE FISICO-ATLETICA DEL CALCIATORE (ALLENAMENTO AEROBICO E ANAEROBICO NEL CALCIO), di JENS BANGSBO, EDITORI CALZETTI MARIUCCI.

EMS E BASKET : EFFETTI SULLA FORZA E SULLE PRESTAZIONI DI SALTO VERTICALE



La pallacanestro nasce nel 1891 a Springfield (Massachusetts), da un’idea di John Naismith (Almonte, Canada 1861 – Lawrence, USA, 1939), medico ed insegnante di educazione fisica. Naismith lavorava come insegnante di educazione fisica presso la Young Men’s Christian Association (YMCA) International Training School (Scuola Internazionale di Allenamento dell’Associazione Giovanile Maschile Cristiana) di Springfield (Massachusetts).
L'elettromiostimolazione (EMS) negli ultimi anni, è stata utilizzata anche dagli atleti nel contesto di programmi di allenamento per sviluppare forza e prestazioni fisiche. 

Una tipica partita di basket prevede un totale medio di 46 ± 12 salti per ciascun giocatore, con o senza un ciclo di accorciamento (SSC). Hubley e Wells hanno dimostrato che l'attivazione del quadricipite femorale contribuisce al 50% del lavoro coinvolto in un salto verticale. Risultati simili sono stati riportati da Bosco per i salti di squat (SJ) e di contromovimento (CMJ), anche se l'attivazione muscolare coinvolta è diversa. In effetti durante la CMJ si lavora di più durante la fase concentrica. L'SSC consente di immagazzinare e riutilizzare l'energia elastica, cosa che non può accadere durante SJ. Uno studio condotto su giocatori di basket maschili e femminili ha dimostrato che le prestazioni di SJ e CMJ erano significativamente correlate alla forza isometrica di estensione massima delle gambe. 
Pertanto, il ruolo della forza massima può anche essere importante per lo sviluppo di forza esplosiva. Sebbene la produzione di forza esplosiva dei muscoli estensori delle gambe abbia dimostrato di essere un'importante caratteristica delle prestazioni neuromuscolari tra i giocatori di basket, sono stati condotti pochissimi studi per determinare il programma di allenamento più efficace per il miglioramento della forza muscolare e della capacità di salto verticale una stagione di basket competitiva.

Pertanto, lo scopo principale di questo studio era determinare se un programma di allenamento di elettromioostimolazione di 4 settimane, aggiunto a un allenamento di basket standardizzato, potesse influenzare la forza del quadricipite e le prestazioni di salto verticale in un gruppo di 20 giocatori di basket.

Venti giocatori di basket maschili che hanno partecipato alla divisione 2 della French Basketball Federation League hanno preso parte a questo studio (età 24,7 ± 3,9 anni; altezza 193,9 ± 6,9 cm; massa 87,7 ± 8,9 kg). Sono stati assegnati in modo casuale a un gruppo elettrostimolato (ES, n = 10) o di controllo (C, n = 10). Tutti e 20 i giocatori si erano allenati e gareggiavano regolarmente nel basket per una media di 6 - 10 anni. Nessuno di loro si era precedentemente impegnato nell'allenamento di forza sistematica o nell'esperienza di elettromostimolazione.

Ogni soggetto ha eseguito salti verticali su una stuoia di Bosco (Tel. Si. Srl, Vignola, Italia); un timer digitale è stato collegato al sistema per misurare i tempi di volo dei salti. L'angolo dell'articolazione del ginocchio è stato misurato da un elettrogoniometro (Tel. Si. Srl, Vignola, Italia) fissato sulla gamba destra dei soggetti. La calibrazione del goniometro è stata eseguita prima di ogni test. Lo squat jump (SJ) è stato misurato partendo da una posizione semi-accovacciata statica (angolo del ginocchio di 90 °) e senza alcun movimento preliminare. Il salto del contro movimento (CMJ) è stato eseguito partendo da una posizione eretta, quindi accovacciato ad un angolo del ginocchio di 90 ± 5 ° e quindi estendendo il ginocchio con un movimento continuo. Durante questi test le braccia sono state mantenute in posizione akimbo per ridurre al minimo il loro contributo. Anche la posizione della parte superiore del corpo è stata standardizzata in modo che si verificasse un minimo di flessione ed estensione del tronco. Ai soggetti è stato chiesto di saltare il più in alto possibile tre volte e sono state riportate le migliori prestazioni.

Prima dell'allenamento non c'erano differenze significative tra i gruppi ES e C nelle caratteristiche fisiche, nella forza dell'estensore del ginocchio e nelle prestazioni del salto verticale.


Effetti sulla Forza 

Nel gruppo ES, la forza isocinetica è aumentata significativamente alla settimana 4 in condizioni eccentriche (+ 29% a - 120 × s-1, p <0,05; + 37% a - 60 ° × s-1 , p <0,01) e in condizioni concentriche ad alte velocità (+ 43% a 360 ° × s-1, p <0,01; + 36%, + 30% e + 32% a 300, 240 e 180 ° × s -1, rispettivamente, p <0,05). L'allenamento EMS non ha causato un aumento significativo della forza isocinetica a basse velocità concentriche (+ 15% a 60 e 120 ° × s-1). 
L'analisi post hoc ha indicato che la forza isometrica è aumentata in modo significativo solo ai due angoli adiacenti all'angolo di allenamento, ovvero 55 ° (p <0,01) e 65 ° (p <0,01). 
Tuttavia, ANOVA sugli aumenti assoluti e percentuali non ha mostrato alcuna differenza tra gli angoli articolari. 
Nel gruppo C, nessun cambiamento nella forza isocinetica o isometrica è stato osservato dopo il primo periodo di 4 settimane. Alla settimana 8, i valori di forza sono rimasti simili a quelli osservati alla settimana 4, per entrambi i gruppi. Per l'intero gruppo di soggetti non sono stati trovati coefficienti di correlazione significativi tra le misurazioni della forza e le prestazioni del salto verticale prima o dopo l'allenamento. Tuttavia, dopo 4 settimane di allenamento EMS, le variazioni della forza isometrica misurate a 65 ° e le variazioni delle prestazioni SJ erano significativamente correlate (r = 0,65, p <0,05) per il gruppo ES.

Effetto sulle prestazioni del salto verticale

Nel gruppo ES, le prestazioni di SJ sono aumentate significativamente (p <0,01) del 14% dopo il programma di formazione EMS di 4 settimane, mentre la CMJ è rimasta invariata. Nel gruppo C, nessun cambiamento nelle prestazioni del salto verticale è stato osservato alla settimana 4.
Le prestazioni di SJ alla settimana 8 non erano significativamente diverse da quelle alla settimana 4 per entrambi i gruppi. Al contrario, nel gruppo ES, le prestazioni della CMJ sono aumentate significativamente (p <0,01) del 17% alla settimana 8. Non sono state osservate differenze significative per il gruppo C.

I principali risultati dello studio hanno indicato che un programma di allenamento di elettromioostimolazione di 4 settimane oltre a un allenamento standardizzato di basket: 
 1) aumento della forza degli estensori del ginocchio in condizioni eccentriche, concentriche e isometriche; 

2) la resistenza isocinetica è aumentata in modo significativo in condizioni eccentriche e concentriche a velocità elevate ma non in condizioni concentriche a velocità basse;      

 3) la forza isometrica è aumentata in modo significativo solo ai due angoli adiacenti all'angolo di allenamento; 

4) le prestazioni del salto sono aumentate del 14%.

I dati hanno anche indicato che a seguito di un programma di allenamento EMS di 4 settimane, 4 settimane di allenamento standardizzato di pallacanestro: 

  1. ha mantenuto il guadagno in forza isocinetica, isometrica e prestazioni SJ prodotte dal programma di allenamento elettromio-stimolazione; 
  2. prestazioni CMJ migliorate del 17%.



Conclusioni:
Da quanto è emerso da questo studio, nonostante i pochi dati a disposizione, si può dire che l’integrazione di allenamento con Elettromiostimolazione (EMS) con i normali allenamenti per i giocatori di basket permette di migliorare la forza, andando ad aumentare le prestazioni dei salto in alto, uno degli elementi principali nel gioco della pallacanestro.





Referenze:
www.cultura.biografieonline.it
Groupe Analyse du Mouvement UFR-STAPS Université de Bourgogne
BP 27877 21078 Dijon Cedex France




Author : Riccardo Di Paola Writing Articles & Social Media Marketing Scienze Salute Benessere

LA PIRAMIDE DEI BISOGNI DI A. MASLOW: SPORT E CORRELAZIONE CON LA MOTIVAZIONE





Nel 1954 lo psicologo Abraham Maslow propose un modello motivazionale dello sviluppo umano basato su una gerarchia di bisogni, disposti a piramide, in base alla quale la soddisfazione dei bisogni più elementari è condizione necessaria per fare emergere quelli di ordine superiore.
I bisogni fondamentali, una volta soddisfatti, tendono a non ripresentarsi, mentre i bisogni sociali e relazionali rinascono con nuovi e più ambiziosi obiettivi da raggiungere. Ne consegue che l’insoddisfazione, sia sul lavoro, sia nella vita pubblica e privata, è un fenomeno molto diffuso che può trovare una sua causa nella mancata realizzazione delle proprie potenzialità. Per Maslow, infatti, l’autorealizzazione richiede una serie di caratteristiche di personalità, competenze sociali e capacità tecniche.
Che cos’è la motivazione?
La motivazione è l'espressione dei motivi che inducono un individuo a compiere o tendere verso una determinata azione. Da un punto di vista psicologico può essere definita come l'insieme dei fattori dinamici aventi una data origine che spingono il comportamento di un individuo verso una data meta; secondo questa concezione, ogni atto che viene compiuto senza motivazioni rischia di fallire.
Esistono tre tipologie di motivazione:
  • primaria: motivazioni di natura fisiologica che implicano azioni necessarie alla nostra sopravvivenza, come per esempio bere o mangiare.
  • Secondaria: si presenta nei casi di natura sociale o individuale, derivati dal processo di socializzazione degli individui, come per esempio la competizione o la cooperazione.
  • Livello superiore: Queste motivazioni riguardano la sfera della persecuzione dei proprio obiettivi in base ai propri valori e ideali.
Alla base della piramide ci sono i bisogni essenziali alla sopravvivenza, mentre salendo verso il vertice si incontrano i bisogni più immateriali.


ANALISI DELLA PIRAMIDE MOTIVAZIONALE
  • Bisogni FISIOLOGICI: fame, sete, sonno, termoregolazione, ecc. Sono i bisogni connessi alla sopravvivenza fisica dell’individuo. Sono i primi a dover essere soddisfatti a causa dell’istinto di autoconservazione.
  • Bisogni di SICUREZZA: protezione, tranquillità, prevedibilità, soppressione di preoccupazioni ed ansie, ecc. Devono garantire all’individuo protezione e tranquillità.
  • Bisogni di APPARTENENZA: essere amato e amare, far parte di un gruppo, cooperare, partecipare, ecc.; rappresenta l’aspirazione di ognuno di noi ad essere un elemento della comunità.
  • Bisogni di STIMA: essere rispettato, approvato, riconosciuto, ecc. L’individuo vuole sentirsi competente e produttivo.
  • Bisogni di AUTOREALIZZAZIONE: realizzare la propria identità in base ad aspettative e potenzialità, occupare un ruolo sociale, ecc. Si tratta dell’aspirazione individuale a essere ciò che si vuole essere sfruttando le facoltà mentali e fisiche.

Applicazioni della piramide di Maslow: economia, marketing, scienze mediche
Le applicazioni della piramide di Maslow sono diverse in diversi ambiti, dall’economia, al marketing, dall’infermieristica alle risorse umane.
Possiamo prendere come esempi di applicazione della scala di Maslow l’ambito delle cure mediche.
Si pensi a un paziente che arriva al Pronto soccorso per un malore. Per risolvere il problema di salute del paziente si interverrà con i seguenti passi: 
-Trattamento dei bisogni fisici (cercare di alleviare il dolore e realizzare una diagnosi) 

-Trattamento dei bisogni di sicurezza (cioè offrirgli un posto dove stare per curarlo e possa stare in sicurezza, e cercare di applicare una terapia per farlo guarire e vivere meglio)
    -Trattamento dei bisogni affettivi (informare gli affetti e la famiglia di ciò che sta succedendo).

Le pratiche di assistenza dei malati, rispecchiano i gradini della scala di Maslow e la procedura segue esattamente questo cammino.
Anche nelle risorse umane la piramide di Maslow è tenuta in considerazione per cercare di creare un ambiente di lavoro sano, efficiente e migliorare la motivazione degli impiegati.
A livello di marketing e economia, la Piramide di Maslow viene utilizzata soprattutto per identificare i bisogni dei clienti e in che punto della piramide si trovino. In questo modo si può creare una strategia di marketing e di comunicazione che abbia un valore rilevante, ripercuotendo direttamente sulla loro scala dei bisogni del momento.

E nello sport?

Occorre comprendere le motivazioni che spingono a partecipare o non partecipare all’attività sportiva, tenendo presente non solo i fattori interni alla persona ma anche quelli situazionali esterni. Inoltre i soggetti hanno spesso diverse motivazioni, di vario tipo, alcune volte anche opposte e contrastanti, e differiscono a seconda del sesso e della cultura di appartenenza.
È importante conoscere gli stili attributivi degli atleti, ovvero il modo in cui “spiegano” il successo e il fallimento. In particolare in riferimento alla stabilità delle cause (la situazione è dovuta a fattori stabili e permanenti o instabili e fluttuanti), al locus (fattore interno alla persona o esterno/situazionale) e alla controllabilità (le cause possono essere gestibili dal soggetto o incontrollabili). Le attribuzioni si legano alla motivazione in quanto capaci di influenzare le aspettative future e gli aspetti emotivi dei soggetti. Un atleta che spiega il suo fallimento come dovuto ad una sua mancanza di abilità stabile, interna e non migliorabile tramite l’allenamento e l’impegno, non sarà motivato a proseguire in quella pratica sportiva. Per contro, uno sportivo che vede una sconfitta causata da una momentanea distrazione, o da scarsi allenamenti o dall’ambiente di gara particolarmente ostile, sarà portato ad impegnarsi di più in vista dei prossimi incontri o semplicemente accetterà il fatto che non c’erano le condizioni giuste per eccellere in quella situazione.
Si può poi passare ad una modificazione dell’ambiente, in modo da soddisfare le necessità degli atleti: variazione negli allenamenti, inserimento di nuovi esercizi, creazione di momenti di competizione alternati a momenti di collaborazione e lavoro di gruppo. Favorire un clima di cooperazione, in cui le scelte vengono condivise ed affrontate insieme da allenatori ed atleti.
Un modello di riferimento per l’incremento della motivazione è rappresentato dal modello “TARGET”, che rappresenta l’acronimo di alcuni termini inglesi su cui focalizzare l’attenzione. Il modello lavora sulla motivazione intrinseca e orientata alla competenza.
  • T Task (compito): compiti vari, diversificati e significativi per ogni atleta. Assegnare ad ogni soggetto lo stesso compito potrebbe provocare atteggiamenti di sfida e rivalità, l'orientamento si sposterebbe verso la prestazione e il risultato. Puntare ad assegnare compiti diversi o aspetti diversi di uno stesso compito, rende meno dipendenti dal confronto sociale e più orientati all'acquisizione di competenza personale.
  • A Authority (autorità): coinvolgimento degli atleti  nelle scelte. [NB: la scelta deve avvenire tra opzioni equivalenti, non tra un compito facile e uno difficile. Si può lasciare libera scelta rispetto all'aspetto su cui focalizzarsi.]
  • R Recognition (riconoscimenti): esprimere apprezzamenti ed incoraggiamenti, rinforzare gli atteggiamenti e i comportamenti positivi. E' importante che essi siano espressi in modo realistico e non come pure formalità. Meglio se esternati all'atleta in privato, piuttosto che pubblicamente. In tale caso potrebbero attivare confronto sociale. Rivolti al singolo incrementano invece i sentimenti di orgoglio e soddisfazione
  • G Grouping (gruppi): utilizzare il lavoro di gruppo, favorire la collaborazione e la cooperazione. creare gruppi eterogenei e con criteri flessibili, in modo che a seconda del compito richiesto i soggetti possano facilmente passare da un gruppo all'altro. Si evita il formarsi di gruppi stabili, che potrebbero competere tra loro.
  • E Evalutation (valutazione): fornire indicazioni , giudizi e critiche. Le valutazioni devono rispecchiare criteri individuali, personalizzati per ciascun atleta. Tengono conto dei miglioramenti, della partecipazioni e dell'impegno. Anche in questo caso è bene esprimerli in privato piuttosto che di fronte ai compagni.
  • T Time (tempo): stabilire e considerare tempi diversi, personalizzati per ciascun atelta. Alcuni necessitano di un tempo maggiore di altri per apprendere. Sollecitare una gestione autonoma del tempo e delle attività, piuttosto che aderire a programmi prestabiliti di marcia.
La motivazione è certamente un elemento chiave per l’avvicinamento alla pratica sportiva, l’apprendimento di gesti tecnici e la prestazione ottimale. Tuttavia occorre tener presente che la motivazione non è l’unica variabile ad incidere sul comportamento. Nel valutare i risultati dell’attività fisica e la ricerca o meno della pratica sportiva, bisogna tener conto anche di fattori fisiologici, sociali, medici, economici.


Bibliografia:
Maslow, Abraham H., Verso una psicologia dell’essere. Roma: Astrolabio-Ubaldini, 1971.
Maslow, Abraham H., Teoria della motivazione umana. Milano: Pirelli, 1973.
Maslow, Abraham H., Motivazione e personalità. Roma: Armando, 1973-
https://www.psychologytoday.com/intl/blog/positively-media/201111/social-networks-what-maslow-misses-0
https://www.psicologidellosport.it/motivazione-nello-sport/

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