SPOT PALATINO, DEGLUTIZIONE E SEROTONINA






Lo SPOT linguale è una zona circoscritta precisa, situata in prossimità della prima ruga palatina, nella zona retro-incisivale nella parte mediana del palato superiore. Questo punto è facilmente riconoscibile da uno “scalino” determinato dalla prima ruga presente sul palato immediatamente dietro gli incisivi.

Il nervo naso-palatino emerge nel processo palatino attraverso il foro incisivo situato immediatamente dietro gli incisivi a cavallo della sutura palatina mediana.

Su queste basi scientifiche lo stimolo della lingua allo spot linguale all’eminenza del nervo naso palatino causerebbe il rilascio di neurotrasmettitori lungo la seconda branca del nervo trigemino che, lungo il trigemino stesso, raggiungerebbe il Locus coeruleus.
Locus coeruleus o punto blu, è un nucleo situato nel Tronco encefalico tra il mesencefalo e ponte di Varolio, Il suo nome deriva dalle parole latine "coeruleus" e "locus"; è anche chiamato "punto blu" per la sua colorazione tendente all'azzurro, dovuta ai granuli di melanina al suo interno che conferiscono un colore blu. E' all'origine della maggior parte delle azioni della noradrenalina nel cervello, ed è coinvolto nelle risposte a stress e panico. Studi hanno dimostrato che gli stimoli sensoriali (olfatto, udito, vista, gusto e tatto) accelerano l’eccitazione dei neuroni del locus coeruleus. Questa zona del cervello è anche strettamente collegata al sonno REM.

Il Locus coeruleus è il sito principale per la sintesi della noradrenalina nel cervello, ed è formato per lo più da neuroni di medie dimensioni. Negli esseri umani adulti (19-78 anni) il locus coeruleus ha dai 22.000 ai 51.000 neuroni di dimensioni tra 31.000 e 60, 000 μm3. Esso rilascia noradrenalina quando una serie di cambiamenti fisiologici sono attivati da un evento. La noradrenalina dal Locus coeruleus ha un effetto eccitatorio sulla maggior parte del cervello, attivando l'eccitazione e l'innesco dei neuroni. Le connessioni nervose di questo nucleo raggiungono il midollo spinale, il tronco cerebrale ,il cervelletto , l'ipotalamo, i nuclei relay del talamo , l' amigdala , la base del telencefalo , e la corteccia cerebrale.

Attraverso le connessioni con la corteccia frontale e la corteccia temporale, il talamo e l'ipotalamo, il Locus Coeruleus è coinvolto nella regolazione dell' attenzione, ciclo sonno-veglia, nell'apprendimento e nella percezione del dolore, nella genesi dell'ansia e nella regolazione dell'umore.
Normalmente, quando qualcuno è sereno, in una condizione di non stimolazione, l'eccitazione dei neuroni nel locus coeruleus è minima. Un nuovo stimolo, una volta percepito, si trasmette dalla corteccia sensoriale del cervello, attraverso il talamo, al tronco cerebrale. L'itinerario di segnalazione aumenta il tasso di attività noradrenergica nel locus coeruleus e la persona diventa attenta e ipervigilante sull'ambiente. Se lo stimolo è percepito come minaccia, una scarica più intensa e prolungata del locus coeruleus attiva il contingente simpatico del sistema nervoso autonomo (Thase & Howland, 1995).

Il locus ha una duplice funzione di fine regolazione: una destinata alle aree prefrontali un'altra destinata al sistema endocrino e al sistema neurovegetativo: in particolare la noradrenalina del Locus Coeruleus assicura una corretta funzionalità dell'Asse Ipofisi-Surrene e un adeguato "equilibrio" funzionale tra sistema ortosimpatico e sistema simpatico. A normali livelli di attività del Locus Coeruleus l'Area Prefrontale è in grado di controllare in modo ottimale l'Asse Ipofisi-Surrene e l'equilibrio tra Sistema Vegetativo Simpatico e Parasimpatico: a livelli inferiori alla norma dell'attività del Locus Coeruleus, l'Area Prefrontale diviene bioelettricamente eccitata ed eccitabile oltre la norma, e non riesce più a stabilizzare e contenere adeguatamente la funzione delle ghiandole midollari surrenali e del sistema vegetativo simpatico.


Correlazione tra deglutizione e serotonina

Su queste basi scientifiche lo stimolo della lingua allo spot linguale attraverso ( recettori tattili situati nella sottomucosa orale e linguale), all’eminenza del nervo naso palatino causerebbe il rilascio di neurotrasmettitori lungo la seconda branca del nervo trigemino che, lungo il trigemino stesso, raggiungerebbe il Locus coeruleus.
Una volta stimolato il Locus Coeruleus rilascerà noradrenalina che, lungo le proiezioni assonali, raggiungerà la corteccia prefrontale e alcuni organi specifici situati all’estremità posteriore del 3° ventricolo; qui, attraverso fasci nervosi pari simmetrici detti peduncoli epifisari, raggiunge la ghiandola pineale o epifisi.
All’interno della ghiandola pineale, così stimolata, verrà prodotto un neurotrasmettitore chiamato serotonina che per N-acetilazione e ossi-metilazione produrrà la melatonina che verrà rilasciata nel sangue. Una deglutizione errata, non posizionando la lingua sullo spot linguale, causa un’alterata stimolazione nervosa. La mancata spinta della lingua allo spot determina un ridotto apporto di stimoli nervosi lungo la seconda branca del nervo trigemino. Lo stimolo non raggiungendo il Locus Coeruleus comporta una ridotta liberazione di noradrenalina che comporterà, a monte, l’assenza di stimolo all’epifisi che sintetizzerà e rilascerà meno serotonina.
La melatonina può svolgere un ruolo nella patogenesi della scoliosi (ipotesi neuroendocrina), ma per il momento, i dati disponibili non mostrano chiaramente il ruolo della melatonina nella produzione di scoliosi negli esseri umani.


Concludendo questo discorso si può sostenere (ma ancora tutto da verificare) che una anormale stimolazione dello spot linguale può interferire sulla secrezione e metabolizzazione della serotonina a livello della ghiandola pineale; questa alterazione causa uno stimolo abnorme sul locus coeruleus che, essendo deputato anche al controllo motorio, invierebbe segnali non del tutto corretti attraverso le sue proiezioni assonali nervose e, attraverso il midollo spinale raggiungendo i muscoli paraspinali laterali, causare uno sviluppo asimmetrico della colonna vertebrale e portando così allo sviluppo di una scoliosi.
La deglutizione è, insieme alla respirazione, l’evento più caratterizzante della vita ma gli atti per la deglutizione cominciano molto più precocemente, già alla fine del terzo mese di vita endouterina tredicesima settimana) e continuano per tutta la gravidanza, con scopi ben diversi da quello alimentare: Le trazioni esercitate dalle inserzioni dei muscoli sul periostio, le pressioni esercitate dai ventri muscolari sul supporto osseo hanno la funzione fondamentale di modellare la struttura del massiccio cranio-facciale.
L’ingerire circa 1500 ml di liquido amniotico ogni ventiquattro ore permette la maturazione della funzione renale, l’effetto globale della azione muscolare partecipa a stimolare lo sviluppo delle strutture nervose intra-craniche.
L’allenamento lungo circa sei mesi della lingua nel suo movimento permette di poter affrontare con sufficiente sicurezza l’alimentazione dopo il parto. Ci sono molti studi che hanno evidenziato l’importanza di una corretta deglutizione, conseguente ad un allattamento adeguato, per lo sviluppo psico-motorio e della intelligenza del neonato , tuttavia il movimento deglutitorio è abbastanza complesso, coinvolgendo direttamente almeno 44 muscoli. Solo circa sei mesi dopo la nascita l’atto deglutitorio diventerà immutato.


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Estratto della terapia mio funzionale dott A.Ferrante




AUTORE:
 Gerardo Mattia Grimaldi

 

- Chinesiologo e personal trainer posturologo, studente specializzando in posturologia clinica presso l’università Federico II di Napoli


- Responsabile tecnico centro fitness specializzato in attività fisica individuale con metodo EMS 

ALLENAMENTO NELLA SARCOPENIA




L’invecchiamento è un fenomeno complesso che si manifesta in modo diverso in ciascun individuo ed è fortemente legato alle interazioni tra caratteristiche genetiche, ambientali, comportamentali e demografiche.
La SARCOPENIA è una condizione tipica dell’invecchiamento e consiste in una riduzione della massa e della funzione muscolare che porta ad una perdita dei livelli di forza, un aumento della disabilità e della morbilità nelle popolazioni adulte - anziane.

Tra i 20-30 anni si raggiungono i massimi livelli di massa e forza muscolare, dopodiché tendono progressivamente a ridursi con un maggiore decremento dopo i 60 anni, che diventa ancora più marcato dopo gli 80 anni; la perdita di massa muscolare si concentra negli arti inferiori. Questa riduzione dei livelli di forza è attribuibile ad una combinazione di meccanismi, principalmente legati a inattività fisica, sintesi proteica compromessa, infiammazione cronica, ridotto stato nutrizionale, modificazioni del sistema nervoso, atrofia muscolare, ridotto numero di unità motore, modificazioni enzimatiche, alterata contrattilità muscolare, ed altri fattori.
Il Gold Standard per la diagnosi della SARCOPENIA è la DEXA, ma è possibile rilevare una debolezza muscolare anche attraverso semplici test da eseguire. L’hand-grip test, ad esempio, indica che valori < 26 kg negli uomini e < 16 kg nelle donne sono fortemente correlati a limitazioni della mobilità, all’aumento del rischio di disabilità e di mortalità. Ancora di più della riduzione dei livelli di forza, Il declino della potenza muscolare porta a una ridotta capacità di svolgere attività quotidiane; inoltre la debolezza muscolare ha una serie di esiti negativi sulle patologie dell’età correlate, tra cui diabete, disabilità, declino cognitivo, osteoporosi.
Questo andamento può essere rallentato o addirittura invertito tramite l’attività fisica la quale, se ben strutturata, interviene sulla composizione corporea e su altre funzioni che portano a un declino dei livelli di forza.
Gli adulti più anziani che conducono uno stile di vita sano e che svolgono regolarmente esercizio fisico, hanno maggiori probabilità di rimanere in salute, di essere indipendenti, di avere una migliore qualità della vita e di conseguenza gravare meno sul sistema sanitario.   
Gli esercizi aerobici, di forza, di equilibrio, di flessibilità dovrebbero essere inseriti in un programma di  allenamento come prevenzione o trattamento  della fragilità.  Attenzione però a non esagerare con l’allenamento di tipo aerobico che potrebbe portare a una riduzione della sintesi proteica. L’enfasi dell’allenamento dovrebbe essere posta su esercizi di forza ed equilibrio!

ALLENAMENTO DI FORZA
L’allenamento di forza stimola la produzione di ormoni anabolici come il GH, aumentando così la sintesi proteica (che riequilibra lo sbilanciamento tra catabolismo e anabolismo a favore di quest’ultimo), inoltre può rallentare i processi degenerativi legati all’età nella mobilità funzionale, preservare la densità ossea, migliorare la velocità di andatura, dell’equilibrio statico e dinamico e del rischio di cadute. L’allenamento di forza riduce il declino fin oltre i 60 anni e permette prestazioni superiori a quelle di giovani non allenati.
 Il programma di allenamento deve essere “cucito su misura” e per questo sono necessarie 1-2 settimane di condizionamento per familiarizzare con gli esercizi, seguito da una prima valutazione sulla quale verrà impostato il programma di allenamento per le successive settimane. Alla fine di ogni ciclo di lavoro verrà eseguita una valutazione per capire se si sta procedendo nella giusta direzione.  Gli allenamenti pertanto vanno costantemente monitorati, supervisionati e corretti in itinere.
Al fine di promuovere una maggiore forza massima e incremento delle dimensioni dei muscoli, l’allenamento di forza dovrebbe essere eseguito con la frequenza di 3 sedute a settimana con 2-3 serie di esercizi da 8-12 ripetizioni per gruppo muscolare, con un’intensità iniziale del 20-30% che può arrivare fino all’80% di 1RM. Il numero preciso di ripetizioni dipende dal carico utilizzato e deve essere regolato di conseguenza, considerando che le ripetizioni ad esaurimento non sono necessarie per ottimizzare gli adattamenti neuromuscolari. Un esercizio multi articolare dovrebbe essere svolto per i principali gruppi muscolari, si ottengono migliori risultati sugli arti inferiori con 2 esercizi multi articolari.
Alcuni studi hanno osservato come i sollevatori di pesi di 85 anni presentavano una potenza simile a soggetti di 65 sedentari, mostrando un vantaggio di circa 20 anni grazie ad un costante allenamento di forza. E’stato dimostrato che adulti-anziani (media 68 anni), che si allenavano da più tempo con programmi di forza hanno caratteristiche muscolari simili a quelle degli adulti di 40 anni più giovani. Sono stati osservati ottimi risultati anche con un programma di allenamento di forza in anziani precedentemente sedentari: quest’ultimi dopo 7 anni dalla fine del programma di allenamento possedevano ancora valori di forza maggiori rispetto ai coetanei sedentari, nonostante un simile tasso di declino di forza.
In sintesi si può affermare che adulti-anziani che eseguono allenamento di forza a lungo termine, nonostante il declino legato all'età, preservano la forza muscolare, la potenza, la massa e la funzione.
L’ ALLENAMENTO DI FORZA E INFIAMMAZIONE CRONICA
L’ infiammazione cronica spesso accompagna l'invecchiamento e si ritiene che contribuisca meccanicamente alla perdita della massa e della funzione dei muscoli scheletrici. L'allenamento di forza a lungo termine sembra migliorare l'infiammazione; In particolare, allenamento con un numero di esercizi > 8, una frequenza settimanale di 3 volte a settimana e una durata ≥12 settimane, hanno mostrato una riduzione dell'infiammazione. Questo risultato probabilmente è dovuto da un aumento dei livelli di massa muscolare, suggerendo così che l'allenamento di forza può essere una modalità importante di esercizio fisico per contrastare i cambiamenti legati all'età nella funzione neuromuscolare.

ALLENAMENTO DI POTENZA
Per potenza si intende la capacità di spostare un peso il più velocemente possibile, infatti è espressa come il prodotto tra forza e velocità (concentrica). La potenza muscolare diminuisce più rapidamente con l’avanzare dell’età ed è più strettamente legata alle limitazioni funzionali rispetto alla sola forza muscolare. Infatti la capacità di eseguire le attività della vita quotidiana (ADL) dipende dalla capacità di esprime forza in un tempo breve, piuttosto che esercitare la forza massima.  L’allenamento di potenza consiste in esercizi a basse-moderate intensità (dal 30 al 60%1RM) eseguiti alla massima velocità. Per ottimizzare la potenza erogata durante le serie ed evitare l'affaticamento muscolare, le ripetizioni non devono essere eseguite fino a esaurimento concentrico, in quanto l’affaticamento muscolare può comportare rischi per la sicurezza e non è necessario per le risposte adattative. E’ importante considerare che prima di progredire in carico, velocità o intensità, è necessario avere un buono stato di forma fisica e un’adeguata familiarità con il gesto tecnico da eseguire. È controindicato l’allenamento di forza esplosiva a soggetti con grave osteoartrite.
Poiché esiste una discordanza tra l'entità degli adattamenti neuromuscolari indotti dall'allenamento di forza esplosiva a intensità moderata e l'allenamento di forza tradizionale ad alta intensità, entrambi i tipi di allenamento sono raccomandati e dovrebbero essere combinati durante un programma di allenamento di forza per il miglioramento delle capacità funzionali.                                                                      Un programma di allenamento di dodici settimane, nel quale è incluso l'allenamento di forza esplosiva, ha dimostrato di migliorare la potenza muscolare (96-116%), la forza (24-144%), la sezione trasversa del muscolo, nonché i risultati funzionali e la performance (7–58%).

CONCURRENT TRAINING
Un programma di allenamento negli anziani che include esercizi di forza, potenza e resistenza sembra essere la strategia più efficace per contrastare il declino della massa muscolare, della forza, della funzionalità cardiorespiratoria, della funzione neuromuscolare e della capacità funzionale.                                                                I protocolli di concurrent training dovrebbero essere eseguiti 2-3 volte a settimana, una frequenza più bassa, ad esempio 1 sessione alla settimana di forza e 1 sessione alla settimana di allenamento di resistenza come il ciclismo, può promuovere lo stesso marcati cambiamenti neuromuscolari e cardiovascolari negli anziani non allenati. Nel caso in cui sia l'allenamento di forza che quello di resistenza vengano eseguiti nello stesso giorno, si possono ottenere maggiori livelli di forza con l’esecuzione di esercizi di forza prima degli esercizi di resistenza.
Nel concurrent trainining è importante inserire di esercizi di allenamento funzionale per un ulteriore miglioramento nella prestazione delle ADL. L'allenamento funzionale si concentra su movimenti multi articolari complessi e dinamici e incorpora variazioni per far progredire la propria capacità funzionale di eseguire una determinata attività della vita quotidiana, richiedendo negli esercizi schemi di movimento simili a quelli dell'ADL e dei movimenti quotidiani. L'allenamento funzionale può essere eseguito attraverso esercizi di forza dinamica basati sull'equilibrio per migliorare la forza funzionale della parte inferiore del corpo, aggiungendo peso ai movimenti funzionali quotidiani o praticando movimenti funzionali a velocità diverse. È stata inoltre utilizzata una combinazione di attività di equilibrio e coordinamento, come la pratica di un compito ADL in una posizione che sfida l'equilibrio. Come l'allenamento progressivo di forza, anche gli esercizi di allenamento funzionale, l'intensità e scelta degli esercizi dovrebbero essere personalizzati in base alle capacità di una persona

KETTELBELL TRAINING
Un recente studio ha osservato miglioramenti in termini di massa muscolare, d’infiammazione e di picco del flusso espiratorio in donne sarcopeniche di età compresa tra i 65 e i 75 anni con un programma di kettlebell training di 8 settimane, con due sessioni di allenamento da 60’ a settimana; inoltre questi miglioramenti vengono mantenuti nelle seguenti 4 settimane di de training.

RISCHIO CADUTE
Le cadute sono un pericolo comune nella popolazione adulta-anziana e, soprattutto in soggetti fragili, possono causare fratture e lesioni gravi con conseguente dolore cronico e/o disabilità.                                                                     
I maggiori effetti relativi dell'esercizio sui tassi di caduta sono stati osservati in programmi che includevano un maggior volume di esercizi ed esercizi di equilibrio.        Diversi studi hanno dimostrato l'importanza di inserire esercizi di   forza e multi articolari per ridurre la vulnerabilità alle cadute, quindi prevenire disabilità, morbilità e morte. Programmi di allenamento progressivo di forza che includono esercizi sia a corpo libero che con macchinari per tutto il corpo, inclusi esercizi in piedi a catena cinetica chiusa, come squat e split squat, sono efficaci nel migliorare l'equilibrio statico.  Inoltre, i programmi che sfidano l'equilibrio con esercizi che includono stimoli diffenti, come stare in stazione eretta con i piedi uniti, camminare lungo una linea, camminata tandem, esercizi in monopodalica, stepping, trasferimento del peso da una gamba all’altra, hanno dimostrato i maggiori effetti nella prevenzione delle cadute.     È consigliato per gli anziani a rischio cadute, quindi in particolare per soggetti con fragilità, una progressione di allenamento con approccio iniziale su esercizi di forza ed equilibrio.

BENESSERE PSICOSOCIALE
Con l'invecchiamento, si ritiene che uno stile di vita sedentario e la perdita di massa e forza muscolare, quindi un peggioramento della propria forma fisica, contribuisca alla depressione. È stato dimostrato che la depressione è associata a compromissione del funzionamento, aumento della morbilità, mortalità e demenza.  Allenamenti di forza programmati correttamente portano una varietà di benefici per la salute psicologica degli anziani.  L'allenamento di forza ha dimostrato di offrire un'efficacia antidepressiva simile ai trattamenti farmacoterapici standard per gli adulti- anziani con depressione. Inoltre può mitigare i problemi comportamentali come disturbi sociali, difficoltà di comunicazione, cura di sé e confusione associati a stadi avanzati di demenza.
In sintesi, l'allenamento di forza eseguito 2-3 volte a settimana, ad intensità da moderata ad elevata, porta ad un miglioramento del buon umore, benefici psicosociali, migliore immagine di sé e quindi una migliore qualità della vita

CONCLUSIONE

Sebbene sia stato dimostrato che gli interventi di allenamento di forza promuovano marcati miglioramenti della funzione neuromuscolare, i programmi di allenamento che comprendono esercizi di forza, di potenza di equilibrio e di resistenza (in minore percentuale) sembrano portare maggiori miglioramenti complessivi in soggetti adulti-anziani nella prevenzione e trattamento della SARCOPENIA. Questo tipo di intervento infatti stimola diverse componenti della salute fisica, come l’aumento di massa muscolare, di forza, della fitness cardio-respiratoria, dell’equilibrio, una riduzione del rischio di cadute. La tabella 1 fornisce una sintesi programmi di allenamento per adulti-anziani fragili.



ALLENAMENTO DI FORZA
2-3 VOLTE ALLA SETTIMANA
3 X 8-12 RIPETIZIONI
INTENSITA’ CHE PARTE 20-30%1RM FINO 80%1RM
ALLENAMENTO DI POTENZA
ESERCIZI AD ALTA VELOCITA’ A BASSE-MODERATE INTENSITA’ (30-60%1RM)
ALLENAMENTO FUNZIONALE
ESERCIZI CON SIMULAZIONE DELLE ADL, COME ALZARSI E SEDERSI DALLA SEDIA.

ALLENAMENTO AEROBICO
PUO COMPRENDERE CAMMINATA CON CAMBIAMENTI DI RITMO, STEP UPS, SALIRE LE SCALE E LA BIKE STAZIONARIA.
INTENSITA’ 12-14 SCALA DI BORG
ALLENAMENTO DI EQUILIBRIO
INCLUDE DIVERSI STIMOLI DI ESERCIZI, COME CAMMINARE LUNGO  UNA LINEA, CAMMINATA TANDEM, ESERCIZI IN MONOPODALICA, STEPPING, TRASFERIMENTO DEL PESO DA UNA GAMBA ALL’ALTRA…



Hung-Ting Chen , Huey-June Wu  et al “Effetti dell'allenamento con kettlebell di 8 settimane sulla composizione corporea, la forza muscolare, la funzione polmonare e l'infiammazione cronica di basso grado nelle donne anziane con sarcopenia”


Fragala, Maren S,  Cadore, Eduardo L  et al “Resistance Training for Older Adults” Position Statement From the National Strength and Conditioning Association





NERVO TRIGEMINO, INFIAMMAZIONE, DOLORE DENTALE E MAL DI TESTA: RUOLO ATTIVO DELL’ ESERCIZIO FISICO NELLE CEFALEE


Il 5° paio dei nervi encefalici è rappresentato dal nervo trigemino, il più voluminoso . È così chiamato in quanto la sua distribuzione periferica ha luogo attraverso le 3 branche in cui si divide: nervo oftalmico, nervo mascellare e nervo mandibolare. È un nervo misto costituito da un contingente maggiore di fibre sensitive somatiche e da un minor numero di fibre motrici somatiche. Le due componenti emergono spontaneamente dal nevrasse come radici distinte di cui la radice sensitiva è più voluminosa di quella motrice. Le due radici conservano la loro individualità dal punto di emergenza fino all’origine delle 3 branche.
La componente sensitiva somatica, contenuta nella radice sensitiva del trigemino, ha origine nel voluminoso ganglio semilunare del Gasser.

I protoneuroni pseudounipolari del ganglio inviano il loro prolungamento centrale al nucleo sensitivo principale (pontino) e al nucleo della radice discendente (bulbospinale). 
Il prolungamento periferico, invece, va nelle 3 branche del trigemino; per mezzo di questi ultimi, le fibre raccolgono stimoli sensitivi esterocettivi dalla cute della faccia e dalla mucosa congiuntivale, della bocca e del naso. 

È dubbia, invece, la provenienza di stimoli propriocettivi dai muscoli estrinseci dell’occhio, dai muscoli mimici e dagli alveoli dentali. La sensibilità propriocettiva dei muscoli masticatori e quella proveniente dai muscoli mimici e dai muscoli estrinseci dell’occhio sono raccolte da fibre i cui protoneuroni non sono nel ganglio semilunare ma si trovano annessi al nucleo sensitivo mesencefalico; questi ultimi neuroni hanno il significato di cellule gangliari.
La componente motrice somatica origina dal nucleo masticatorio del trigemino, emerge dal ponte con la piccola radice motrice, supera il ganglio semilunare e passa per intero nella banca mandibolare. 
Si distribuisce ai muscoli masticatori, al muscolo del martello, al muscolo tensore del velo del palato, al muscolo miloioideo e al ventre anteriore del muscolo digastrico. 

Alle 3 branche del nervo trigemino si trovano annessi diversi gangli parasimpatici: il ganglio ciliare, il g. sfenopalatino, i gg. sottomandibolare e sottolinguale e il g. otico, ai quali giungono fibre pregangliari da altri nervi encefalici. Le fibre postgangliari che nascono dai suddetti gangli raggiungono i relativi distretti di innervazione unendosi ai rami delle 3 branche del nervo trigemino. Il nervo trigemino emerge dalla superficie ventrale del ponte, al limite con il peduncolo cerebellare medio. All’emergenza sono chiaramente distinguibili la radice sensitiva, voluminosa e un poco appiattita e quella motrice, piccola e cilindrica. 
Le due radici del nervo si dirigono insieme in avanti e in alto e, superato l’apice della rocca petrosa del temporale, perforano la dura madre e penetrano nel cavo del Meckel, una cavità delimitata da uno sdoppiamento della dura madre encefalica che appoggia sull’apice della rocca petrosa del temporale e, in avanti, sulla lamina fibrocartilaginea che chiude il foro lacero anteriore.

Nella cavità del Meckel è accolto il ganglio semilunare, una formazione appiattita con il margine concavo volto in alto e in dietro e il margine convesso che guarda in basso e in avanti. Al margine concavo, posteriore, giungono la radice sensitiva e quella motrice del trigemino; la radice sensitiva continua direttamente nel ganglio, quella motrice passa sotto al ganglio, senza penetrarvi, e prosegue quindi nella branca mandibolare.
Dal margine convesso, anteriore, del ganglio si staccano le 3 branche del trigemino: in alto e medialmente il nervo oftalmico, al centro il nervo mascellare, in basso e in fuori il nervo mandibolare.

Il dolore dentale è il dolore acuto più comune che si presenta nella regione orofacciale; tuttavia, anche le condizioni di dolore cronico sono frequenti e comprendono: disturbi dell'articolazione temporo-mandibolare (ATM), mal di testa primario (dolore neurovascolare), neuropatia trigeminale post-traumatica dolorosa (PPTTN) e dolore meno comunemente riferito e condizioni di dolore idiopatico o centralizzato. 

Tutte queste condizioni possono imitare il mal di denti e viceversa. Molte di queste condizioni sono comorbide con alti livelli di tensione mal di testa ed emicrania segnalati in pazienti con ATM; 
A causa della presentazione variabile del mal di denti, che può imitare molti diversi dolori cronici tra cui: dolore lancinante episodico di emicrania, dolore sordo continuo di ATM miofasciali e artrogeni o dolore facciale centralizzato, la diagnosi può essere complessa.

 Il dolore nevralgico si verifica nella dentatura in salute e con la malattia, imitando condizioni come PPTTN, nevralgia del trigemino e cefalalgie autonome del trigemino.

Il dolore neuropatico trigemino è una condizione di dolore cronico causata da danni o infiammazione del nervo trigemino o dei suoi rami, con disfunzione del sistema nervoso periferico e centrale che contribuisce al disturbo. Le condizioni del dolore trigemino presentano sfide diagnostiche e terapeutiche per gli operatori sanitari e spesso richiedono approcci terapeutici multipli per la riduzione del dolore.

Vediamo la relazione fra infiammazione con nevralgia del trigemino


La nevralgia del trigemino (TN) è una malattia nervosa cranica comune. L'infiammazione è suggerita in molti studi recenti di essere coinvolta nel dolore neuropatico, ma il suo ruolo nel TN rimane finora poco chiaro. 
Pertanto, l'attuale studio mirava a esplorare il rapporto di infiammazione con TN.

Metodi:
I livelli di marker infiammatori, come globuli bianchi (WBC), neutrofili (NE), linfociti (LY), monociti (MO), piastrine (PLT) e albumina (ALB), nonché il rapporto neutrofili / linfociti ( NLR), NLR derivato (dNLR), rapporto piastrinico / linfocitario (PLR), rapporto monocita / linfocita (MLR) e indice nutrizionale prognostico (PNI) sono stati confrontati tra pazienti TN e controlli sani mediante test non parametrici. Inoltre, sono stati impiegati molteplici modelli di regressione logistica per valutare le associazioni di marcatori infiammatori con TN. Inoltre, è stata tracciata la curva delle caratteristiche operative del ricevitore (ROC) per analizzare i valori di questi creatori infiammatori, nonché le loro combinazioni corrispondenti nella diagnosi di TN.

Risultati:
I livelli di WBC, NE, MO, NLR, dNLR e MLR nei pazienti con TN erano evidentemente aumentati in combinazione con quelli nei soggetti normali. Inoltre, i modelli di regressione logistica multivariata hanno dimostrato che l'infiammazione aveva una stretta correlazione con TN. Nel frattempo, i valori dell'area sotto la curva (AUC) per NE, NLR e dNLR, nonché quelli per le combinazioni corrispondenti di NLR + PLR, NLR + PNI, dNLR + NLR e dNLR + PLR in TN erano> 0,7, che potrebbe avere un valore predittivo per TN rispetto a quelli per soggetti normali.

Conclusioni:
I risultati di questo studio rivelano che l'infiammazione avrebbe potuto svolgere un ruolo vicino e importante nella progressione e nell'eziologia del TN.
Possiamo dire in conclusione che spesso riscontriamo dolori dentali o forti mal di testa e non sappiamo a cosa sono dovuti, molte volte è proprio il nervo trigemino a determinare tale situazione.
Se sottoposto ad un’ infiammazione e tale viene sottovalutata si insorge a complicazioni come la nevralgia del trigemino, che a sua volta provoca ulteriori problematiche.

Ruolo dell’attività fisica nel mal di testa:

Quando lo sport è causa di mal di testa?
I mal di testa possono essere frequenti per chi fa sport e, in particolare, per:
giocatori di calcio, rugby e football americano: nei casi peggiori, possono capitare traumi alla testa che possono causare la perdita di coscienza ma tendono a risolversi nel giro di poche ore;
nuotatori: il rischio è di compressione del cranio, per esempio a causa della cinghia degli occhiali;
sub: l’aumento della pressione sotto a una certa profondità può portare a un aumento della concentrazione di anidride carbonica e, quindi, mal di testa;
scalatori: la cefalea si presenta di solito quando si raggiungono altezze dai 1200 ai 1800 metri;
sollevatori di pesi: in questo caso il mal di testa è causato dallo sforzo, durante il quale aumenta la pressione sanguigna che porta più sangue verso la testa. Il dolore può essere molto lancinante e può durare da pochi minuti a 24 ore.

Cosa accade? L’esercizio fisico può scatenare l’attacco di emicrania quando comporta un aumento brusco ed elevato di citochine infiammatorie, ossia di sostanze che aumentano il microincendio biologico sia a livello tissutale, causando dolenzia o franco dolore muscolare e/o articolare, sia a livello cerebrale, aumentando la neuroinfiammazione, che sottende anche l’attacco emicranico. L’aumento brusco ed elevato delle citochine si verifica più frequentemente:
- quando il soggetto fa sport al di sopra del proprio livello di allenamento per intensità e/o durata (per esempio, la persona non fa attività fisica durante la settimana e fa sport ad alta richiesta di prestazione la domenica);
- quando lo fa in condizioni ambientali stressanti: perché la temperatura è troppo fredda o troppo elevata, o in contesti troppo affollati o ansiogeni;
- quando lo fa durante le mestruazioni, perché in tal caso l’infiammazione associata all’attività fisica eccessiva si somma a quella provocata dalla caduta premestruale degli estrogeni e del progesterone (responsabile dei molti e diversi sintomi mestruali);
- quando fa sport con esercizi (in particolare saltelli, pesi o trazioni sulle braccia) che aumentino il rischio di microtraumi e/o di contrattura dei muscoli paravertebrali nella regione cervicale, e/o del cingolo scapolare.


Quando lo sport aiuta a combattere il mal di testa?
Lo sport, però, non solo può causare mal di testa ma può anche aiutare a contrastarlo.
Non tutti, sia chiaro. Infatti, meglio evitare attività pesanti che richiedono sforzi eccessivi e prolungati (sollevamento pesi, body building, boxe e competizioni agonistiche).
È indicata, invece, una vasta gamma di attività fisiche che possono aiutare a prevenire la cefalea:
aerobica: pilates e yoga possono alleviare i primi sintomi del mal di testa. Agiscono sul sistema nervoso vegetativo, grazie al lavoro su postura e respirazione, togliendo sensibilità al dolore nel sistema nervoso;
corsa: non solo quest’attività allena il corpo ma allenta lo stress e la tensione muscolare, rilasciando endocrine che agiscono da antidolorifico naturale;
nuoto: irrobustisce i muscoli dorsali e cervicali e aiuta una postura corretta che può prevenire mal di testa muscolo - tensivo;
andare in bicicletta: si tratta di un mezzo che mette in circolo una serie di sostanze che possono essere paragonati ad antidolorifici naturali.




Referenze:

- medicinapertutti.it “anatomia, sistema nervoso, sistema nervoso periferico” Nervo Trigemino 12/03/2020

- Department of Physiology & Monash Biomedicine Discovery Institute, Monash University, Melbourne, VIC 3800, Australia

-Tooth-Related Pain or Not?
Renton T. Headache. 2019.
© 2019 American Headache Society.

- Yao, Yuzhi MD*; Chang, Bowen MD, PhD; Li, Shiting MD, PhD
doi: 10.1097/SCS.0000000000005879

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MALATTIA DI OSGOOD - SCHLATTER E ATTIVITA' SPORTIVA IN ETA' ADOLESCENZIALE







L’apofisite tibiale anteriore conosciuta anche come malattia di Osgood-Schlatter, è una delle più comuni cause di dolore al ginocchio in età adolescenziale. L’insorgenza del dolore avviene durante l’accelerazione della crescita, tra i 10-15 anni per il sesso maschile e tra gli 8-13 anni per il sesso femminile, e colpisce più frequentemente soggetti che praticano sport in cui prevalgono le azioni di salto, come la corsa, il calcio, la pallacanestro, la pallavolo, la ginnastica, ecc.

L’insorgenza di questa malattia è molto più frequente nel sesso maschile e generalmente colpisce un solo arto, ma può a sua volta colpire entrambe le ginocchia. Ci sono altri fattori che favoriscono l’insorgenza di questo morbo, tra cui il peso corporeo, la tensione muscolare, la debolezza muscolare durante l'estensione del ginocchio e la flessibilità dei muscoli posteriori della coscia.
Il dolore provocato ha origine nella zona rotulea dell’arto, causato da uno stiramento del tendine rotuleo nel punto i cui si inserisce sulla tibia; tutto questo avviene poiché la crescita ossea dell’adolescente supera la capacità del muscolo e dei suoi tendini di sviluppare forza e di stirarsi il più possibile, causando un’eccessiva tensione sull’estremità della tibia (zona rotulea) provocando l’insorgenza del dolore. Il dolore si presenta quando si ha una contrazione del muscolo quadricipite o una pressione su di esso; in casi più gravi, il dolore è presente anche a riposo ed aumenta con l’attività fisica; i sintomi tendono a scomparire intorno ai 15-16 anni con la maturazione scheletrica.

A volte possono essere utili alcuni esami strumentali come RM, che può rilevare il rigonfiamento dei tessuti molli, e la radiografia, per rilevare se vi è un distacco osseo o un evento traumatico a carico del ginocchio.
Il trattamento per il morbo di Osgood -Schlatter è di tipo conservativo, di solito guarisce spontaneamente; il riposo, la riduzione o l’assoluta assenza di attività sportiva è il principale tipo di trattamento, così da evitare l’acutizzazione del dolore. L'allungamento dei tendini del ginocchio e gli esercizi di stretching della catena muscolare posteriore e di rinforzo del quadricipite possono essere un utile complemento. In rari casi l'escissione chirurgica, dei frammenti ossei, o per rimediare ad un distacco osseo, può dare buoni risultati nei pazienti scheletrici maturi che rimangono sintomatici nonostante le misure conservative.
Può essere utile indossare un tutore protettivo per il ginocchio per proteggerlo da un eventuale trauma. L’attività sportiva può riprendere gradualmente dopo almeno 3 mesi dalla diagnosi, evitando, in fase iniziale, i salti. Attraverso uno studio effettuato su giovani calciatori di alcune accademie russe affetti dal morbo di OS, si è notato come un trattamento conservativo attraverso fisioterapia e kinesioterapia (senza immobilizzazione) ha consentito di riprendere l’attività sportiva per la maggior parte dei ragazzi. Un totale del 35,7% dei giocatori ha riferito di avere disagio dopo aver ripreso l'allenamento regolare, il che ha causato alcune restrizioni nell' esercizio; i sintomi però, si sono risolti spontaneamente con il tempo.

REFERENZE
Zeppilli, P., Manuale di medicina dello sport, s.l., Casa Editrice Scientifica Internazionale, 2016. Cloe Curri,
http://www.ospedalebambinogesu.it/morbo-di-osgoodschlatter#.XsHFqUQzbIV 16 ottobre 2018
Bezuglov, EN., Tikhonova, АА., Chubarovskiy, PV., Repetyuk, АD., Khaitin, VY., Lazarev, AM., Usmanova, EM. (2020), “Conservative treatment of Osgood-Schlatter disease among young professional soccer players”, Pubmed, DOI: 10.1007/s00264- 020-04572-3.

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