MORBO DI CROHN ED ATTIVITA' FISICA ADATTATA


Il morbo di Crohn, nota anche come enterite regionale, è una malattia infiammatoria cronica dell'intestino (MICI) che può colpire qualsiasi parte del tratto gastrointestinale, dalla bocca all'ano, provocando una vasta gamma di sintomi. Essa causa principalmente dolori addominali, diarrea (che può anche essere ematica se l'infiammazione è importante), vomito o perdita di peso, ma può anche causare complicazioni in altri organi e apparati, come eruzioni cutanee, artriti, infiammazione degli occhi, stanchezza e mancanza di concentrazione.La malattia di Crohn è considerata una malattia autoimmune, in cui il sistema immunitario aggredisce il tratto gastrointestinale provocando l'infiammazione, anche se viene classificata come un tipo particolare di patologia infiammatoria intestinale. Ci sono prove di una predisposizione genetica per la malattia e questo porta a considerare gli individui con fratelli ammalati tra gli individui ad alto rischio. La malattia di Crohn tende a presentarsi inizialmente negli adolescenti e nei ventenni, con un altro picco di incidenza tra i cinquanta e i settant'anni, anche se la malattia può manifestarsi a qualsiasi età.Non esiste ancora una terapia farmacologica risolutiva o una terapia chirurgica eradicante la malattia di Crohn. Le possibilità di trattamento sono limitate al controllo dei sintomi, al mantenimento della remissione e alla prevenzione delle ricadute.
La malattia prende il nome dal gastroenterologo statunitense Burrill Bernard Crohn che, insieme a due colleghi nel 1932, ha descritto per primo una serie di pazienti con infiammazione dell'ileo terminale, solitamente la zona più colpita dalla malattia. Per questo motivo, la malattia è stata anche chiamata ileite regionale o enterite regionale.

Cause e fattori di rischio

Sebbene siano trascorsi molti decenni dall’articolo di Burrill B. Crohn, ancora oggi non si hanno certezze rispetto alle cause della malattia. Si tende però a pensare che sia una patologia multifattoriale, la cui comparsa sarebbe cioè l’esito di una serie di fattori concomitanti (autoimmuni, genetici, infettivi, ambientali, ecc.). In ogni caso, si sta osservando da tempo un progressivo incremento dell’incidenza di questa patologia. Tale tendenza è stata evidenziata già nel 1973 in un articolo apparso sul New England Journal of Medicine in cui si dimostrava che la Malattia di Crohn era cresciuta di 20 volte tra il 1940 e il 1970.
Dal punto di vista epidemiologico, i fattori di rischio sono:
  • - Giovane età: la malattia può fare la sua comparsa a qualsiasi età – si rilevano casi di prime diagnosi sia in bambini e adolescenti sia in anziani (dopo i 65 anni) – la malattia insorge prevalentemente tra i 18 e i 30 anni.
  • - Razza bianca: le persone di razza bianca hanno una probabilità di sviluppare la malattia con una frequenza 4 volte superiore a quella di altre etnie.
  • - Familiarità: La MdC non è una malattia ereditaria. Tuttavia, come altre malattie autoimmuni, mostra una tendenza alla familiarità. Ad esempio si rileva una maggiore incidenza (20%) di MdC in chi ha un parente di primo grado che ne è affetto, così come nello stesso ambito familiare si puo’ riscontrare la presenza di diverse malattie autoimmuni (MdC, artrite, tiroidite ecc.)
  • - Fumo: è stato dimostrato che la Malattia di Crohn colpisce maggiormente i fumatori rispetto ai non fumatori; il fumo aggrava inoltre la patologia e aumenta il rischio di doversi sottoporre ad intervento chirurgico.
  • - Ambiente: la Malattia di Crohn è diffusa principalmente nei Paesi industrializzati e occidentali.

Sintomi

I sintomi della Malattia di Crohn variano in funzione della localizzazione e della severità dell’infiammazione. In genere, si possono suddividere in due grandi categorie:

SINTOMI GASTROINTESTINALI
Nausea, vomito.
Diarrea cronica e occasionale con possibile presenza di sangue nelle feci (l’infiammazione causa una grande perdita di liquidi dalle mucose intestinali che, non potendo essere riassorbiti causano diarrea costringendo la persona alla continua e urgente ricerca di una toilette)
Dolori/crampi addominali (il dolore è causato sia dall’infiammazione in sé che dal conseguente rigonfiamento delle pareti intestinali).
Meteorismo/flatulenza (sviluppo di gas a livello addominale).
Afte e Fistole (a seconda delle sedi interessate, l’infiammazione cronica può causare ulcerazione delle pareti del tratto gastrointestinale con la formazione di afte a livello del cavo orale, ulcerazioni a livello intestinale. Quando l’ulcerazione interessa l’ultimo tratto dell’intestino, e’ possibile la formazione di fistole dolorose nella zona anale).



SINTOMI EXTRAINTESTINALI

- Stanchezza e affaticamento generalizzato associati a febbre persistente (sintomi scaturiti dal          processo infiammatorio e/o da eventuali ascessi/complicazioni infettive).

- Riduzione dell’appetito e perdita di peso (il dolore e le possibili difficoltà a digerire e         assimilare il cibo possono infatti determinare un dimagrimento).

- Ritardo nella crescita (nei bambini con MdC può verificarsi un ritardo nell’accrescimento e/o nello sviluppo sessuale a causa della malnutrizione e/o malassorbimento indotti dalla patologia).

- Sintomi a carico dell’apparato circolatorio (aritmie, ipotensione, anemia).

- Sintomi a carico dell’apparato respiratorio (tosse, naso gocciolante, difficoltà respiratoria).

- Sintomi a carico dell’apparato neurologico (capogiri, vertigini, cefalee, svenimenti).

- Sintomi a carico del cavo orofaringeo (gonfiore delle labbra, secchezza della bocca, voce rauca).

- Proprio il carattere non specifico dei sintomi, facilmente riconducibili a condizioni cliniche diverse, può causare un ritardo nella diagnosi della Malattia di Crohn.

Complicanze

La Malattia di Crohn, se non adeguatamente trattata, può presentare una serie di complicanze, tra cui le principali sono:


Occlusione intestinale: è la complicanza più frequente in cui l’infiammazione cronica a carico delle mucose causa restringimenti del cavo intestinale (stenosi) con ostruzione parziale o totale del transito intestinale. In questi casi, si interviene con terapia medica ma, più frequentemente, con trattamento chirurgico.


Ascesso perianale: le fistole perianali possono infettarsi e causare dolore e febbre rendendo necessaria una terapia antibiotica e spesso anche chirurgica.


Perforazione intestinale: in fasi particolarmente acute e gravi della malattia, il processo infiammatorio produce ulcerazioni che, se di dimensioni importanti, possono portare alla perforazione della parete dell’intestino.


Altre complicanze extraintestinali: spondilite/sacroielite, artrite, malattie del fegato e delle vie biliari, infiammazioni a carico di altri organi e tessuti (occhi e pelle).


Attività fisica e correlazioni positive sulle risposte infiammatorie






Per capire come l'attività fisica adattata possa indurre degli effetti positivi è necessario prendere in esame il seguente studio tradotto in basso (https://www.hindawi.com/journals/bmri/2014/429031/): 
risultati indicano l'importante ruolo dell'esercizio nel trattamento aggiuntivo dell'infiammazione cronica intestinale nell'uomo. Poiché essa colpisce fino allo 0,25% della popolazione americana o circa 750.000 persone; pertanto è considerato un problema significativo. E' stato osservato che un corretto dosaggio dell'esercizio sia stato in grado di alleviare i sintomi della colite, ridurre l'infiammazione del colon e contrastare gli effetti avversi associati alla terapia farmacologica (ad es. Acido 5-aminosalicilico). Il tutto sembra essere di fondamentale interesse nel convincere i professionisti sanitari nell'adottare una prescrizione di terapia con attività fisica adattata aggiuntiva nel trattamento del Crohn.
L'effetto protettivo dell'esercizio può essere in qualche modo attribuito al suo effetto antinfiammatorio e può mediare attraverso i peptidi di origine muscolare, le cosiddetti "miochine"La contrazione dei muscoli scheletrici rilascia miochine come IL-15 con effetti endocrini, mediando gli effetti antinfiammatori diretti e / o effetti specifici sul grasso viscerale
È stato oltremodo osservato il possibile ruolo di una nuova irisina che viene rilasciata durante l'esercizio e agisce direttamente sui globuli bianchi.
Il grasso intestinale nei pazienti con malattia di Crohn si riferisce all'ipertrofia del tessuto adiposo mesenterico situato intorno alle parti infiammate dell'intestino. Recenti ricerche suggeriscono che questo accumulo di grasso contribuisce attivamente alla gravità della malattia e può influenzare l'insorgenza di complicanzeL'evidenza accumulata suggerisce che il tessuto adiposo bianco mesenterico (mWAT), composto non solo di grasso ma anche di macrofagi e linfociti T, svolge un ruolo importante come fonte di infiammazione e rilascia vari fattori infiammatori come citochine e chemochine
Questo grasso mesenterico presente dall'inizio della malattia è associato alla sovra espressione del TNF- α, leptina e altre adipochine e si correla con la gravità dell'infiammazione intestinale e delle lesioni tissutali, suggerendo un ruolo importante per il tessuto adiposo nel processo infiammatorio intestinale nel Crohn
Nel lume intestinale è possibile osservare aumenti di leptina, una citochina prodotta da adipocitiLa stessa è considerata una citochina proinfiammatoria e regola direttamente la produzione di diverse citochine, in particolare quelle rilasciate dalle cellule T. Aumenta IL-2 e l'interferone γproduzione riducendo i livelli di IL-4Nei pazienti con CD ( Crohn Disease ) è stata segnalata una sovraespressione di mRNA di leptina in mWAT, indicando che la leptina potrebbe partecipare al processo infiammatorio migliorando l' espressione del TNF- α mesenterico. In più i livelli di leptina hanno mostrato di essere significativamente più alti nel tessuto adiposo mesenterico nei pazienti con CD, rispetto ai pazienti con malattia non infiammatoria (colon irritabile)
La colite sperimentale indotta nei ratti, ha provocato elevati livelli circolanti di leptina correlati al grado di infiammazione e allo sviluppo di anoressia
Un'altra adipochina ovvero l'adiponectina, considerata una molecola antinfiammatoria, ha una struttura simile al TNF- α ma antagonizza i suoi effetti riducendo la secrezione e attenuando le azioni biologiche in competizione per il recettoreSono stati presentati dati divergenti sui livelli circolanti di adiponectina nei pazienti con CD
La produzione di adiponectina è migliorata nella mWAT ipertrofica che è rimasta a contatto con l'intestino dei pazienti con CD, e questo aumento può essere specificamente correlato all'infiammazione e alla presenza di questo accumolo di grassoTuttavia, recenti osservazioni di livelli più bassi di siero e adiponectina mesenterica nei pazienti con CD attivi rispetto a quelli in remissione suggeriscono una regolazione difettosa delle vie anti-infiammatorie nella patogenesi del CDIl compromesso equilibrio tra fattori proinfiammatori e antinfiammatori è causa di un aumento della secrezione di TNF- α, leptina e il rilascio di chemoattractant protein-1 (MCP-1). Oltremodo la ridotta produzione delle adiponectine potrebbe causare accumulo di macrofagi negli adipociti e una trasformazione infiammatoria del tessuto adiposo viscerale, portando alla comparsa di grasso intestinale
Adipocitochine e mediatori dei macrofagi secreti dal grasso intestinale potrebbero aumentare ulteriormente il processo infiammatorio, portando ad ulcerazioni della mucosa lungo il bordo mesenterico, una caratteristica tipica del CDLa massiccia produzione di citochine nel colon infiammato, oltre ai batteri traslocalizzanti, potrebbe ulteriormente indurre la produzione di mediatori proinfiammatori nel tessuto adiposo adiacente, inducendo così un circolo vizioso, in cui le condizioni infiammatorie nell'intestino e il grasso mesenterico si sostengono a vicendaLa sovrapproduzione di citochine e in particolare la leptina da parte del grasso mesenterico potrebbe portare all'anoressia, un'altra caratteristica presente nel CD.
L'esercizio fisico potrebbe migliorare il metabolismo dei nutrienti nel muscolo scheletrico, nonché la funzione vascolare e la microcircolazione. Le prove accumulate finora suggeriscono che l'effetto protettivo dell'esercizio può essere in qualche modo attribuito al suo effetto antinfiammatorio. L'esercizio fisico può esercitare il suo effetto antinfiammatorio attraverso una riduzione della massa grassa viscerale e / o mediante induzione di un ambiente antinfiammatorio.
Tali effetti possono in parte essere mediati da peptidi di origine muscolareSe le funzioni endocrine e paracrine del muscolo non vengono stimolate attraverso le contrazioni, ciò causerà disfunzione di numerosi organi e tessuti del corpo e un aumento del rischio di malattie infiammatorie cronicheCome accennato in precedenza, le miochine possono bilanciare e contrastare gli effetti delle adipochine che prendono parte al crosstalk tra muscolo scheletrico e tessuto adiposoLe miochine secrete sono associate alla funzione muscolare che rivela una nuova proteina secretoria rilasciata dai muscoli scheletrici durante l'esercizio proponendosi come un buon compromesso nell'invecchiamento. 
Il prototipo di miochine, IL-6, sembra essere in grado di mediare gli effetti metabolici e gli effetti antinfiammatori. In risposta alle contrazioni muscolari, le fibre esprimono la miochine IL-6, la quale esercita i suoi effetti sia localmente, all'interno del muscolo che in diversi organi distantiÈ stato riconosciuto che l'aumento del livello di IL-6 era una conseguenza della risposta immunitaria al danno locale osservato durante l'esercizio. Oggi è noto che il muscolo è unico nella sua capacità di produrre IL-6 durante la contrazione in modalità completamente indipendente dal TGF. Ciò suggerisce un ruolo importante per questa citochina in una regolazione del metabolismo piuttosto che fungere da mediatore infiammatorioÈ stato dimostrato che l'IL-6 rilasciato dai muscoli durante l'esercizio fisico può mediare il rilascio di GLP-1 dalle cellule L intestinali (e dalle cellule pancreatiche A) che a loro volta agiscono come una incretina causando il rilascio di insulina fornendo una prova che esiste, un possibile crosstalk tra gli adipociti , muscolo e pancreas responsabili dell'omeostasi energeticaL'esercizio aumenta notevolmente il livello di IL-6 nei topi e ha indotto un parallelo aumento marcato del GLP-1I peptidi simili al glucagone sono fattori di crescita trofica che migliorano la riparazione della mucosa intestinale danneggiata e il rilascio di questi fattori potrebbe essere in parte responsabile dell'effetto benefico dell'esercizio.
L'IL-15 espressa nel muscolo scheletrico umano, è stato identificata come un fattore anabolico nella crescita muscolare ed è implicata nel crosstalk muscolo-grassoÈ stato dimostrato che i livelli di mRNA di IL-15 sono stati sovraregolati nel muscolo scheletrico umano a seguito di un allenamento di forza, suggerendo che IL-15 può accumularsi all'interno del muscolo come conseguenza di un allenamento regolareÈ interessante notare una diminuzione della massa grassa viscerale, ma non della massa grassa sottocutanea, quando IL-15 era sovraespressa nel muscolo. Anche i livelli circolanti elevati di IL-15 hanno comportato riduzioni significative del grasso corporeo e un aumento del contenuto minerale osseoIn un recente studio, Boström è stato identificata una nuova miochina di nome irisina. 
Questa miochina viene rilasciata durante l'esercizio e causa la trasformazione delle cellule adipose bianche in cellule luminose (cellule adipose brune in bianco), con un fenotipo simile a quello delle cellule adipose marroniNell'uomo, i livelli plasmatici di irisina dopo 10 settimane di allenamento regolare di resistenza erano significativamente e marcatamente aumentati. È stato suggerito che l'irisina potrebbe essere terapeutica per le malattie metaboliche umane, l'obesità e altri disturbi in cui l'esercizio è beneficoRecentemente, una nuova proteina secreta da miochine acide e ricche di cisteina (SPARC) è stata funzionalmente caratterizzata. La SPARC era aumentata nel muscolo scheletrico ed era stata immessa nella circolazione in risposta all'esercizio fisico. Il rilascio di SPARC è stato collegato con l'inibizione della tumorigenesi del colon aumentando l'apoptosiSPARC è una glicoproteina matricellulare secreta che è coinvolta nello sviluppo, nel rimodellamento e nella riparazione dei tessuti modulando le interazioni cellula-cellula e cellula-matrice e altre funzioni come l'azione antitumorigenesi
È interessante notare che un singolo periodo di esercizio ha aumentato rapidamente il plasma sanguigno SPARC e i livelli muscolari, suggerendo che le cellule muscolari secernono questa miochina nella circolazione. Questo aumento di SPARC indotto dall'esercizio sembrava essere specifico per i muscoli perché non è stato osservato alcun aumento in altri organi in cui SPARC è risultato essere abbondante.
L'esaurimento della massa muscolare scheletrica, la riduzione della forza e della resistenza muscolare e la ridotta velocità in altezza nei bambini sono caratteristiche dell'infiammazione cronica intestinaleIn particolare nella CD, la massa muscolare e la funzione sono ridotte rispetto ai soggeti sani, con conseguente potenziale disabilità
Il fallimento della crescita correlato all'IBD e la diminuzione della massa muscolare potrebbero essere il risultato di una varietà di meccanismi tra cui una ridotta assunzione di nutrienti, un malassorbimento di nutrienti ingeriti e un aumento del tasso metabolico, potrebbero essere attribuiti a concentrazioni elevate di citochine infiammatorie, diminuzione del livello di insulina- come il fattore di crescita 1 (IGF-1) e il trattamento con corticosteroidiSia l'IGF-I plasmatico che l'IGF-I muscolare sono diminuiti in risposta a diversi picchi infiammatori che accelerano la perdita di proteine ​​muscolariLa funzione dell'asse I del fattore di crescita simile all'insulina GH (IGF-) dipende da meccanismi finemente sintonizzati, che possono essere alterati dalle citochine infiammatorie rilasciate da mWAT patologicamente modificato. Le citochine infiammatorie, in particolare il TNF- α , riducono il numero di recettori del GH nel fegato e sembrano essere responsabili della resistenza epatica al GH e della diminuzione del livello di IGF-I circolante che porta all'inibizione della crescita e alla diminuzione della massa magra (LBM). Questa ridotta massa muscolare nel CD può essere spiegata, in parte, da una ridotta attivazione delle vie di sintesi delle proteine ​​muscolari, in particolare la via IGF1-Akt. 
Infine è stato osservato che i normali livelli di vitamina D e l'esercizio fisico regolare possono essere protettivi nel CDStudi condotti su ratti con colite sperimentale hanno dimostrato effetti inibitori dell'infiammazione sulla generazione di IGF-I e sulla crescita lineareLa funzione alterata delle cellule satelliti è un altro collegamento tra insulina alterata / segnalazione IGF-I e perdita di proteine ​​muscolariÈ stato dimostrato che l'allenamento di resistenza può prevenire e persino invertire la progressione della sarcopenia.
L'evidenza accumulata suggerisce che il coattivatore del recettore γ attivato dal proliferatore del perossisoma α (PGC-1 α ) e il sistema TWEAK-Fn14 sono regolatori chiave della massa muscolare scheletrica in vari stati catabolici. Mentre l'attivazione della segnalazione TWEAK-Fn14 provoca uno spreco muscolare, PGC-1 α preserva la massa muscolare scheletrica. Le reazioni infiammatorie durante il CD favoriscono il sistema TWEAK-Fn14 quando l'esercizio fisico probabilmente mostra un effetto contrattivo.
Protocollo e risposta
E' stato visto come l'esercizio ad alta intensità potrebbe attivare gli stessi mediatori infiammatori di quelli coinvolti nella patologia del CD. È generalmente accettato che l'esercizio fisico ad alta intensità può portare a un acuto, sebbene transitorio, esacerbazione dell'infiammazione e sintomi di CD. Pertanto, tale addestramento non è generalmente raccomandato per i pazienti
Tuttavia, tali raccomandazioni non sono ben supportate dalla ricerca. In contrasto solo uno studio che ha esaminato l'effetto dell'esercizio ad alta intensità intermittente in pazienti pediatrici ed ha concluso che tale esercizio intenso è ben tollerato.
Il modello generalmente accettato per la prescrizione dell'esercizio in molte malattie infiammatorie croniche era l'allenamento continuo aerobico di moderata intensità con tali benefici comprovati come l'aumento della capacità aerobica, miglioramento dello stress e un aumento della qualità di vita. Recentemente, tuttavia, una serie di prove hanno indicato che l'allenamento ad intervalli ad alta intensità può essere eseguito in sicurezza e portare ad effetti sulla salute simili rispetto a un esercizio più lungo e continuo, associato al rilascio di mediatori infiammatori
Tale programma di esercizi può essere particolarmente utile per i bambini con CD, non solo per migliorare la capacità aerobica, ma anche a causa dell'azione anabolica e della stimolazione della crescita e dello sviluppoD'altro canto, un esercizio di intensità moderata potrebbe essere più efficace di un'alta intensità nella stimolazione del rilascio di miochine, come mostrato da Yeo et al.

In conclusione, sebbene i trattamenti farmaceutici antinfiammatori siano utili nel ridurre i sintomi del CD, sono spesso correlati a gravi effetti collaterali e la loro efficacia non è completa. I pazienti con CD continuano ad avere disturbi fisici e psicologici, compromettendo la loro qualità di vita. Studi preliminari dimostrano che un esercizio moderato non ha effetti negativi sulla salute e può ridurre alcuni sintomi. 
L'esercizio è raccomandato perché potrebbe contrastare alcune complicanze specifiche migliorando la risposta immunologica, la salute psicologica, lo stato nutrizionale, la densità minerale ossea e invertendo la diminuzione della massa muscolare e della forza. Ricerche recenti suggeriscono che gli effetti benefici dell'esercizio fisico regolare possono essere in parte dovuti agli effetti antinfiammatori delle miochine rilasciate a causa delle contrazioni dei muscoli scheletrici. 


Referenze
Baumgart DC, Sandborn WJ, Inflammatory bowel disease: clinical aspects and established and evolving therapies., in The Lancet, vol. 369, nº 9573, 12 maggio 2007, pp. 1641–57, DOI:10.1016/S0140-6736(07)60751-XPMID 17499606URL consultato il 4 novembre 2009.

National Digestive Diseases Information Clearinghouse, su digestive.niddk.nih.gov. URL consultato il 19 luglio 2011 (archiviato dall'url originale il 9 giugno 2014).

JC et al. Barrett, S Hansoul, DL Nicolae, JH Cho, RH Duerr, JD Rioux, SR Brant, MS Silverberg e KD Taylor, Genome-wide association defines more than 30 distinct susceptibility loci for Crohn's disease, in Nature Genetics, vol. 40, nº 8, agosto 2008, pp. 955–962, DOI:10.1038/ng.175PMC 2574810PMID 18587394URL consultato il 4 novembre 2009 

^ Salta a:George Y Wu, Marcy L Coash, Senthil Nachimuthu, Crohn Disease, eMedicine, 17 marzo 2010. URL consultato il 15 aprile 2010.

^ Tri H Le, Ulcerative colitis, eMedicine, 17 marzo 2010. URL consultato il 15 aprile 2010.

^ Salta a:a b Crohn BB, Ginzburg L, Oppenheimer GD, Regional ileitis: a pathologic and clinical entity. 1932, in Mt. Sinai J. Med., vol. 67, nº 3, 2000, pp. 263–8, PMID 10828911


Salta aCrohn BB, Ginzburg L, Oppenheimer GD, Regional ileitis: a pathologic and clinical entity. 1932, in Mt. Sinai J. Med., vol. 67, nº 3, 2000, pp. 263–8, PMID 10828911
Benchimol E.I., Fortinsky K.J., Gozdyra P., Van den Heuvel M., Van Limbergen J. and Griffiths A. “Epidemiology of pediatric inflammatory bowel disease: A systematic review of international trends”. Inflammatory Bowel Disease 2011; 17 (1), 423–439.
Castro M., Papadatou B., Baldassare M., Balli F. et al. “Inflammatory bowel disease in children and adolescents in Italy: data from the pediatric national IBD register (1996-2003)”. Inflammatory Bowel Diseases 2008; 14(9): 1246-52.
Levine A., Koletzko S., Turner D. “ESPGHAN revised porto criteria for the diagnosis of inflammatory bowel disease in children and adolescents”. Journal of Pediatric Gastroenterology and Nutrition 2014; 58(6):795–806.
Molodecky N.A., Soon I.S., Rabi D.M., Ghali W.A., Ferris M., Chernoff G., Benchimol E.I., Panaccione R., Ghosh S., Barkema H.W. et al.“Increasing Incidence and Prevalence of the Inflammatory Bowel Diseases With Time, Based on Systematic Review”. Gastroenterology 2012; 142: 46–54 e 42. Molodecky N.A., Soon I.S., Rabi D.M., Ghali W.A., Ferris M., Chernoff G., Benchimol E.I., Panaccione R., Ghosh S., Barkema H.W. et al.“Increasing Incidence and Prevalence of the Inflammatory Bowel Diseases With Time, Based on Systematic Review”. Gastroenterology 2012; 142: 46–54 e 42.
MD Kappelman, SL Rifas-Shiman, K. Kleinman et al., "La prevalenza e la distribuzione geografica della malattia di Crohn e della colite ulcerosa negli Stati Uniti", Gastroenterologia clinica ed epatologia , vol. 5, n. 12, pp. 1424–1429, 2007.Visualizza su: Sito dell'editore Google Scholar
X.-Z. Shi, JH Winston e SK Sarna, "Risposte immunitarie e genetiche differenziali nei modelli di ratto della colite di Crohn e della colite ulcerosa", American Journal of Physiology: Fisiologia gastrointestinale e epatica , vol. 300, n. 1, pagg. G41 – G51, 2011.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
L. Hoffman-Goetz, N. Pervaiz, N. Packer e J. Guan, "L'allenamento a ruota libera diminuisce i pro e aumenta l'espressione di citochine anti-infiammatorie nei linfociti intestinali di topo" , Cervello, comportamento e immunità , vol. 24, n. 7, pp. 1105–1115, 2010.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
BK Pedersen e MA Febbraio, "Muscoli, esercizio fisico e obesità: muscolo scheletrico come organo secretorio", Nature Reviews Endocrinology , vol. 8, n. 8, pagg. 457–465, 2012.Visualizza su: Sito editore Google Scholar

AL Sheehan, BF Warren, MWL Gear e NA Shepherd, "Involucro del grasso nella malattia di Crohn: basi patologiche e rilevanza per la pratica chirurgica", British Journal of Surgery , vol. 79, n. 9, pagg. 955–958, 1992.Visualizza su: Sito dell'editore Google Scholar

L. Peyrin-Biroulet, F. Gonzalez, L. Dubuquoy et al., "Grasso mesenterico come fonte di proteina C reattiva e come bersaglio della traslocazione batterica nella malattia di Crohn" Gut , vol. 61, n. 1, pagg. 78–85, 2012.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
LI Kredel, A. Batra, T. Stroh et al., "Gli adipokine delle cellule adipose locali modellano il compartimento dei macrofagi del grasso strisciante nella malattia di Crohn" Gut , vol. 62, n. 6, pagg. 852–862, 2013.Visualizza su: Sito dell'editore Google Scholar
SH Jung, A. Saxena, K. Kaur et al., "Il ruolo dei macrofagi e dei linfociti T associati al tessuto adiposo nella patogenesi della malattia infiammatoria intestinale" 
Cytokine , vol. 61, n. 2, pagg. 459–468, 2013.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
IC Roberts-Thomson, J. Fon, W. Uylaki, AG Cummins e S. Barry, "Cellule, citochine e malattie infiammatorie intestinali: una prospettiva clinica", Revisione degli esperti di gastroenterologia ed epatologia , vol. 5, n. 6, pagg. 703–716, 2011.Visualizza su: Sito dell'editore Google Scholar
SC Acedo, É. MF Gotardo, JM Lacerda, CC de Oliveira, P. de Oliveira Carvalho e A. Gambero, "Attivazione del tessuto adiposo perinodale e linfonodo mesenterico durante riattivazione della colite TNBS nei ratti", Malattie e scienze digestive , vol. 56, n. 9, pagg. 2545–2552, 2011.Visualizza su: Sito editore Google Scholar


NR Borley, NJ Mortensen, DP Jewell et al., "La relazione tra il tessuto connettivo infiammatorio e sieroso cambia nella malattia di Crohn ileale: evidenza di un possibile nesso causale", The Journal of Pathology , vol. 190, n. 2, pagg. 196–202, 2000.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
I. Olivier, V. Théodorou, P. Valet et al. "Il grasso strisciante di Crohn è un tessuto adiposo?" Malattie infiammatorie intestinali , vol. 17, n. 3, pp. 747–757, 2011.Visualizza su: Sito editore Google Scholar

SJ McCaskey, EA Rondini, IM Langohr e JI Fenton, "Effetti differenziali del bilancio energetico sulla colite indotta sperimentalmente", World Journal of Gastroenterology , vol. 18, n. 7, pp. 627–636, 2012.Visualizza su: Sito editore Google Scholar

V. Ponemone, A. Keshavarzian, MI Brand et al., "Apoptosi e infiammazione: ruolo delle adipokine nella malattia infiammatoria intestinale" Gastroenterologia clinica e traslazionale , vol. 1, n. 10, articolo e1, 2010.Visualizza in: Sito editore Google Scholar
G. Biesiada, J. Czepiel, A. Ptak-Belowska et al., "Espressione e rilascio di leptina e citochine proinfiammatorie in pazienti con colite ulcerosa e diarrea infettiva", The Journal of Physiology and Pharmacology , vol. 63, n. 5, pagg. 471–481, 2012.Visualizza su: Google Scholar
M. Barbier, H. Vidal, P. Desreumaux et al., "Sovraespressione dell'mRNA di leptina nel tessuto adiposo mesenterico nelle malattie infiammatorie intestinali", 
Gastroenterologie Clinique et Biologique , vol. 27, n. 11, pagg. 987–991, 2003.Visualizza su: Google Scholar
M. Barbier, C. Cherbut, AC Aubé, HM Blottière e JP Galmiche, "Elevate concentrazioni plasmatiche di leptina nelle prime fasi dell'infiammazione intestinale sperimentale nei ratti" 
Gut , vol. 43, n. 6, pp. 783–790, 1998.Visualizza su: Google Scholar
UP Singh, NP Singh, H. Guan et al., "L'antagonista della leptina migliora la colite cronica nei topi IL-10 - / -" Immunobiology , vol. 218, n. 12, pagg. 1439–1451, 2013.Visualizza su: Google Scholar

K. Yamamoto, T. Kiyohara, Y. Murayama et al., "Produzione di adiponectina, una proteina antinfiammatoria, nel tessuto adiposo mesenterico nella malattia di Crohn" Gut , vol. 54, n. 6, pp. 789–796, 2005.Visualizza su: Sito dell'editore Google Scholar
VS Rodrigues, M. Milanski, JJ Fagundes et al., "Livelli sierici ed espressione del tessuto adiposo mesenterico di adiponectina e leptina nei pazienti con morbo di Crohn" 
Immunologia clinica e sperimentale , vol. 170, n. 3, pagg. 358–364, 2012.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
M. Chandran, SA Phillips, T. Ciaraldi e RR Henry, "Adiponectina: più di un semplice altro ormone a cellule grasse?" 
Diabetes Care , vol. 26, n. 8, pagg. 2442–2450, 2003.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
A. Schaffler, J. Scholmerich e C. Buchler, "Meccanismi della malattia: adipocitocine e tessuto adiposo viscerale - ruolo emergente nelle malattie intestinali e mesenteriche", 
Pratica clinica naturale Gastroenterologia ed epatologia , vol. 2, no. 2, pagg. 103–111, 2005.Visualizza su: Google Scholar
A. Schäffler e H. Herfarth, "Grasso strisciante nella malattia di Crohn: viaggiare in una corsia più strana di ricerca" 
Gut , vol. 54, n. 6, pp. 742–744, 2005.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
J. Weigert, F. Obermeier, M. Neumeier et al., "I livelli circolanti di chemerina e adiponectina sono più alti nella colite ulcerosa e la chemerina è elevata nella malattia di Crohn" 
Malattie infiammatorie intestinali , vol. 16, n. 4, pp. 630–637, 2010.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
L. Valentini, EK Wirth, U. Schweizer et al., “Adipokines circolanti e gli effetti protettivi dell'iperinsulinemia nella malattia infiammatoria intestinale” 
Nutrition , vol. 25, n. 2, pp. 172–181, 2009.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
K. Karmiris, IE Koutroubakis e EA Kouroumalis, "Leptina, adiponectina, resistina e grelina - implicazioni per la malattia infiammatoria intestinale", 
Molecular Nutrition and Food Research , vol. 52, n. 8, pp. 855–866, 2008.Visualizza su: Sito dell'editore Google Scholar
A. Schäffler e J. Schölmerich, "Il ruolo dell'adiponectina nelle malattie gastrointestinali infiammatorie" 
Gut , vol. 58, n. 3, pagg. 317–322, 2009.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
A. Schäffler, J. Scholmerich e C. Buchler, "Meccanismi della malattia: adipocitochine e tessuto adiposo viscerale - ruolo emergente nelle malattie intestinali e mesenteriche", 
Nature Reviews Gastroenterology and Hepatology , vol. 2, no. 2, pagg. 103–111, 2005.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
A. Zulian, R. Cancello, G. Micheletto et al., "Adipociti viscerali: vecchi attori nell'obesità e nuovi protagonisti nella malattia di Crohn?" 
Gut , vol. 61, n. 1, pagg. 86–94, 2012.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
G. Paul, A. Schäffler, M. Neumeier et al., "Profilazione della secrezione di adipocitochine dal grasso strisciante nella malattia di Crohn" 
Malattie infiammatorie intestinali , vol. 12, n. 6, pp. 471–477, 2006.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
K. Karmiris, IE Koutroubakis e EA Kouroumalis, "Il ruolo emergente delle adipocitochine come mediatori infiammatori nella malattia infiammatoria intestinale" 
Malattie infiammatorie intestinali , vol. 11, n. 9, pp. 847–855, 2005.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
A. Bortoli, N. Pedersen, D. Duricova et al., "Risultato della gravidanza nella malattia infiammatoria intestinale: studio ECCO-EpiCom caso-controllo europeo, 2003-2006", 
Farmacologia alimentare e terapia , vol. 34, n. 7, pp. 724–734, 2011.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
BK Pedersen e B. Saltin, "Prove per la prescrizione dell'esercizio fisico come terapia nelle malattie croniche", 
Scandinavian Journal of Medicine and Science in Sports , vol. 16, n. 1, pp. 3–63, 2006.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
MA Febbraio, S. Rose-John e BK Pedersen, "Il recettore dell'interleuchina-6 blocca il Santo Graal per le malattie infiammatorie?" 
Farmacologia clinica e terapia , vol. 87, n. 4, pagg. 396–398, 2010.Visualizza in: Sito editore Google Scholar
C. Keller, Y. Hellsten, A. Steensberg e B. Klarlund Pedersen, "Regolazione differenziale di IL-6 e TNF- 
α via calcineurina nelle cellule muscolari scheletriche umane" Cytokine , vol. 36, n. 3-4, pp. 141–147, 2006.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
H. Ellingsgaard, I. Hauselmann, B. Schuler et al., "Interleuchina-6 migliora la secrezione di insulina aumentando la secrezione di peptide-1 simile al glucagone da cellule L e cellule alfa", 
Nature Medicine , vol. 17, n. 11, pp. 1481–1489, 2011.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
PL Brubaker e DJ Drucker, "Minireview: peptidi simili al glucagone regolano la proliferazione cellulare e l'apoptosi nel pancreas, nell'intestino e nel sistema nervoso centrale" 
Endocrinology , vol. 145, n. 6, pp. 2653–2659, 2004.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
DJ Drucker, B. Yusta, RP Boushey, L. DeForest e PL Brubaker, "Human [Gly2] GLP-2 riduce la gravità della lesione del colon in un modello murino di colite sperimentale", 
American Journal of Physiology: Fisiologia gastrointestinale e epatica , vol. 276, n. 1, pagg. G79 – ​​G91, 1999.Visualizza su: Google Scholar
MS Geier, D. Tenikoff, R. Yazbeck, GW McCaughan, CA Abbott e GS Howarth, "Sviluppo e risoluzione della colite sperimentale nei topi con cancellazione mirata della dipeptidil peptidasi IV", 
Journal of Cellular Physiology , vol. 204, n. 2, pagg. 687–692, 2005.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
R. Yazbeck, GS Howarth, MS Geier, H.-U. 
Demuth e CA Abbott, "Inibendo l'attività della dipeptidil peptidasi migliora parzialmente la colite nei topi", 
Frontiers in Bioscience , vol. 13, n. 18, pagg. 6850–6858, 2008.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
AR Nielsen, R. Mounier, P. Plomgaard et al., "Espressione dell'interleuchina-15 nel muscolo scheletrico umano: effetto dell'esercizio fisico e composizione del tipo di fibra muscolare", 
The Journal of Physiology , vol. 584, n. 1, pp. 305–312, 2007.Visualizza su: Sito dell'editore Google Scholar
LS Quinn, BG Anderson, L. Strait-Bodey, AM Stroud e JM Argués, "L'eccessiva secrezione di interleuchina-15 dal muscolo scheletrico riduce l'adiposità", 
American Journal of Physiology: Endocrinology and Metabolism , vol. 296, n. 1, pagg. E191 – E202, 2009.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
LS Quinn, L. Strait-Bodey, BG Anderson, JM Argilés e PJ Havel, "Interleukin-15 stimola la secrezione di adiponectina da parte degli adipociti 3T3-L1: evidenza di una via di segnalazione scheletrica muscolo-grasso", 
Cell Biology International , vol . 29, n. 6, pp. 449–457, 2005.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
P. Boström, J. Wu, MP Jedrychowski et al., "Una miocina PGC1- 
α- dipendente che guida lo sviluppo bruno-grasso di grasso bianco e termogenesi" Nature , vol. 481, n. 7382, pagg. 463–468, 2012.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
PA Bostrom, EL Graham, A. Georgiadi et al., "Impatto dell'esercizio sugli organi muscolari e non muscolari", 
IUBMB Life , vol. 65, n. 10, pagg. 845–850, 2013.Visualizza su: Google Scholar
W. Aoi, Y. Naito, T. Takagi et al., "Una novella myokine, secreta proteina acida e ricca di cisteina (SPARC), sopprime la tumorigenesi del colon attraverso un regolare esercizio fisico" 
Gut , vol. 62, n. 6, pagg. 882–889, 2013.Visualizza su: Google Scholar
R. Vadan, LS Gheorghe, A. Constantinescu e C. Gheorghe, "La prevalenza della malnutrizione e l'evoluzione dello stato nutrizionale nei pazienti con forme moderate o gravi della malattia di Crohn trattate con Infliximab", 
Clinical Nutrition , vol. 30, n. 1, pagg. 86–91, 2011.Visualizza in: Sito editore Google Scholar
J.-B. 
Wiroth, J. Filippi, SM Schneider et al., "Prestazioni muscolari in pazienti con malattia di Crohn in remissione clinica" 
Malattie infiammatorie intestinali , vol. 11, n. 3, pp. 296–303, 2005.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
S. Schneider, R. Al-Jaouni, J. Filippi et al. "La sarcopenia è prevalente nei pazienti con malattia di Crohn nella remissione clinica" 
Malattie infiammatorie intestinali , vol. 14, n. 11, pagg. 1562–1568, 2008.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
DR van Langenberg, PD Gatta, B. Hill et al., "Scoperta della disabilità nella malattia di Crohn: la disregolazione delle vie molecolari può spiegare la perdita di muscoli scheletrici nella malattia di Crohn", 
Journal of Crohn's and Colitis , 2013.Visualizza su: Sito dell'editore Google Scholar
R. Shamir, M. Phillip e A. Levine, "Ritardo della crescita nella malattia pediatrica di Crohn: patogenesi e interventi" 
Malattie infiammatorie intestinali , vol. 13, n. 5, pp. 620–628, 2007.Visualizza su: Sito dell'editore Google Scholar
RA Frost e CH Lang, "Alterazione della funzione somatotropica da parte di citochine proinfiammatorie", 
Journal of Animal Science , vol. 82, pagg. E100 – E109, 2004.Visualizza su: Google Scholar
RA Frost, GJ Nystrom, LS Jefferson e CH Lang, "Ormoni, citochine e regolazione nutrizionale degli aumenti indotti dalla sepsi di atrogina-1 e MuRF1 nel muscolo scheletrico", 
American Journal of Physiology: Endocrinology and Metabolism , vol. 292, n. 2, pagg. E501 – E512, 2007.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
CH Lang, L. Hong-Brown e RA Frost, "Inibizione delle citochine della segnalazione JAK-STAT: un nuovo meccanismo di resistenza agli ormoni della crescita" 
Nefrologia pediatrica , vol. 20, n. 3, pp. 306–312, 2005.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
A. Ballinger, "Meccanismi fondamentali di fallimento della crescita nella malattia infiammatoria intestinale", 
Hormone Research , vol. 58, n. 1, pp. 7–10, 2002.Visualizza su: Google Scholar
AB Ballinger, O. Azooz, T. El-Haj, S. Poole e MJG Farthing, "L'insufficienza di crescita si verifica attraverso una diminuzione del fattore di crescita simile all'insulina 1 che è indipendente dalla denutrizione in un modello di colite di ratto" 
Gut , vol. 46, n. 5, pp. 694–700, 2000.Visualizza su: Google Scholar
LB Verdijk, BG Gleeson, RAM Jonkers et al. "L'ipertrofia dei muscoli scheletrici dopo l'allenamento di resistenza è accompagnata da un aumento specifico del tipo di fibra nel contenuto di cellule satellite negli uomini anziani", 
Journals of Gerontology A , vol. 64, n. 3, pp. 332–339, 2009.Visualizza su: Sito editore Google Scholar
SM Hindi, V. Mishra, S. Bhatnagar et al., "Circuiti regolatori del sistema TWEAK-Fn14 e PGC-1a nel programma di atrofia muscolare scheletrica", 
The FASEB Journal , vol. 28, n. 3, pagg. 1398–1411, 2013.Visualizza su: Google Scholar
MM Tajrishi, TS Zheng, LC Burkly et al., "Il percorso TWEAK-Fn14: un potente regolatore della biologia del muscolo scheletrico in salute e malattia", 
Cytokine & Growth Factor Reviews , 2013.Visualizza su: Google Scholar


Siti internet

Author: Dott. Gherardo Francesco Bertocchi CEO/Founder & Admin Scienze Salute e Benessere



EPILESSIA ED ESERCIZIO FISICO







L'epilessia è una patologia che colpisce più di 2 milioni di persone negli Stati Uniti, ovvero circa l'1% della popolazione.
La caratteristica distintiva dell'epilessia è la presenza di ricorrenti crisi convulsive.
È importante notare che non può essere formulata diagnosi di epilessia in caso di riscontro di una singola crisi convulsiva.

EZIOLOGIA
 Non vi è un'unica causa che possa spiegare tutti i casi di epilessia e, infatti, per quasi la metà del numero totale di crisi non si riconosce una causa nota. In poche parole, tutto ciò che provoca l'iperattività di gruppi di neuroni nell'encefalo può essere considerato causa di epilessia. Tuttavia, nello studio di questa complessa malattia, gli scienziati hanno identificato un certo numero di fattori che contribuiscono alla sua insorgenza. Ad esempio, fattori genetici che determinano l'espressione di canali ionici difettosi nei neuroni cerebrali, che conferiscono loro un'eccitabilità anormalmente elevata e una bassa soglia di stimolazione, possono causare epilessia.

Anche i danni cerebrali dovuti a tumori, alcolismo, abuso di droga e traumi cranici sono stati associati alla comparsa di epilessia. Inoltre, qualsiasi evento o condizione che comporta la deprivazione di un rifornimento adeguato di ossigeno a livello cerebrale può essere considerata causa dell'insorgenza di epilessia. Infatti, quasi un terzo di tutti i nuovi casi di epilessia diagnosticati negli adulti è dovuto a malattia cerebro-vascolare, che compromette il flusso di sangue all'encefalo. Sono stati identificati altri fattori causali, quali l'esposizione ad elevati livelli di piombo o monossido di carbonio, soprattutto tra i bambini. Infine, malattie infettive come l'AIDS, la meningite e l'encefalite possono determinare iperattività neuronale ed epilessia.
Nonostante l'efficacia dei farmaci moderni nel controllare i sintomi dell'epilessia, è ancora possibile che si verifichino crisi epilettiche in coloro che sono affetti da questa patologia. Allora cos'è che scatena una crisi epilettica? Sebbene i pazienti con epilessia possano presentare diversi gradi di sensibilità a stimoli vari, alcuni dei più comuni fattori scatenanti includono l'affaticamento, il consumo di alcol, le luci intermittenti, il fumo di sigaretta e la deprivazione di sonno. Tuttavia, lo stimolo che più comunemente determina l'insorgenza di un attacco epilettico è lo stress. Per questo motivo, è stato suggerito che l'esercizio fisico, risultato efficace nella gestione dello stress, possa ridurre il numero di crisi nei soggetti con diagnosi di epilessia. 

ESERCIZIO FISICO ED EPILESSIA
Molte persone con epilessia sono fuori forma e poco in salute, principalmente perché credono che lo stress indotto dallo sforzo fisico possa scatenare una crisi.
Ciò potrebbe costituire una preoccupa azione legittima, in quanto circa il 10% della popolazione con epilessia va in contro ad una crisi, causata dalla partecipazione ad un'attività fisica o ad uno sport. Tuttavia, fino al 40% di quella stessa popolazione va incontro ad un nu mero inferiore di episodi, grazie all'esercizio praticato regolarmente.

Vi sono numerosi fattori che possono spiegare i diversi effetti dell'esercizio fisico sulle crisi epilettiche. Sembra che l'esercizio ad elevata intensità, fino ad esaurimento, possa aumentare la probabilità di convulsioni, soprattutto in coloro che non hanno familiarità con l'esercizio fisico intenso, o sono fuori forma. Un altro motivo che può spiegare perché l'esercizio scateni le convulsioni in alcuni soggetti riguarda lo stress psicologico associato all'attività fisica. Questo tipo di stress, di per sé, si traduce in un aumento dell'attività elettrica a livello cerebrale. Tale attività combinata con l'iperattività di base e la bassa soglia di stimolazione dei neuroni all'interno di specifiche regioni cerebrali, nei pazienti con epilessia, porta alla scarica incontrollata di tali neuroni e quindi alla crisi.
Pertanto, sembra che l'entità dello stress psicologico sperimentato dal paziente prima e durante l'esercizio fisico sia cruciale nel determinare se quest'ultimo aumenti o riduca la probabilità di soffrire di crisi epilettiche. Essendo più abituate all'esercizio fisico e comportando quest'ultimo un minore stress psicologico, le persone che praticano regolarmente attività fisica hanno minori probabilità di andare in contro ad una crisi durante l'allenamento o lo sport. Fisiologicamente, coloro che si allenano regolarmente mostrano una risposta attenuata del sistema nervoso simpatico e un ridotto rilascio di cortisolo, ormone dello stress. Anche le minori quantità di cortisolo che raggiungono l'encefalo riducono l'incidenza di crisi epilettiche indotte dall'esercizio fisico.

È stato anche ipotizzato che il rilascio di β-endorfine indotto dall'esercizio, che hanno un effetto rilassante di tipo oppioide, diminuisca l'attività dei neuroni responsabili delle crisi. È stato anche suggerito che l'elevata concentrazione necessaria durante l'esercizio fisico e lo sport possa ridurre lo stress nelle regioni encefaliche responsabili dell'insorgenza delle crisi epilettiche. Il pensiero corrente degli esperti è che l'esercizio fisico di intensità moderata, praticato regolarmente, riduca lo stress nei pazienti affetti da epilessia e, di conseguenza, diminuisca in essi l'incidenza di convulsioni. Inoltre, le persone affette da epilessia possono godere dei numerosi altri benefici per la salute che è possibile ottenere con l'allenamento, migliorando così la loro qualità della vita.

Tuttavia per coloro, tra questi particolari pazienti, che svolgono attività fisica o sportiva, è importante dormire a sufficienza, mantenere un'adeguata idratazione e gli adeguati livelli di elettroliti, evitare gli sport in cui possono verificarsi danni alla testa, ed essere consapevoli che i farmaci usati per trattare l'epilessia possono causare stanchezza e problemi alla vista, nonché ridurre la massa ossea. 


Referenze:
WILLIAM J. KRAEMER STEVEN J. FLECK MICHAEL R. DESCHENES: “FISIOLOGIA DELL'ESERCIZIO FISICO INTEGRARE GLI ASPETTI L'APPLICA TEORICI CON L'APPLICAZIONE PRATICA” (da pag. 801 a pag. 804)



Author: Dott. Eugenio Isidoro Scibetta Co-Founder & Admin Scienze Salute e Benessere


ESERCIZIO FISICO E DOLORE LOMBARE

IL DOLORE LOMBARE






Il dolore lombare (Low Back Pain, LBP) è uno dei problemi di salute più diffusi nei paesi industrializzati, dove è stato segnalato che fino all'80% degli adulti a un certo punto della loro vita sperimentano un certo grado di dolore nella zona lombare inferiore e sacrale della colonna vertebrale. Tuttavia, quando vengono considerati sia i paesi in via di sviluppo che quelli sviluppati, i dati indicano che l'incidenza del dolore lombare in tutto il mondo si avvicina al 39%, il che significa che i paesi più ricchi, e probabilmente più sedentari, soffrono più spesso di dolore lombare.  Sebbene non venga generalmente documentato alcun bias legato al sesso per quanto riguarda la frequenza del dolore lombare, una meta-analisi della letteratura suggerisce che, in caso di dolore ricorrente, le donne hanno maggiori probabilità di esserne colpite rispetto agli uomini. Inoltre, la ricerca ha dimostrato to che gli uomini e le donne che hanno già subito lesioni e provato dolore a livello della schiena sono due volte più a rischio di andare incontro a successivi episodi di dolore lombare, di quanto non lo fossero di soffrire della lesione originale.

Eziologia
In alcuni casi, il dolore lombare è il risultato di specifiche condizioni mediche identificabili, come il cancro o una spondilolistesi, ma circa il 90% dei casi di lombalgia diagnosticati è aspecifico, indicando che la sua insorgenza non può essere attribuita ad un singolo fattore noto. Infatti, il dolore lombare è più comunemente descritto come un fenomeno multidimensionale. Uno studio recente indica che, quando si analizzano i sintomi e le possibili cause di dolore lombare aspecifico, le analisi statistiche non sono in grado di identificare predittori di alta precisione, o fattori di rischio, per il suo esordio. I dati mostrano, tuttavia, che l'incidente del dolore aumenta con l’età. È interessante notare che, attualmente, uno dei più potenti fattori che contribuiscono al dolore lombare è uno stile di vita sedentario. Infatti, indipendentemente dall'età, sembra che un basso livello di  attività fisica quotidiana aumenti la probabilità di soffrire di dolore lombare, come anche l'intensità del dolore associato al danno. Allo stesso tempo, è stato osserva to che l'insorgenza di dolore lombare riduce la probabilità che le persone colpite pratichino attività fisica. Di conseguenza, la persona affetta manifesta una perdita di forza e flessibilità, rendendo la regio ne inferiore della schiena più vulnerabile alle lesioni e al dolore, mentre la maggiore attività fisica riduce le probabilità di un dolore lombare ricorrente.Tuttavia, a causa della natura soggettiva della valutazione del dolore, attualmente è impossibile determinare se essere fisicamente più attivi riduca effettivamente la gravità delle lesioni alla colonna vertebrale inferiore, o sia la percezione del dolore a ridursi nei soggetti fisicamente più attivi.
Un nuovo e interessante sviluppo nella ricerca delle cause e dell'eziologia del dolore lombare è la dimostrazione che la presenza di un indice di massa corporea (Body Mass Index, BMI) corrispondente alle categorie del sovrappeso o dell'obesità predispone i soggetti all'insorgenza di dolore lombare. In uno studio longitudinale recente mente concluso, seguendo gli stessi individuo per un periodo di 11 anni, è stato documentato che non solo c'è un collegamento, ma anche una corrispondenza diretta tra il BMI e il dolore lombare. In altri termini, il fastidio a livello della colonna dorsale inferiore nel corso del primo anno dello studio non costituiva un fattore predittivo preciso del fatto che l'individuo sarebbe diventato sovrappeso o obeso entro la fine dello studio. Al contrario, risultava di gran lunga più probabile che coloro che avevano valori elevati di BMI all'inizio dello studio avrebbero sofferto di dolore lombare entro la fine di esso. Quindi, la presenza di un valore di BMI corrispondente al range che va dal sovrappeso all'o obesità costituiva un fattore di rischio per lo sviluppo di lombalgia, ma non viceversa.

Esercizio fisico e dolore lombare
Perché la maggior parte dei casi di dolore lombare non può essere attribuita a danni o alterazioni di tipo ortopedico, alla stragrande maggioranza di coloro che sono colpiti da problemi lombari vengono pre scritti programmi di esercizio fisico pro gettati per migliorare la forza e la resistenza dei muscoli della parte inferiore della schiena, della parte superiore delle gambe e della regione addominale, in combinazione con un programma di flessibilità per gli stessi muscoli. Sebbene sembri che concentrarsi sugli esercizi che migliorano la "stabilità del core" del corpo sia una strategia in grado di ridurre il dolore lombare re per un periodo di alcune settimane, in termini di prevenzione del dolore a lungo termine, sono ugualmente efficaci gli esercizi generici che coinvolgono i muscoli di tutto il corpo.
Quando si progetta un regime di attività fisica finalizzato alla gestione e alla prevenzione del dolore lombare è importante includere sia i flessori che gli estensori spinali, insieme alle coppie di muscoli allineati lungo la colonna vertebrale, in quanto gli squilibri muscolari, in queste zone, spesso determinano dolore lombare. Le linee guida relative alla  prescrizione degli esercizi, messe a punto per la popolazione generale relativamente al fitness muscolare, dovrebbero essere applicate quando l'attività fisica viene svolta ai fini della gestione dei sintomi del dolore lombare e dovrebbero comprendere sia esercizi di stretching che di rafforzamento. I risultati della ricerca forniscono prove convincenti a favore della partecipazione ad un tale tipo di regime di esercizio fisico, perché coloro che lo fanno hanno solo la metà delle probabilità di subire una recidiva del dolore lombare, rispetto a coloro che, invece, trascurano l'allenamento.

A causa dell'enfasi che il Pilates pone fatto che l'esercizio debba coinvolgere sia mente che corpo e debba rafforzare la"stabilità del core", la forza e la flessibilità con la respirazione, notevole attenzione ne è stata rivolta di recente verso questo tipo di attività nel trattamento del dolore lombare. La conclusione ottenuta da una meta-analisi correttamente eseguita è che i dati non sono in grado né di sostenere né di smentire l'efficacia del Pilates rispetto al dolore lombare. Ciò è principalmente dovuto a incongruenze sostanziali nelle definizioni e nelle procedure seguite per l'allenamento utilizzate nei singoli studi finora condotti. Sono necessarie ricerche più strettamente controllate prima di trarre conclusioni definitive riguardo l'efficacia del Pilates nel trattamento del dolore lombare.



Bibliografia:
WILLIAM J. KRAEMER STEVEN J. FLECK MICHAEL R. DESCHENES

“FISIOLOGIA DELL'ESERCIZIO FISICO INTEGRARE GLI ASPETTI L'APPLICA TEORICI CON L'APPLICAZIONE PRATICA” (pagg. 810-811)



Author: Dott. Eugenio Isidoro Scibetta Co-Founder & Admin Scienze Salute e Benessere


INTERDIPENDENZA REGIONALE E DISFUNZIONI MUSCOLO-SCHELETRICHE: UN NUOVO APPROCCIO ALLA FISIOTERAPIA











Il concetto di interdipendenza regionale è stato proposto da Wainner (2001, 2007) in riferimento alla condizione in cui una disfunzione (impairment) di un’articolazione remota è correlata o contribuisce al problema principale del paziente. Questo concetto è diverso da quello di dolore riferito, somatico o viscerale, che è un dolore percepito in una regione diversa dalla fonte effettiva del dolore, dolore che si estende in un’area ampia, ha una localizzazione relativamente costante, confini spesso difficili da definire ed è causato dal meccanismo della convergenza.

Il concetto di interdipendenza regionale sposta l'attenzione dall'individuazione della struttura pato-anatomica sorgente del dolore, agli impairment che possono causare o contribuire al movimento doloroso. In particolare, si focalizza sull’esame e il trattamento di segmenti prossimali o distali rispetto al distretto dolente (Cibulka, 2009). Non è un concetto nuovo, ma un tentativo di sistematizzare diverse osservazioni prima frammentate. Può essere utile per la diagnosi fisioterapica, la progettazione e la conduzione del trattamento (terapia manuale, esercizi, auto-trattamento, educazione) e la prognosi fisioterapica. Diversi sono gli esempi di interdipendenza regionale pubblicati in letteratura.
La valutazione/il trattamento delle disfunzioni articolari e muscolari dell’anca si sono rivelati utili per la sindrome femoro-rotulea (Cichanowski 2007, De Marche Baldon 2009, Ireland 2003, Magalhaes 2010, Power 2003, Robinson 2007, Souza 2010), l’artrosi del ginocchio (Cliborne 2004, Deyle 2000 e 2005), la sindrome della bandelletta ileo tibiale (Ferber 2010, Fredericson 2000, Noehren 2007), il dolore lombare (Childs 2004, Cibulka 1998, Porter 1997, Reiman 2009, Whitman 2006), la tendinopatia achillea e la disfunzione del tibiale posteriore (Blais Williams 2008, Kulig 2011), l’instabilità di caviglia (Friel, 2006). 

La valutazione e il trattamento del rachide lombare si sono rivelati utili per il dolore 
all’anca (Cibulka 1993) e al ginocchio (Suter 2000). Altri studi hanno focalizzato il rapporto tra la disfunzione di caviglia, il dolore all’anca (Lewis 2008, McGibbon 2004, Mueller 1994) e il dolore al rachide lombare (Bird 2003, Ogon 1999). Sono state evidenziate correlazioni anche tra disfunzione toracica e dolore cervicale (Cleland 2005, Masaracchio 2013) o dolore alla spalla (Bang 2000, Bergman 2004, Strunce 2009) e tra disfunzione cervicale e dolore al gomito (Fernández-Carnero 2008, Herd 2008, Cleland 2004).

L’interpretazione di questo fenomeno può essere basata sul concetto di male allineamento o di alterato controllo motorio; l’utilità di questo modello è quella di utilizzare una “diagnosi fisioterapica per inclusione” e un trattamento che si rivolge sia alla disfunzione locale, che a quella a distanza. I limiti del modello sono legati alla tipologia degli studi di riferimento (molti case report e studi trasversali, spesso effettuati su popolazioni particolari). Solo una piccola
parte degli studi sono studi longitudinali, studi randomizzati controllati o regole di previsione clinica (in particolare studi di validazione o analisi di impatto).

Referenze:
Dott.ssa Carla Vanti


Author: Dott. Eugenio Isidoro Scibetta Co-Founder & Admin Scienze Salute e Benessere


PROPRIOCEZIONE O CINESTETICA: COSA È E COME ALLENARLA







Quando si parla di controllo ci si riferisce, naturalmente, alla propriocettività. 
Il suo ruolo è quello di aumentare l'automatismo e la rapidità d'azione con cui il sistema neuro-muscolare interviene nella stabilità organico-articolare e nella regolazione della postura
La propriocettività rappresenta infatti la capacità che l'organismo possiede di percepire la posizione ed i movimenti del corpo in rapporto allo spazio esterno. Questa particolare sensibilità, che permette al corpo di concepirsi in rapporto con il mondo esterno, si realizza grazie allo sviluppo di muscoli intelligenti che possano interagire con il SNC, per un continuo scambio di informazioni

La gestione del controllo si realizza grazie ad un Lavoro di feedback svolto dai propriocettori (recettori sensibili alle variazioni meccaniche situati in muscoli, tendini, legamenti, capsule articolari.ecc.), i quali trasmettono informazioni a tutti i livelli neurologici, sia riguardo i parametri del movimento (forza, accelerazione, velocità, ROM, stabilità, coordinazione), sia sulla posizione delle varie parti corporee in relazione a se stesse e allo spazio esterno.
Grazie al condizionamento di questo sistema, infatti, si creano degli automatismi che permettono di incrementare la rapidità d'azione con cui i diversi gruppi muscolari intervengono nel controllo del movimento e della stabilità fisica.

L'importanza che offre il controllo propriocettivo non deve essere considerata solo in funzione di un trattamento riabilitativo o di un lavoro con scopo preventivo, ma si dovrebbe estendere anche alla performance del gesto atletico. La capacità di esprimere potenza in una tecnica sportiva, infatti, varia proprio in funzione della possibilità che possiede l'atleta di aderire al suolo in modo equilibrato e stabile. 
Con l’allenamento propriocettivo si migliora l’equilibrio, la stabilità, la percezione dell'aderenza, il trasferimento della potenza e, contemporaneamente, si diminuisce il rischio di infortunio.

I PARAMETRI DA CONSIDERARE NEL LAVORO PROPRIOCETTIVO

La propriocezione interessa diversi parametri:
non è possibile svolgere un esercizio propriocettivo completo senza considerare contemporaneamente tutti questi fattori:
  1. posizione; 
  2. movimento; 
  3. forza; 
  4. velocità; 
  5. accelerazione; 
  6. coordinazione.

Per rendere ancora più chiara l'interazione tra coordinazione, propriocettività, equilibrio e funzionalità del movimento è necessario conoscere alcuni concetti di fisiologia.

Il corpo umano è diviso in quattro unità funzionali (insieme di sistemi muscolo-articolari e neuro logici) che si trasmettono la forza l'una con l'altra:

  1. Unità funzionale del capo e rachide cervicale;
  2. Unità funzionale del tronco ;
  3. Unità funzionale del cingolo scapolare e arti superiori; 
  4. Unità funzionale del bacino e arti inferiori.

Nel caso l'efficienza di un'unità funzionale sia ridotta a causa di una lesione, di un'insufficienza muscolare o di altri motivi, il passaggio della forza sarà ostacolato da un anello debole. Di conseguenza verranno sovraccaricate le altre unità funzionali che partecipano al gesto atletico. Il risultato sarà una diminuzione della performance, del controllo del movimento e della stabilità articolare, con aumento del rischio di infortunio. Distribuendo il carico da controllare su tutte le unità funzionali, invece, si riuscirà a stabilizzare in modo migliore le articolazioni, senza sovraccaricare eccessivamente nessuna struttura in particolare.


I RIFLESSI PROPRIOCETTIVI SONO GARANTITI DAGLI AUTOMATISMI
Le capacità propriocettive dovrebbero essere sviluppate in modo specifico secondo lo sport praticato, con esercizi di controllo capaci di rispettare gli stress che si raggiungono in gara. Seguendo una giusta e progressiva metodica, più le condizioni di stress destabilizzante verranno riproposte in palestra, minori saranno le probabilità di lesione durante la competizione.
Un consiglio importante è eseguire l'allenamento propriocettivo scalzi, perché in questo modo si riescono a sfruttare meglio le stimolazioni percettive.

Gli esercizi possono essere svolti grazie all'utilizzo di pedane destabilizzanti, percorsi con sassi tondeggianti, fitball, elastici, palle mediche, kettlebell, macchine tecnologiche, ecc.  Per fare in modo che le situazioni stressanti della competizione non influenzino negativamente la possibilità di utilizzare il massimo potenziale propriocetivo di cui si è in possesso, è importante abbinare agli esercizi di controllo anche quelli che richiedono l'uso dell’attenzione:
  • divisa è la capacità di prestare attenzione e di elaborare diversi stimoli che giungono contemporaneamente.
  • selettiva è la capacità di concentrandosi su uno o più stimoli selettivi, selezionandoli, tra altri distrattivi.
  • sostenuta è la capacità di mantenere nel tempo l'attenzione su determinati stimoli

In ogni situazione sportiva l'atleta si trova a dover prestare attenzione contemporaneamente alla tattica agonistica e al controllo del gesto, mentre ricerca la massima performance. Solo grazie all'acquisizione di specifici automatismi propriocettivi si potrà impegnare meno il centro di elaborazione e garantire così una riserva attentiva utile alla gestione degli imprevisti.

Quando il nostro organismo è in grado di applicare automatismi che garantiscano contemporanea mente forza, velocità, stabilità e mobilità, aumenta la capacita di prestare attenzione agli stimoli esterni.
I riflessi propriocettivi, al fine di ottenere il miglior risultato riabilitativo o preventivo, devono essere allenati relativamente a tutte le varianti attentive (divisa, selettiva e sostenuta).

I LIVELLI DI CONTROLLO PROPRIOCETTIVO
IL lavoro propriocettivo agisce su diversi livelli di controllo neuromuscolare, come consigliato da Lephart (1992; 1998):

1. Controllo da parte dei centri superiori;

2. Controllo inconscio;

3. Controllo da parte del tronco encefalico;

4. Controllo a livello spinale.


PROGRESSIONE LA PROPRIOCETTIVITÀ IN MODO COMPLETO CONDIZIONARE
Il condizionamento della propriocettività è tanto affascinante quanto complicato. Siccome l'organismo umano si adatta con rapidità, i primi risultati si ottengono con discreta facilità. Dopo di che, per cercare di incrementare le capacità acquisite senza rischiare infortuni, è necessario affidarsi ad un professionista, altrimenti si rischia che il quadro si complichi notevolmente. 





La progressione dell'intensità negli esercizi propriocettivi deve essere molto cauta, altrimenti il rischio è incappare in un infortunio proprio durante l'allenamento di prevenzione. A seconda della destrezza e della rapidità raggiunta si aumenterà via via la difficoltà.


Bibliografia: 
“Preparazione atletica e riabilitazione” Fondamenti del movimento umano  Scienze e traumatologia dello sport Principi di trattamento riabilitativo: D. Carli, S. Di Giacomo, G. Porcellini (da pag. 57 a pag. 69)


Author: Dott. Eugenio Isidoro Scibetta Co-Founder & Admin Scienze Salute e Benessere




COSA MANGIARE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS?







Per provare a dare una risposta scientifica a questa domanda, bisogna dividerla in due:
- Esiste una dieta che ci aiuta a difenderci dall'infezione? 
- Come deve cambiare la nostra dieta in seguito al cambiamento dello stile di vita conseguente alle restrizioni decise dal Decreto del Presidente del Consiglio? 
Al primo quesito è bene chiarire che non abbiamo una risposta specifica riguarsante il Covid-19. Conosciamo questo nuovo virus da troppe poche settimane e sappiamo molto poco delle sue caratteristiche biologiche per potere avere nozioni che ci permettano di contrastarlo a livello alimentare. 
Tuttavia, la possibilità di aiutare alcune delle funzioni del sistema immunitario attraverso l'assunzione di nutrienti specifici o di alimenti mirati è stato ampliamente studiato negli ultimi decenni. In particolare, proprietà immuno-stimolanti sono state dimostrate per alcune vitamine (Vit. A, C, E e D), per alcuni micronutrienti quali zinco e selenio e più recentemente per i probiotici. 
Una delle infezioni umane più studiata è il raffreddore comune, dove la vitamina C somministrata regolarmente sembra ridurre la durata dei sintomi, indicando un effetto biologico; perciò si può suggerire una corretta assunzione di tale bioregolatore.
Negli ultimi anni, numerosi studi sono anche stati rivolti al possibile ruolo della vitamina D in seguito alla scoperta dei suoi numerosi effetti extra-scheletrici, e né è stato dimostrato un rilevante impatto sulle risposte immunitarie innate e adattive. Si può, per tale motivo, invitare al consumo di integratori di vit. D per evitare problematiche che una carenza di essa (dovuta anche dalla mancata esposizione ai raggi solari) potrebbe causare (rachitismo e osteoporosi in primis). Tra i minerali, il più studiato in campo immunologico è lo Zinco, la quale carenza è associata ad un deficit di integrità del sistema immunitario. Una sua scarsità marginale è stata osservata in diversi gruppi di popolazione "a rischio", come gli anziani, supportando l'ipotesi che la supplementazione nei soggetti più vulnerabili potrebbe impedire la compromissione del sistema immunitario e migliorare sostanzialmente la resistenza alle infezioni in questi soggetti.
Più recentemente l'interesse scientifico è stato rivolto ai probiotici che oltre ad avere un ruolo specifico nella regolazione del microbiota intestinale sembrano avere un effetto immunomodulatore.
Fortunatamente, questi nutrienti, si trovano facilmente nel nostro modello dietetico di tipo Mediterraneo. L'abbondanza di alimenti come pane, pasta, verdure, legumi, frutta e frutta secca, olio di oliva, un moderato consumo di pesce, di carne bianca e rossa, di latticini e uova e modesto consumo di vino durante i pasti, fornisce un ottimale apporto di tutti i nutrienti "funzionali" che possono giocare un ruolo immunomodulatore, lasciando l'uso di supplementi ai casi in cui si possa ipotizzare uno stato carenziale. 
Il Decreto #IORESTOACASA ha numerose importanti conseguenze che possono influire sui nostri fabbisogni energetici e sul nostro comportamento alimentare; in particolare: 
- la riduzione della attività motoria giornaliera, come conseguenza dello smart working, della chiusura delle palestre e degli studi fitness, dell'invito ai soli spostamenti essenziali, la chiusura delle scuole e di tutte le attività ludico sportive, ha determinato una significativa riduzione del fabbisogno energetico giornaliero. 
- l'ansia, lo stress e la noia che possono subentrare in questo momento possono favorire la comparsa o peggiorare, la cosiddetta fame "fame nervosa", ossia il ricorso al cibo come meccanismo di compensazione attraverso cui arginare questi stati mentali. 
Le conseguenze sono un aumento del rischio di incremento del peso corporeo e/o l'aggravarsi di patologie quali sindrome metabolica e diabete. 
Cosa fare quindi? 
Implementare le attività motorie all'interno delle mura domestiche e cucinare con fantasia seguendo il modello mediterraneo e incrementando il consumo di frutta e verdura ad almeno 5 porzioni per garantire il corretto consumo di vitamine, minerali e aiutando la riduzione dell' apporto calorico settimanale. 

Bibliografia 
http://m.my-personaltrainer.it 
Akramienė D, Kondrotas A, Didziapetriene J, et al. Effects of β-glucans on the immune system. Medicina (Kaunas) 
Dardenne M. Zinc and immune function. Eur J Clinical Nutr 2002
Hemilä H. Vitamin C and Infections. Nutrients. 2017
Gruber-Bzura BM et al Vitamin D and Influenza-Prevention or Therapy? Int J Mol Sci.2018 
Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana (LARN), IV ed. 2014. Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) 

Author: Dott. Luca Peroncini

Post più popolari

I migliori del mese