"PROTOCOLLO ASPETAR": accelera i tempi di recupero dell'atleta che ha subito un infortunio.

Aspetar, l'ospedale di medicina sportiva e ortopedica, ha recentemente introdotto un protocollo sviluppato localmente per il trattamento e la riabilitazione delle lesioni del tendine del ginocchio negli atleti, migliorando drasticamente la qualità delle cure.

Sviluppato in seguito a ricerche complete e basate su dati concreti, Aspetar ha stabilito il protocollo standardizzato per accelerare la riabilitazione dei giocatori dalle lesioni. Il protocollo ha lo scopo di affrontare alcuni degli aspetti più comuni degli infortuni al bicipite femorale, che si verificano principalmente nel calcio, ma può essere adattato per soddisfare le esigenze degli atleti che competono anche in altri sport.

Le lesioni del tendine del ginocchio sono di solito associate a sport che implicano una corsa ad alta velocità e una rapida accelerazione o decelerazione, come sprint, salti, pivoting, curve o calci. Un circolo vizioso di re-infortunio non è raro, con conseguente morbilità significativa in termini di sintomi, prestazioni ridotte e tempo perso dalla partecipazione a uno sport.

La ricerca approfondita condotta dal programma Aspreive Sports Injury and Illness Prevention (ASPREV) negli ultimi tre anni sui lettori QSL di Aspetar ha identificato circa 100 infortuni al bicipite femorale all'anno - uno ogni 1.000 ore di partecipazione a partite e allenamento. Questi infortuni in termini di perdita di tempo possono avere un impatto molto significativo su una squadra, sia in termini di costi diretti, di disponibilità di squadra ridotta e in definitiva di successo sportivo.

Di conseguenza, la scienza e la medicina sportiva hanno prestato sempre più attenzione agli infortuni al bicipite femorale, nel tentativo di ridurne il numero e di ridurre l'impatto sulle prestazioni della squadra. Infatti, da quando ha utilizzato questo protocollo, Aspetar ha registrato un ritorno medio al tempo dello sport di 23 giorni, con un basso tasso di re-infortunio tra gli atleti trattati con esso.


Il protocollo del tendine del ginocchio di Aspetar consiste di sei stadi, di cui tre focalizzati sulla fisioterapia e tre specifici per lo sport. Questi sono progettati per costruire forza e comportare la ripresa precoce ma sicura di ripetuti movimenti di corsa e cambio di direzione ad alta velocità. È necessario soddisfare i criteri basati su test fisici specifici prima di consentire la progressione alla fase successiva. Le misurazioni quotidiane del dolore soggettivo, della gamma di movimento o della flessibilità e della forza consentono ai medici di Aspetar di adattare il protocollo per l’atleta.

OBIETTIVI:

FASE I: PROMUOVERE LA GUARIGIONE DEL TESSUTO FERITO
1) Proteggi lo sviluppo del tessuto cicatriziale (promuove il controllo neuromuscolare all'interno della ROM protetta)
2) Ridurre al minimo l'atrofia muscolare
3) Ridurre al minimo il dolore

FASE II-III: RIGENERARE LA FUNZIONE MUSCOLARE COMPLETA E IL CONTROLLO NEUROMUSCOLARE
1) Riacquistare pieno controllo neuromuscolare volontario sui feriti
muscolo
2) Riacquistare la forza del bicipite femorale senza dolore, da metà campo progredire a lunghe lunghezze del bicipite femorale
3) Sviluppare il controllo neuromuscolare del tronco e del bacino con velocità di movimento progressiva
4) Correndo senza dolore fino alla massima velocità e con il cambiamento indicazioni

FASE IV-VI: INTEGRARE PARTECIPAZIONE SPECIFICA COMPLETA SPORTIVA
1) Senza sintomi durante tutte le attività
2) Completa 3 sessioni di sport progressivi specifici senza dolore e pieno



Utilizzando un modello basato sull'evidenza, i professionisti esperti di Aspetar mirano a riportare i giocatori ai livelli prestazionali pre-infortunio nel modo più rapido e sicuro il più possibile L'ospedale ha una comprovata esperienza nel trattamento di atleti internazionali in atletica leggera, sollevamento pesi e calciatori professionisti di tutti i principali campionati.



ARTICOLO SUGLI INFORTUNI DEI GIOCATORI DEL F.C. BARCELONA

IL COSTO DEGLI INFORTUNI
Le lesioni dei femorali sono associate a sport che comportano rapide accelerazioni o decelerazioni, salti, tagli, rotazione, rotazione o calci. Un circolo vizioso di ri-infortunio non è raro, con conseguente morbilità significativa in termini di sintomi, prestazioni ridotte e perdita di tempo dallo sport. Da un punto di vista economico, questi danni da perdita di tempo hanno un effetto molto negativo, non solo a causa del loro costo diretto, ma anche della riduzione della disponibilità della squadra e della probabilità di successo. Di conseguenza, la scienza e la medicina sportiva nel calcio si sono concentrate sugli infortuni al bicipite femorale al fine sia di diminuire l'incidenza sia di ridurre l'impatto sulla disponibilità e il suo conseguente impatto economico.


EPIDEMIOLOGIA A BARCELLONA
Nell'ultimo decennio, la squadra di calcio dell'FC Barcelona ha subito 150 perdite di tempo (manca almeno una pratica o una partita). Di questi, 60 hanno hamstrings (40%) e bicipite femorale hanno rappresentato oltre il 50% di questi. Ciò significa che in media si verificano circa sei infortuni al bicipite femorale per stagione. Il calcio ​​mostra un più alto tasso di infortuni al bicipite femorale rispetto ad altri sport professionistici con esigenze simili come basket, pallamano, futsal e roller hockey.


FATTORI DI RISCHIO E MECCANISMO DEL PREGIUDIZIO
Per prevenire nuove lesioni, cerchiamo di identificare i giocatori a rischio. Di tutti i fattori di rischio pubblicati per gli infortuni al bicipite femorale nei giocatori di calcio, sembra che l'età e gli infortuni al bicipite femorale, specialmente quando la riabilitazione è inadeguata, pone un atleta a maggior rischio di subire un infortunio al bicipite femorale. Di conseguenza, questi giocatori seguono strategie di prevenzione specifiche per cercare di ridurre il rischio di lesioni o di re-infortunio.

Gli studi che esaminano se la forza dei muscoli posteriori della coscia, range of motion, gli squilibri muscolari o la patologia lombare sono un fattore di rischio significativo hanno prodotto risultati contrastanti. Tuttavia, valutiamo questi fattori nei nostri giocatori e implementiamo misure correttive. Nella nostra esperienza, questi fattori sono spesso rilevanti, specialmente nei giocatori con nuovi ruoli tattici o nuovi arrivati ​​nella squadra. Il contenuto della formazione e la periodizzazione, sia in pre-stagione che in stagione, rimangono poco chiari come fattore di rischio per alcuni infortuni. Il modello di allenamento del FC Barcelona introduce elementi tecnici e tattici specifici nelle routine di allenamento. Questo è considerato un fattore protettivo per le lesioni articolari. Ad esempio, la palla viene introdotta come componente principale dell'allenamento pre-campionato fin dal primo giorno.

Anche l'affaticamento e la ridotta adattabilità ai carichi di allenamento possono essere un fattore determinante. Pertanto, il monitoraggio dei carichi di lavoro durante la formazione e la competizione, nonché la relazione tra di essi, potrebbe aiutarci a identificare le situazioni a rischio.

DIAGNOSI E PROGNOSI
Le lesioni muscolari sono diagnosticate da sintomi clinici, esame fisico e imaging. Da un punto di vista epidemiologico si registrano anche il meccanismo e le circostanze del danno.

La risonanza magnetica ci consente di determinare l'esatta posizione anatomica e l'entità della lesione. Tuttavia, per FC Barcelona, ​​la risonanza magnetica viene utilizzata solo quando si sospetta clinicamente una ferita del muscolo soleo, lesioni che interessano l'inserimento del quadricipite prossimale o la discrepanza clinico-ecografica nell'unione miotendineale prossimale / distale dei muscoli posteriori della coscia.

Nella pratica quotidiana gli ultrasuoni si stanno rivelando uno strumento molto utile nel follow-up delle lesioni muscolari. Consente l'esame dinamico in tempo reale e l'elastografia per monitorare la rigidità del tessuto (tessuto cicatriziale) e la valutazione della vascolarizzazione mediante Doppler.

In termini di prognosi delle lesioni del bicipite femorale, le lesioni di questo muscolo hanno una prognosi peggiore rispetto a quelle che colpiscono i muscoli semitendinoso o semimembranoso. Quando si esamina un muscolo bicipite femorale, lesioni prossimali, lesioni alla testa lunghe e quelle che colpiscono entrambe le teste (lungo / corto) allo stesso tempo sembrano avere la prognosi peggiore.

Ad oggi, classifichiamo le lesioni muscolari secondo la scala di classificazione di Peetrons (da 1 a 3) 4, l'unione mioconnettiva interessata e il muscolo interessato (cioè il danno di grado 2 della giunzione miotendinea della porzione distale del muscolo bicipite femorale) come proposto nelle nostre Linee guida di pratica clinica per lesioni muscolari. Tutte le lesioni devono essere codificate seguendo la codifica OSICS-105.


PROTOCOLLI DI TRATTAMENTO E RIABILITAZIONE
Per far avanzare le successive fasi di riabilitazione con carichi di lavoro crescenti, seguiamo Mendiguchia 6, che raccomanda un approccio riabilitativo basato su criteri, che include test oggettivi e quantitativi con possibilità di identificare i deficit e affrontarli in una progressione sistematica (cioè algoritmo) durante le fasi di tornare allo sport.

Da un punto di vista pratico, la fase iniziale (da 3 a 7 giorni) inizia con un breve periodo di riposo per consentire il primo "ponte" tra i tessuti feriti. Garantire solo un breve riposo riduce al minimo gli effetti negativi dell'immobilità. Rendere questa fase iniziale troppo breve o troppo lunga è stato associato a un più alto tasso di re-infortunio, quindi è un punto chiave del processo di recupero. Utilizziamo anche crioterapia, elevazione e compressione. La presenza di raccolte emorragiche si correla con sintomi persistenti; l'evacuazione dell'ematoma mediante l'aspirazione ecoguidata migliora il contatto tra le strutture lese. Occasionalmente, questa procedura deve essere ripetuta.

Nella seconda fase, la mobilitazione deve iniziare il prima possibile ma gradualmente e entro i limiti del dolore. La mobilitazione ha dimostrato di migliorare la rigenerazione dei muscoli scheletrici danneggiati. Poiché le lesioni gravi comportano un decondizionamento muscolare rapido, devono essere gestite mediante stretching e rinforzo progressivi. Proponiamo inizialmente contrazioni isometriche a scarico progressivo aggiungendo gradualmente carico. Quando il lavoro isometrico è ben tollerato a carichi elevati, passiamo all'allenamento isotonico, senza carico all'inizio e aumentando il progresso favorendo contrazioni concentriche ed eccentriche. Gli allenamenti con dispositivi isocinetici e iso-inerziali offrono diversi tipi di resistenza che, se combinati correttamente, consentono al muscolo di adattarsi a vari tipi di carichi. In questa fase l'allenamento cardiovascolare deve essere eseguito a basso impatto, come il ciclismo o il nuoto. Poiché i programmi di stabilità core hanno dimostrato di migliorare i risultati in termini di minori tassi di re-infortunio e maggiore ritorno in gioco, devono essere introdotti insieme al programma di riabilitazione specifico del muscolo ferito.

La terza fase prevede una formazione sportiva specifica per il ritorno al calcio. In questa fase viene promosso il rimodellamento del tessuto, anatomicamente e funzionalmente. Il punto di riferimento è il muscolo controlaterale. L'allenamento sul campo deve essere co-supervisionato da un allenatore atletico esperto, poiché cerchiamo di simulare specifiche abilità calcistiche.
Il trattamento chirurgico è riservato a lesioni tendinee o subtotali totali della pancia del muscolo. Anche gli ematomi irrisolti che causano compressione su altre strutture dovrebbero essere considerati per il trattamento chirurgico.

Per quanto riguarda il trattamento farmacologico, raccomandiamo l'uso di un paracetamolo / acetaminofene come analgesico. Sebbene vi siano controversie sull'uso di antinfiammatori non steroidei (FANS) e glucocorticoidi nel trattamento delle lesioni muscolari negli esseri umani, la ricerca scoraggia il loro uso. Come eccezione, anche con la mancanza di prove scientifiche, l'indometacina viene utilizzata quando si sospetta la miosite ossificante.
Per quanto riguarda l'uso delle cosiddette "terapie rigenerative" come il plasma ricco di piastrine (PRP), riteniamo che questo sia ancora un dibattito controverso. 

RITORNO AL GIOCO
Il modello di ritorno al gioco descritto da Creighton 7 descrive la complessità di questa decisione, soprattutto negli sport professionistici e, più precisamente, nel contesto delle lesioni muscolari.

Quali criteri utilizziamo? Esame fisico standard e imaging ad ultrasuoni (la risonanza magnetica è utilizzata solo in casi specifici). Le prove sul campo che valutano l'affaticabilità, l'agilità, la velocità e la potenza dovrebbero corrispondere ai risultati ottenuti prima dell'infortunio al fine di decidere di tornare a giocare. La tolleranza viene mostrata a tutti gli esercizi specifici individualizzati; in questo caso specifico l'uso di dispositivi GPS può darci informazioni importanti su come il giocatore imita i requisiti di riabilitazione con requisiti di allenamento. Attualmente stiamo valutando i sistemi GPS per valutare le prestazioni delle abilità e analizzare se potrebbe avere un ruolo nel determinare il momento ottimale del ritorno in gioco. Sono necessari più dati e ricerche in questo campo.

Il giocatore è considerato idoneo a rientrare nel team quando è stato in grado di assimilare carichi di lavoro sub-massimali equivalenti all'allenamento senza problemi. Una buona tolleranza alla pratica normale con la squadra per almeno 4 o 5 giorni permetterà finalmente il ritorno alla competizione.

In media, le lesioni prossimali della giuntura miotendinea durano fino ad almeno 6 settimane, mentre le lesioni miofasciali richiedono da 2 a 3 settimane per guarire prima che l'atleta possa tornare a giocare.

Ricaduta d’infortunio
Le lesioni reumatiche sono state classicamente attribuite a protocolli di riabilitazione inadeguati o tornati a giocare troppo presto. Crediamo che le nostre re-lesioni siano dovute a questo secondo fattore. Inoltre, nella nostra popolazione specifica, le re-lesioni sembrano essere correlate alla posizione di gioco, dove i giocatori più esplosivi richiesti (difensori laterali e ali) sembrano avere un rischio più elevato di re-infortunio.


PREVENZIONE
è particolarmente rilevante per i giocatori con fattori di rischio noti per lesioni del tendine del ginocchio come l'età, lesioni pregresse e lesioni ai legamenti del ginocchio e i programmi devono essere individualizzati dopo l'esame obiettivo. Abbiamo trovato che la migliore prevenzione per gli infortuni al bicipite femorale è il condizionamento generale e dei muscoli della coscia che consente ai giocatori di soddisfare i requisiti di intensità del calcio.

Si raccomanda un programma di riscaldamento corretto che si concentra sul rafforzamento (eccentrico) e sullo stretching muscolare, sebbene rimanga controverso. I programmi di prevenzione dovrebbero includere la stabilità di base e gli aspetti di monitoraggio come il recupero della nutrizione e della fatica.

CONCLUSIONI
1. Gli infortuni al ginocchio sono un problema che riguarda l'FC Barcelona, poiché generano il maggior numero di infortuni muscolari nel calcio professionistico.
2. Stiamo studiando e analizzando i protocolli di prevenzione e trattamento, consigliati da esperti. Tuttavia, stiamo ancora subendo infortuni.
3. La nostra tendenza attuale è quella di gestire il problema individualmente, mentre continuiamo a studiare, analizzare e ricercare.





Referenze
  1. http://www.aipsmedia.com
  2. Orthopaedic & Sports Medicine Hospitalwww.aspetar.com
  3. FC Barcelona Medical Services. Clinical practice guide for muscular injuries. Epidemiology, diagnosis, treatment and prevention. Apunts Med Esport 2009; 164:179-203.
  4. Ekstrand, J, Hägglund, M, Waldén M. Epidemiology of muscle injuries in professional football (soccer). Am J Sports Med 2011; 39:1226-1232.
  5. Pruna R, Artells R, Ribas J, Montoro B, Cos F, Moñoz C et al. Single nucleotide polymorphisms associated with non-contact soft tissue injuries in elite professional soccer players: influence on degree of injury and recovery time. BMC Musculoskeletal Disord 2013; 14:221.
  6. Peetrons P. Ultrasound of muscles. Eur Radiol 2002; 12:35-43.
  7. Rae K, Orchard J. The Orchard Sports Injury Classification System (OSICS) version 10. Clin J Sport Med 2007; 17:201-204.
  8. Mendiguchia J, Brughelli M. A return-to-sport algorithm for acute hamstring injuries. Phys Ther Sport 2011; 12:2-14.
  9. Creighton D, Shrier, I, Shultz R, Meeuwisse W, Matheson G. Return-to-play in sport: a decision-based model. Clin J Sport Med 2010; 20:379-385.
  10. Chan O, Del Buono A, Best T, Maffulli N. Acute muscle strain injuries: a proposed new classification system. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc 2012; 20:2356-2362.
  11. Järvinen TA, Järvinen TL, Kääriäinen M, Kalimo, Järvinen M. Muscle injuries: biology and treatment. Am J Sports Med 2005; 33:745-764.
  12. Muller-Wohlfahrt HW, Haensel L, Mithoefer K, Ekstrand J, English B, McNally S. Terminology and classification of muscle injuries in sport: the Munich consensus statement. Br J Sports Med 2013; 47:342-350.
  13. Sherry MA, Best TM. A comparison of 2 rehabilitation programs in the treatment of acute hamstring strains. J Orthop Sports Phys Ther 2004; 34:116-125.
  14. Rae K, Britt H, Orchard J, Finch C. Classifying sports medicine diagnoses: a comparison of the International classification of diseases 10-Australian modification (ICD-10-AM) and the Orchard sports injury classification system (OSICS-8). Br J Sports Med 2005; 39:907-911.


Author: Dott. Eugenio Isidoro Scibetta Co-Founder & Admin Scienze Salute e Benessere

ATTIVITÀ FISICA E CANCRO



La diagnosi di cancro e la successiva terapia sono eventi che incidono profondamente nella vita del paziente: l’equilibrio psicofisico è scosso, l’integrità della persona minacciata. Il futuro appare improvvisamente incerto. 
È tuttavia un fatto che negli ultimi anni l’aspettativa di vita di molte malate e malati di cancro si è notevolmente allungata grazie al miglioramento delle terapie: una buona ragione per guardare avanti. 
Ci sono vari modi per superare progressivamente lo shock della diagnosi e lo stress della terapia e riscoprire la gioia di vivere. Uno di questi è l’attività fisica. 

L’attività fisica rende più vitali, anche in caso di cancro. 
Un’attività fisica regolare può ridurre le difficoltà e i problemi legati a una malattia tumorale e alle terapie e può contribuire a farle ritrovare la gioia di vivere. 
Deve però praticare tali attività con giudizio, adeguandole alle sue capacità attuali. I vantaggi che ne può ricavare sono molti: 
  •  maggiore mobilità
  • forza e resistenza
  •  influsso positivo sul sistema immunitario
  • divertimento
  • nuove conoscenze (se si iscrive a un gruppo)
  • nuove esperienze
  • svago 






La terapia sportiva – molto più di una semplice opportunità 
È noto da diverso tempo che si può ridurre il rischio di certe forme tumorali praticando regolarmente attività fisica. Ora si moltiplicano gli studi scientifici che confermano l’utilità dell’attività sportiva anche in caso di malattia. La terapia sportiva sta diventando perciò sempre più una componente della riabilitazione oncologica. 
Le possibilità e i benefici dipendono tuttavia dalla situazione del paziente, dalle sue condizioni di salute e dal tipo di cancro. 
È dimostrato che l’attività fisica esercita un effetto positivo sul rendimento e sulla qualità della vita. I pazienti si sentono meno stanchi e meno spossati. Non è da sotto- valutare nemmeno l’effetto sulla psiche. L’attività fisica può anche rendere più tollerabile una terapia anti-tumorale. La ricerca sta attualmente studiando se può influire anche sul decorso della malattia. 
Il moto e lo sport non sono però una panacea o garanzia di salute e benessere, né per le persone sane né per i malati. 


Il programma ideale di attività fisica 
Grazie a un programma di attività fisica studiato appositamente per lei aumenterà la sua forza e la sua resistenza, migliorerà la sua mobilità e riuscirà a rilassarsi meglio. 
Il successo dipende anche dall’osservanza di queste regole: 
  • fare attività fisica fin quando ci si sente ancora bene
  • interrompere l’allenamento in caso di dolori
  •  mai esagerare, non fare dell’attività una questione di orgoglio
  • allenarsi meno intensamente ma più a lungo
  •  dopo uno sforzo rilassarsi: per es. dopo esercizi d’irrobustimento fare stretching, esercizi distensivi e di rilassamento
  • fare delle pause per permettere all’organismo di riprendersi
  • non togliere le calze di compressione se le si usano abitualmente
  •  bere sempre a sufficienza durante l’attività fisica, preferibilmente acqua, tè o succhi di frutta diluiti


L’allenamento alla resistenza 
Se si farà regolarmente del moto e in giusta misura si constaterà un sensibile miglioramento della resistenza già dopo poche settimane. Superate le prime difficoltà si potrà poi aumentare pian piano l’attività fisica. 
La durata dell’attività può variare da dieci minuti a un’ora, a seconda della forma del momento e della motivazione personale. L’intensità dello sforzo deve essere adattata alle capacità e allo stato d’animo del soggetto. 

Il polso – rivelatore dello sforzo 
I limiti fisici ideali dello sforzo possono variare: dipendono dal periodo di inattività precedente, che può essere stato lungo o breve, e dall’intensità con cui il soggetto può o deve praticare l’attività fisica. Questi limiti sono indicati dai battiti del polso in allenamento. Si distingue tra polso a riposo e sotto sforzo. 
Il polso è detto dagli specialisti anche frequenza cardiaca (FC). 
Il polso a riposo: indica la frequenza cardiaca do- po alcuni minuti di riposo, in piedi o seduti. Si misura prima di cominciare l’allenamento. 
Il polso sotto sforzo: indica la frequenza cardiaca ideale per l’effetto allenante individuale. Si misura subito dopo lo sforzo. Si può controllare anche durante lo sforzo per mezzo di appositi strumenti per la misurazione del polso. Il polso sotto sforzo varia da persona a persona e dovrebbe essere misurato da una persona esperta. 

La misurazione del polso 
  • Prendere un orologio col contasecondi.
  • Appoggiare l’indice e il medio sul polso dell’altra mano, sotto l’attaccatura del pollice.
  •  Contare i battiti per 10 secondi partendo da «0». 
  • Moltiplicare il numero dei battiti per 6. Otterrà così il numero di battiti al minuto, cioè la frequenza cardiaca. 

La misurazione del polso sotto sforzo
Chiedere al medico, alla fisioterapista o al trainer addetto al corso quale sia per lei il polso sotto sforzo consigliabile. Nell’occasione si potranno controllare anche la pressione e altri valori. 
In linea di massima si può applicare questa formula: 180 meno l’età.
Per una persona di 60 anni: 180 – 60 = 120. 

Il valore ideale può essere superiore o inferiore di 10 punti. Ciò significa che il  polso sotto sforzo ideale si situa fra 110 e 130. Se si sottopone a un allenamento più intenso si ricorre a un altro tipo di misurazione e il polso sotto sforzo può essere di conseguenza più elevato. 

Importante 
  • Prima di programmare/effettuare l’allenamento parlare col  medico o con il trainer specializzato del corso.
  • L’allenamento alla resistenza può essere anche faticoso, ma non deve essere massacrante.
Interpretazione dei valori 
  •  Il valore rilevato è tanto più positivo quanto più rapidamente il polso scende sotto i 100 battiti dopo lo sforzo.
  •  L’obiettivo è di far scendere il polso ai valori normali 2–3 minuti dopo lo sforzo.
  • Dopo un po’ di tempo l’organismo si adatterà alla sollecitazione; ciò significa che la capacità di resistenza è aumentata.
Il test del parlato 
Si può controllare approssimativamente la frequenza cardiaca anche attraverso la respirazione. 
Un metodo semplice consiste nel test del parlato. Si dovrebbe essere in grado di conversare con qualcuno anche sotto sforzo. Se si fa fatica a pronunciare frasi compiute o se si sentono delle fitte al fianco, ciò significa che l’intensità dell’allenamento è troppo alta: ridurre dunque lo sforzo, respirare più lentamente e proseguire con un altro ritmo. 

La scelta delle attività 
Dipende dalle attività che si sceglie, ma si raccomanda di farsi istruire da una persona competente (corsi introduttivi, istruzione da parte di una fisioterapista/tera- pista di sport, dell’allenatore ecc.). Eviterà così posture errate e l’effetto allenante migliorerà. Anche il tipo di cancro e di intervento subito influiscono sulla scelta dell’attività fisica più adatta. 
Attività all’aperto, in palestra 
  • escursioni, camminate
  •  walking (con/senza bastoni)
  •  jogging
  •  bicicletta
  •  nuoto
  •  allenamento in acqua (aquafit, aquagym, aqua-jogging)
  •  canotaggio
  •  sci di fondo
  •  escursioni con racchette da neve
  •  ecc. 


Attività in un centro fitness (in parte con attrezzi)

  •  danza (dall’afro a salsa e zumba) 
  • nastro o pedana mobile
  • step
  • cross trainer (attrezzo con computer integrato, programmazione/misurazione dello sforzo ecc.) 
  • ergometro 
  • ecc. 


Attività a domicilio o altrove 
Ci sono tante possibilità di migliorare la resistenza durante la giornata. Andare il più possibile a piedi invece di prendere la macchina o il tram, salire le scale invece di prendere l’ascensore.
Rallegrarsi degli effetti positivi 
Le attività summenzionate non migliorano solo la resistenza, esse accrescono anche la forza, la mobilità e la capacità di reazione. Le attività possono essere accelerate o rallentate, tutto dipende dalle condizioni generali di salute e dalle  possibilità del soggetto. 
L’importante è scegliere tipi di allenamento che  fanno veramente piacere.  Già dopo poche settimane di regolare allenamento si potranno costatare gli effetti positivi sulla «forma» e sulle  prestazioni fisiche. Il cuore e i polmoni si irrobustiscono grazie alla maggiore sollecitazione, migliorerà la circolazione sanguigna degli organi, la respirazione sarà più profonda. Ci si sentirà di poter fare di più e svilupperà spirito d’iniziativa. 
Migliorerà anche la capacità dell’organismo di trasportare ossigeno ai muscoli in azione e di smaltire l’anidride carbonica. Anche il sistema ormonale e nervoso ne trarranno benefici effetti e ciò influirà positivamente anche sull’umore. 
Lo sviluppo della forza 
Un allenamento equilibrato comprende anche esercizi per lo sviluppo della forza. Non si tratta di fare del culturismo. Lo sviluppo della forza avverrà in modo graduale e senza sforzo. 
Dopo un’operazione e una terapia antitumorale molti pazienti si sentono per qualche tempo piuttosto deboli e apatici. Fanno meno moto e sono subito stanchi. Spesso tralasciano anche le normali attività quotidiane. 
Il risultato è che l’intera muscolatura si rilascia non essendo sollecitata: la massa muscolare perde così volume. Si ha sempre più la sensazione di essere senza forze. A causa della ridotta massa mu- scolare viene a mancare un importante sostegno del corpo: ciò ha effetti negativi sul portamento, le articolazioni, la schiena. 

Fiducia nei propri mezzi fisici e sicurezza
Grazie a un allenamento e a esercizi adattati alle possibilità si può irrobustire l’organismo. Ci si sentirà così più sicuro e si riacquisterà fiducia nei propri mezzi fisici. 
L’irrobustimento della muscolatura rende il corpo più stabile e resi-stente e ci si stancherà di meno. Si possono così prevenire cadute, posture scorrette e movimenti non coordinati. 
Il tipo di allenamento giusto 
La scelta del tipo di allenamento, di eventuali ausili e degli esercizi adatti dipende dalle possibilità del soggetto, dai suoi bisogni e dagli obiettivi. 
Secondo le proprie preferenze può essere indicato un centro fitness. Una buona consulenza e assistenza non dovrebbero mancare. 
  •  Si può anche munirsi di attrezzi, per es. manubri, un estensore o un Theraband 
  •  Nell’ambito di un programma di ginnastica per migliorare la forza fisica anche il peso corporeo ha una funzione importante, per es. quando ci si alza dalla posizione raccolta, in esercizi di lancio o trazione ecc. 
L’intensità dell’allenamento:
L’intensità dell’allenamento
> Allenarsi una o due volte la settimana.
> Prima di cominciare è importante il riscaldamento (warm up).
> Espirare durante lo sforzo e inspirare quando si distende.
> Eseguire i movimenti lentamente.
> Evitiare movimenti bruschi.
> Non dare mai fondo a tutte le  energie.
> Almeno inizialmente impiegare solo la metà circa delle forze: si deve avvertire solo un leggero sforzo.
> Se si usano degli attrezzi, regolare la resistenza su valori bassi o usi attrezzi meno pesanti, così non si dovrà impiegare troppa forza eseguendo l’esercizio. In compenso ripetere sempre di più l’esercizio.
> Concludere l’allenamento con esercizi distensivi (cool down).


Sitografia: Health On the Net Foundation, e sono pertanto conformi al cosiddetto standard HONcode (www.hon.ch/HON- code/Italian). 




Author: Dott. Eugenio Isidoro Scibetta Co-Founder & Admin Scienze Salute e Benessere





ARITMIE E IPERTENSIONE ARTERIOSA: QUANDO È POSSIBILE LO SPORT AGONISTICO?

Nell'80% dei casi l'inidoneità alla pratica sportiva agonistica è dovuta a problemi cardiologici e, tra questi, il 50% è rappresentato dalle aritmie. Va comunque subito precisato che non tutte le aritmie pregiudicano l'attività sportiva e proprio per questo ogni cinque anni la Società Italiana di Cardiologia dello Sport, insieme alle altre Società scientifiche della cardiologia (SIC, ANMCO, ANCE, FMSI), valuta i progressi della ricerca in ambito cardiovascolare e aggiorna di conseguenza le linee guida, in modo da ampliare, se possibile, lo spettro delle persone a cui concedere il nulla osta. 













Le aritmie
Le aritmie vengono divise in atriali o ventricolari, oppure vengono distinte in bradiaritmie, la cui evidenza è un rallentamento esagerato del battito cardiaco, e in tachicardie, che provocano invece un'accelerazione anche esasperata del battito. Le forme atriali sono genericamente identificate come benigne, benché alcune siano estremamente invalidanti, per esempio le tachicardie parossistiche. Difficilmente comunque queste patologie possono portare a morte improvvisa, a meno che non sussistano delle particolari anomalie nelle vie di conduzione, come la cosiddetta sindrome WPW (Wolff Parkinson White), che provoca una desincronizzazione elettrica del ventricolo.
Le forme ventricolari sono solitamente all'origine di una malattia cardiaca. Nei giovani possono nascondere una cardiopatia aritmogena del ventricolo destro, una cardiomiopatia ipertrofica, un' origine anomala delle coronarie, oppure una miocardite, il prolasso della mitrale, o ancora una cardiomiopatia ischemica giovanile. 


Esistono inoltre morti cardiache aritmiche, senza cioè che vi sia una causa organica, ma genetica: per esempio la sindrome del QT lungo, oppure la sindrome di Brugada. In ogni caso, per mettere in allarme un cardiologo basta anche solo un elettrocardiogramma di base. 

Come dicevo prima, la ricerca medica si sta impegnando per poter allargare la possibilità alla pratica sportiva a quante più persone possibili con aritmia. Naturalmente la difficoltà sta nello stabilire quanto lo sport può essere pericoloso o meno per un cuore con aritmia. 
Per alcune di queste patologie la moderna aritmologia si può giovare anche di un intervento di ablazione transcatetere: le aritmie vengono riconosciute ed eliminate definitivamente con un intervento a torace chiuso. Attraverso speciali cateteri, che arrivano al cuore per via venosa, le aritmie vengono "bruciate" da una sorta di raggio in radiofrequenza che provoca una piccola cicatrice nel cuore nel punto esatto in cui ha origine il circuito dell'aritmia. A volte l'aritmia è un fenomeno transitorio dovuto a squilibri elettrolitici: in questi casi basta riequilibrare gli ioni e l'aritmia scompare. 
Lo stesso discorso vale per le miocarditi: una volta guarita l'infezione che le provoca, l’atleta può riprendere tranquillamente l’attività sportiva. 

La morte improvvisa
L'altro grave problema correlato alle aritmie è sicuramente la morte improvvisa: vale a dire il decesso inaspettato di un giovane in perfette condizioni di salute.
Esistono infatti patologie cardiache assolutamente silenti e di difficile diagnosi che improvvisamente, appunto, possono condurre ad un'instabilità elettrica del cuore e provocare la morte. In teoria nel nostro Paese questo evento non dovrebbe accadere, perché la legge impone per tutti e a tutti i livelli, anche agli amatori, un certificato che ne attesti l’idoneità prima di intraprendere qualsiasi attività. La visita prevista, che comprende un elettrocardiogramma di base, un elettrocardiogramma dopo sforzo al gradino, una spirometria, un esame delle urine, oltre naturalmente all’auscultazione del cuore, mette in guardia da pericoli e preserva quindi da qualsiasi sorpresa.
Ho sottolineato che ciò avviene in Italia perché, purtroppo, in altri Paesi Europei (per esempio la Germania e la Grecia) l'elettrocardiogramma non è obbligatorio nemmeno per i professionisti. 

Ipertensione
I giovani con ipertensione di livello lieve possono tranquillamente praticare sport, a patto però che l'attività fisica sia di tipo dinamico, e non di tipo isometrico (che comporti quindi uno sforzo muscolare statico).
Sono consigliabili attività come la corsa, il nuoto, per certi versi il ciclismo. Assolutamente da evitare è il sollevamento pesi, sport che determina un aumento molto brusco dei valori pressori, anche nelle persone con valori di pressione normali. Sono inoltre da considerare pericolosi gli sport che richiedono in modo prolungato una tensione muscolare, per esempio la ginnastica artistica, le parallele, cioè tutte quelle attività che richiedono contrazione prolungata e forte della muscolatura. Ci sono comunque molti sport ad attività mista, che comportano sia il movimento che lo sforzo statico del muscolo, come per esempio lo sci e il tennis, di cui non si può dire in assoluto che facciano bene o male. L' attività di tipo aerobico sotto massimale, cioè al 60 - 70% del consumo d'ossigeno, fatta in maniera regolare (tre volte alla settimana per almeno 20-30 minuti) ha addirittura effetti terapeutici abbassando i valori pressori.
L'idoneità alla pratica agonistica viene data se la pressione di base non supera i 140-90 mmHg.
In caso di valori più elevati, sottoponiamo l'atleta ad altri test: il monitoraggio della pressione sotto sforzo (in questi casi i valori massimali accettati sono 230-100 mmHg); il monitoraggio sulle 24 ore (il via libera alla pratica agonistica viene concesso se la media nelle 24 ore non supera i 135-85 mmHg). L'importante è che devono essere assenti danni d'organo: disturbi di tipo retinico o la presenza di un'ipetrofia esagerata del cuore necessitano di un trattamento farmacologico e molti dei farmaci idonei sono considerati dopanti, per esempio i betabloccanti ed i diuretici, e non possono quindi essere prescritti.
In questi casi l'idoneità all'agonismo diventa più difficile, ma deve essere comunque consigliata un'attività fisica idonea. 



Bibliografia: Dott. Alessandro Biffi - Cardiologo, Istituto di Scienza dello Sport del CONI 





Author: Dott. Eugenio Isidoro Scibetta Co-Founder & Admin Scienze Salute e Benessere



LE EXTRASISTOLI NELLO SPORTIVO






Le "extrasistoli ventricolari", o più correttamente i Battiti Prematuri Ventricolari (BPV) sono stati descritti in circa l’1% dei soggetti apparentemente sani studiati con l’elettrocardiogramma (ECG) di base [1] e nel 40-75% dei soggetti senza apparente cardiopatia valutati con ECG di Holter 24-48 ore [2-4]. Anche i BPV frequenti (> 30/h) e complessi (polimorfi, ripetitivi o R/T) possono essere riscontrati in popolazioni apparentemente sane, sebbene più raramente [4-8]. Tali individui costituiscono, infatti, circa l’1-4% della popolazione generale, inclusi gli atleti [5]. Gli studi Holter effettuati sugli atleti non hanno mostrato significative differenze con gli studi sulla popolazione generale, documentando una prevalenza del 35-70% di BPV e del 3-25% di forme complesse, incluse le tachicardie ventricolari non sostenute (TVNS) [9-12]. 

Per quanto attiene gli aspetti prognostici, è generalmente accettato il concetto che quando i BPV, anche in forma frequente e complessa, sono riscontrati in persone peraltro sane ed in cui sia stata esclusa una cardiopatia con le più moderne metodiche diagnostiche, essi devono essere considerati benigni e con una prognosi assolutamente favorevole [5-8]. Gli atleti, pur rappresentando l’espressione “più sana” della popolazione generale, vengono in realtà giudicati come una categoria a rischio e, in un certo senso, “discriminati” rispetto ai soggetti sedentari: sia per motivi medico-legali, sia perché tale rischio non è ancora ben noto e documentato. E’ naturale, quindi, che quando una aritmia ventricolare, soprattutto se frequente e/o complessa, viene documentata in un atleta, essa generi nello specialista in medicina dello sport o nel cardiologo una particolare apprensione, accompagnata da un atteggiamento circospetto, spesso dovuto all’impossibilità di appurare se si tratta di un fenomeno benigno oppure potenzialmente letale [13]. 

L’approccio clinico alle aritmie ventricolari dell’atleta dovrebbe basarsi su tre punti fondamentali: 

  • primo, esso non dovrebbe essere diverso da quello in atto per le aritmie ventricolari in soggetti sedentari a cuore apparentemente sano. In entrambe le popolazioni, infatti, esiste la medesima probabilità che l’aritmia sia l’espressione di una cardiopatia misconosciuta o rappresenti un marker indipendente di rischio di morte improvvisa [14] 
  • secondo, a fronte di queste osservazioni, non andrebbe mai dimenticato che gli atleti possono evidenziare le peculiarità morfologiche del “cuore d’atleta”, che includono un aumento della massa e degli spessori ventricolari sinistri, nonché un marcato aumento delle dimensioni ventricolari, spesso in relazione al tipo di sport, al sesso ed a presumibili fattori genetici [14-16]. Il grado di tale rimodellamento cardiaco può, in determinati atleti di elevato livello, far nascere il sospetto della presenza di una malattia cardiaca, in particolare quando alcune anomalie ECG sono riscontrabili in circa il 40% di una popolazione di atleti di elite [17]. Pertanto, il problema della diagnostica differenziale tra forme fisiologiche e patologiche assume, negli atleti, risvolti più intricati rispetto alla popolazione non atletica.
  • infine, alcuni recentissimi lavori segnalano un rischio aumentato di morte improvvisa (2.5 volte) negli atleti al di sotto dei 35 anni rispetto ai sedentari di pari età [18]. Secondo tali Autori, l’esercizio fisico non aumenterebbe “per se” il rischio di morte improvvisa, ma agirebbe come “trigger” per lo sviluppo di aritmie fatali esclusivamente in atleti portatori di una anomalia cardiaca subclinica e non identificata. Da ciò deriva l’importanza di escludere con la massima certezza la presenza di una cardiopatia in un atleta portatore di una aritmia ventricolare frequente e complessa, cosa per altro ampiamente sottolineata dai protocolli cardiologici italiani per il giudizio di idoneità allo sport agonistico, recentemente rielaborati [19] 



Bibliografia 
  1. Hiss RG, Lamb LE. Electrocardiographic findings in 122,043 individuals. Circulation 1962; 25: 947-61.
  2. Raftery EB, Cashman PMM. Long-term recording of the electrocardiogram in a normal population. Postgrad Med J 1976; 52 Suppl 7: 32-7.
  3. Bjerregaard P. Premature beats in healthy subjects 40-79 years of age. Eur Heart J 1982; 3: 493-503.
  4. Kostis JB, McCrone K, Moreyra AE, et al. Premature ventricular complexes in the absence of identifiable heart disease. Circulation 1981; 63: 1351-6.
  5. Kennedy HL, Whitlock JA, Sprague MK, Kennedy LJ, Buckingham TA, Goldberg RJ. Long-term follow-up of asymptomatic healthy subjects with frequent an complex ventricular ectopy. N Engl J Med 1985; 312: 193-7.
  6. Attinà DA, Mori F, Falomi PL, Musante R, Cupelli V. Long-term follow-up in children without heart disease withy ventricular premature beats. Eur Heart J 1987: 8 Suppl D:21-3.
  7. Fujimoto Y, Hirokane Y, Doi T, et al. Long-term follow-up of patients with frequent ventricular premature contractions. J Amb Monitor 1993; 6: 35-42.
  8. Gaita F, Giustetto C, Di Donna P, et al. Long-term follow-up of right ventricular extrasystoles. J Am Coll Cardiol 2001; 38: 364-70.
  9. Notaristefano A. Standards of dynamic electrocardiography (Holter) in top-ranking athletes of different sports. In: Lubich T, Venerando A, Zeppilli P (Eds), Sports Cardiology II. Bologna: A.Gaggi 1989: 355-71. 
  10. 10. Palatini P, Maraglino G, Sperti G, et al. Prevalence and possibile mechanisms of ventricular arrhythmias in athletes. Am Heart J 1985; 110: 560-7. 
  11. 11. Biffi A, Pelliccia A, Caselli G. Arrhythmias in athletes [Letter]. Am Heart J 1986; 112: 1349-51. 
  12. 12. Pantano JA, Oriel RJ. Prevalence and nature of cardiac arrhythmias in apparently normal well-trained runners. Am Heart J 1982; 104: 762-8. 
  13. 13. Kennedy HL. Ventricular ectopy in athletes. Don’t worry...more good news! [Editorial]. J Am Coll Cardiol 2002;40: 453-56. 
  14. 14. Biffi A, Pelliccia A. Reperti strumentali e patologici negli atleti di èlite. In: Trattato di Cardiologia. Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri. Excerpta Medica, S.Donato Milanese (MI), 2000. Vol. III, 2881-2904. 
  15. 15. Pelliccia A, Maron BJ, Spataro A, Proschan MA, Spirito P. The upper limits of physiologic cardiac hypertrophy in highly trained elite athletes. N Engl J Med 1991; 324: 295-301. 
  16. 16. Karjalainen J, Kujala UM, Stolt A, et al. Angiotensinogen gene M235T polymorphism predicts left ventricular hypertrophy in endurance athletes. J Am Coll Cardiol 1999; 34: 494-99. 
  17. 17. Pelliccia A, Di Paolo FM, Maron BJ. The athlete’s heart: remodeling, electrocardiogram and preparticipation screening. Cardiol Rev 2002; 10: 85-90. 
  18. 18. Corrado D, Basso C, Rizzoli G, Schiavon M, Thiene G. Does sport activity enhance the risk of sudden death in adolescents and young adults? J Am Coll Cardiol 2003; 42: 1959-63. 
  19. 19. Comitato Organizzativo Cardiologico per l’Idoneità allo Sport (ANCE-ANMCO- FMSI-SIC-SIC Sport). Protocolli cardiologici per il giudizio di idoneità allo sport agonistico 2003. Casa Editrice Scientifica Internazionale, Terza Edizione, Roma 2003. 

Author: Dott. Eugenio Isidoro Scibetta Co-Founder & Admin Scienze Salute e Benessere


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