FLOW EXPERIENCE E PEAK PERFORMANCE: UN APPROCCIO TEORICO






“Spesso assaporiamo un senso di trascendenza, come se i confini del sé si fossero improvvisamente espansi. Il marinaio si percepisce un tutt’uno con il vento, la barca e il mare. Il cantante avverte una sensazione di armonia universale. In quei momenti la consapevolezza del tempo scompare, le ore sembrano volar via senza che ce ne si accorga”.
Con questa affermazione Mihály Csíkszentmihályi (1975) descrive quella che viene definita Flow Experience.

L’esperienza di Flow (Csikszentmihalyi, 1975, 1982, 1990, 1993) si caratterizza principalmente con la percezione di un bilanciamento tra il livello di opportunità d’azione reperite nell’ambiente (challenges) e quello delle capacità personali (skills) nel confrontarsi con esse. Requisito fondamentale è che il livello dei challenges (e di conseguenza delle skills) sia elevato, o meglio superiore alla media delle abituali opportunità d’azione quotidiane: solo in questo caso, infatti, potrà instaurarsi lo stato di Flow, descritto come condizione complessa, caratterizzata da elevata concentrazione, coinvolgimento ed immersione nell’attività, assenza di auto-osservazione, controllo della situazione, chiara percezione dell’andamento e delle finalità dell’attività, positività dello stato affettivo, motivazione intrinseca, indipendenza da aspettative di ricompense o gratificazioni esterne all’attività stessa (Deci, 1975; Ryan e Deci, 1985).

L’esperienza ottimale viene costantemente ricercata dall’individuo ed in particolare vengono preferite tutte quelle attività che permettono di viverla. Sia in ambito lavorativo che nella pratica di attività sportive, le persone tendono a ricercare opportunità d’azione sempre più complesse cui contrapporre capacità progressivamente maggiori. Questo è l’assunto che sta alla base della Teoria della Selezione Psicologica (Csikszentmihalyi & Massimini, 1985): ogni soggetto seleziona ed organizza le informazioni acquisite nel contesto in cui opera secondo un criterio specifico, ossia la qualità dell’esperienza associata a tali informazioni. Vengono infatti preferenzialmente replicate quelle esperienze in grado di produrre uno stato di coscienza pieno e positivo ed evitate quelle che generano noia e stati di stress negativo o ansia.

Il flow non si contraddistingue per la positività del tono dell’umore o per il senso di felicità che si prova. Le ricerche condotte sugli sportivi hanno evidenziato che oltre alle componenti affettive, viene enfatizzato anche il coinvolgimento che si prova nel fronteggiare tutte quelle azioni che richiedono un certo impegno e la soddisfazione che ne deriva dal migliorare le proprie capacità soprattutto in termini di performance sportiva. Gli studi focalizzati sull’osservazione di come si configura l’esperienza di flow hanno indicato quali sono i fattori che favoriscono l’insorgere di tale esperienza: l’ambiente deve favorire la concentrazione e l’attenzione al compito, non devono esserci pressioni temporali, la persona deve sentirsi motivata e stimolata ad agire. Tutti questi aspetti vengono considerati come le condizioni che predispongono la Peak Performance o prestazione eccellente.

Berger (1993; 2001) definisce la prestazione eccellente come uno stato di funzionamento eccezionale del sistema psicofisico dell’individuo che porta a mettere in atto un comportamento che supera gli standard abituali. Essa è caratterizzata da: definizione di obiettivi chiari, condizione che porta a sentire di avere il pieno controllo delle azioni; esperienza autotelica, dove la persona è completamente concentrata e attenta alla realizzazione dell’attività che svolge e dal piacere ed eventuali ricompense che ne derivano; fluidità dell’azione; forte senso di sé. Massimini e Delle Fave (1999) ritengono che la Peak Performance più che un’esperienza possa essere considerata come una particolare forma di comportamento, la cui eccezionalità in termini di prestazione è promossa da uno stato esperienziale positivo, identificabile con il Flow. Si ipotizza quindi che più l’atleta riesce ad esperire e mantenere l’esperienza di flow, maggiori saranno le probabilità che si sviluppi la Peak Performance, la quale a sua volta amplia la possibilità di raggiungere risultati sportivi eccellenti.
Supposto che l’esperienza ottimale individuale non si può pianificare né attivamente provocare, bisogna lavorare sulla creazione di tutte quelle condizioni oggettive, reali, situazionali che possano condurre l’atleta a sperimentare questo stato che, come dice Csikszentmihalyi, “è ciò che di più vicino alla felicità possiamo immaginare”.


BIBLIOGRAFIA
Berger, B. G., & McInman, A. (1993). Exercise and the quality of life. Handbook of research on sport psychology, 729-760.
Csikszentmihalyi, M. (1975) Beyond Boredom and Anxiety, San Francisco: Jossey Bass.
Csikszentmihalyi, M. (1982). Learning, flow and happiness. In Gross, R. (Ed.) Invitation to Lifelong Learning. Chicago: Follett, 167-187.
Csikszentmihalyi, M. (1990) Flow. The Psychology of Optimal Experience. New York: Harper and Row.
Csikszentmihalyi, M. (1993). The Evolving Self. New York: Harper Collins.
Csikszentmihalyi, M., & Massimini, F. (1985). On the psychological selection of bio-cultural information. New Ideas in Psychology.
Deci, E. L., & Ryan, R. M. (1985). Self-determination and intrinsic motivation in human behavior. EL Deci, RM Ryan.
Delle Fave, A., & Massimini, F. (1999). Inter-cultural relations: A challenge for psychology. Modernization and cultural identity, 11-22.
AUTRICE: ILARIA BASTONI




-Laurea Triennale in Scienze e Tecniche Psicologiche 

-Laurea Magistrale in Psicologia Clinica: Salute, Relazioni Familiari e Interventi   di Comunità 
-Master in Psicologia dello Sport – Psicosport s.r.l. Master professionalizzante in   psicologia applicata alle attività sportive
-Psicologa e ricercatrice referente dell’Unità Operativa Pneumologia e     Riabilitazione pneumologica 


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