I neuroni specchio, considerati la più grande scoperta neurobiologica del ‘900, ci donano tutte quelle peculiarità umane, come il linguaggio verbale, l'empatia e la capacità di imparare velocemente mediante l'imitazione, fondamentali per il balzo in avanti da ominide a uomo sapiens
Cosa sono i neuroni specchio:
Sono dei neuroni che si attivano quando compiamo una determinata azione e quando vediamo compierla. Quindi lo stesso neurone si accende per cause motorie, come afferrare una mela e per cause sensoriali, come vedere qualcuno afferrare una mela. Ogni neurone si attiva solo per un tipo specifico di movimento: ad esempio il neurone che si attiva mentre vediamo afferrare/afferriamo la mela non si attiva quando lanciamo o vediamo lanciare una mela. Questo speciale tipo di comportamento ha donato loro il caratteristico nome di neurone specchio.ª
Tra i vari contenuti che riguardano i neuroni a specchio, ne abbiamo selezionati principalmente due, che sono quelli che maggiormente sono affini all’ambito delle scienze motorie.
1.Apprendimento motorio
Recenti studi di neuroscienze effettuati tramite brain imaging hanno evidenziato che l’immaginazione motoria e l’osservazione dell’azione condividono lo stesso substrato neuronale attivato durante l’esecuzione. In particolare, le aree coinvolte risultano essere quelle premotorie, le aree parietali posteriori, quelle prefrontali, i gangli della base e il cervelletto.
• Osservazione motoria
Il neurofisiologo Marc Jeannerod (1935-2011) studiò i meccanismi sottostanti l’azione. Egli interpretò la scoperta dei neuroni specchio secondo la teoria che li vedeva svolgere come funzione principale quella legata a comportamenti di caratteri imitativo. “L’attivazione dei neuroni specchio genererebbe una “rappresentazione motoria interna” dell’atto osservato, dalla quale dipenderebbe la possibilità di apprendere via imitazione.”
E’ ormai ampiamente diffusa la convinzione che la capacità di imitazione sia una caratteristica prettamente umana e che questa sia presente fin dalle prime ore di vita. Evidenze scientifiche riportano, però, che durante il compito di imitazione è quasi del tutto assente la partecipazione del cervelletto, sede per eccellenza dell’apprendimento motorio. Durante l’osservazione, invece, si attivano il sistema specchio e i circuiti adibiti all’apprendimento, che sono stati sopra elencati.Laura Petrosini et al. hanno evidenziato attraverso un esperimento di stimolazione magnetica transcranica (TMS) quanto sia importante il coinvolgimento del cervelletto e della zona prefrontale dorso laterale nell’apprendimento di un compito visuo-motorio. E’ stato mostrato infatti che “senza” il coinvolgimento del cervelletto o della corteccia prefrontale dorso-laterale, effetti ottenuti tramite TMS, gli osservatori non erano in grado di riprodurre quanto osservato2.
L’apprendimento per osservazione risulta essere quindi un metodo didattico efficace per l’acquisizione o il perfezionamento di nuove informazioni.
Ma qual è la metodologia più adeguata per poter rendere efficace l’apprendimento per osservazione? I dati fino ad ora raccolti dettano le seguenti linee guida:
- L’osservatore deve poter osservare azioni o atti motori. In questo modo sarà possibile attivare il sistema specchio
- L’osservatore deve osservare azioni i cui movimenti appartengano al suo patrimonio motorio, in alternativa in ruolo svolto dai neuroni specchio non sarà altrettanto efficace3
- Motivazione
- Dimostrazione fluida, coordinata, sincrona e corretta
- Affiancare l’osservazione all’esercitazione pratica
• Immaginazione motoria
Già tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 Ramon y Cajal ipotizzò che “l’organo del pensiero è, entro certi limiti, malleabile e perfettibile tramite un esercizio mentale mirato”Il medico spagnolo aveva intuito che l’esercizio mentale doveva rinforzare le connessioni neuronali esistenti e crearne di nuove, secondo il meccanismo neuronale oggi conosciuto come “use it or lose it”.
Nel 1992 Guang Yue e Kelly Cole mostrarono attraverso un esperimento che immaginare di usare dei muscoli li rinforza realmente. Erano stati selezionati due gruppi di soggetti, il primo doveva eseguire serie di quindici contrazioni massimali con una pausa di venti secondi tra l’una e l’altra, dal lunedì al venerdì per un mese. Il secondo gruppo doveva limitarsi a immaginare di fare lo stesso nello stesso lasso di tempo. Al termine dello studio i soggetti che avevano fatto esercizio fisico avevano aumentato la forza muscolare del trenta percento, i soggetti che si erano allenati attraverso l’immaginazione mentale avevano migliorato la loro forza muscolare del ventidue percento.4
“L’immaginazione mentale è la simulazione mentale di un movimento in assenza di macroscopica attivazione muscolare” (Jeannerod, 1995)Jeannerod classificò due differenti immagini mentali: “esterne” quando immaginiamo una certa scena o un oggetto, “interne” quando simuliamo mentalmente l’esecuzione di una determinata azione che riguardi tutto il corpo o una parte di esso.Un recente studio condotto tramite risonanza magnetica funzionale mostra la differente attivazione cerebrale tra un gruppo di arcieri professionisti e persone che non avevano mai praticato tiro con l’arco durante un compito di immaginazione motoria. Quando il compito veniva svolto dai non-arcieri si attivavano le aree deputate all’apprendimento motorio, quando il compito veniva svolto, invece, dagli arcieri si attivava in maniera più significativa l’area motoria supplementare, adibita alla pianificazione del movimento e degli atteggiamenti posturali.5
La motor imagery, ovvero l’immaginazione motoria, proprio come l’apprendimento per osservazione, sembra essere un metodo idoneo a favorire l’acquisizione e il perfezionamento di nuovi compiti motori.
Il filone di studi che prende il nome di “cronometria mentale” si propone di dimostrare come i due processi di immaginazione ed esecuzione siano sovrapponibili anche nei tempi di esecuzione. Il primo esperimento è stato condotto dal neurobiologo americano Jean Decety (1960), il quale ha provato che i tempi richiesti per immaginare di disegnare, per esempio un cubo, sono gli stessi che richiede l’effettiva riproduzione dello stesso. Successivamente, lo stesso Decety affrontò un esperimento in cui veniva chiesto ai soggetti di immaginare ad occhi chiusi di deambulare per un percorso sempre più lungo. I risultati riportano che il tempo impiegato ad immaginare di percorrere determinate distanze era congruente alla durata reale. È stato osservato, inoltre, che la rappresentazione del movimento induce un cambiamento di alcuni parametri fisiologici quali: un’intensificazione dello scambio gassoso, un’accelerazione della frequenza respiratoria e della frequenza cardiaca, un aumento della pressione sanguigna, una maggiore sensibilità della visione periferica, un aumento dell’eccitabilità dei nervi periferici. Beyer et al. nel 1990 studiarono che è riscontrabile un aumento del 30% a carico della frequenza cardiaca e del ritmo respiratorio quando si immagina di nuotare per una lunga distanza rispetto a una condizione di riposo. Decety et al. nel 1991 riportano che il grado di aumento del battito cardiaco e della ventilazione polmonare di un soggetto che immagina di correre a 12 km/h può essere paragonabile a quello di un soggetto che corre realmente a 5 km/h.
Alcuni autori hanno cercato di verificare se un allenamento di immaginazione, mental motor training, produca un effettivo miglioramento sulla prestazione sportiva.In ambito specificatamente sportivo è stata dimostrata l’efficacia del mental motor training in atleti di pallavolo per il perfezionamento del servizio6 in saltatori in alto7 e in ginnasti: costoro mostravano notevoli miglioramenti nella performance rispetto agli atleti allenati solo con metodi classici.
2. Capacità di anticipazione
Uno studio condotto da Agliotti et al. nel 2008 mostra come giocatori di basket d’elite, a differenza degli altri due gruppi composti uno da principianti e l’altro da giornalisti e allenatori, siano in grado di riconoscere fin dai primi istanti la cinematica dell’azione riuscendo ad anticipare quale sarà l’esito finale dell’azione di gioco. Gabriele Boccolini spiega nel suo libro che lo stesso concetto è stato sviscerato anche su atleti che praticano pallamano, calcio e rugby.
Boccolini sostiene che il cervello ricopre un ruolo fondamentale nella prestazione del giocatore, pertanto l’allenamento non può distaccarsi da quelli che sono gli aspetti cognitivi della gara. Le qualità cognitive devono essere allenate tanto quanto quelle tecniche, tattiche e fisiche. Egli sottolinea che in una squadra di alto livello difficilmente l’errore può essere attribuito a un aspetto tecnico o fisico, quanto piuttosto a un errato processo decisionale. Il cervello deve essere in grado di selezionare un enorme flusso di informazioni provenienti dall’esterno per determinare nell’immediato una risposta efficace. Tuttavia, perché questo possa avvenire, è fondamentale allenare le capacità cognitive specificatamente alle finalità della reale situazione di gioco, e non attraverso un’attivazione cognitiva non scopo-specifica. Lo stesso Boccolini riporta l’esempio dello sprint: se si esegue uno sprint all’interno di un contesto situazionale definito per un fine specifico di gioco si attiveranno quei neuroni che non si attiverebbero se lo sprint venisse effettuato in un contesto aspecifico.
L’utilizzo di questo “modus operandi” farà si che l’architettura neurale si sviluppi e si consolidi permettendo all’atleta di arricchire il proprio vocabolario d’atti che a sua volta permetterà di migliorare le abilità di previsione delle azioni altrui.
I neuroni specchio giocano un ruolo fondamentale non solo nella comprensione della strategia dell’avversario, ma anche “nell’agire di seconda intenzione, ovvero nell’attivare un’azione mirata ad ottenere dall’avversario una reazione offensiva da riutilizzare per portare a termine il colpo preventivato. Una sorta di trappola tesa al fine di provocare una reazione dell’avversario per poter contrapporre l’azione contraria.”8
Durante una competizione il cervello dell’atleta è sottoposto a un numero enorme di stimoli esterni da selezionare per programmare la risposta adeguata.
L’impatto dell’affaticamento mentale sulle performance cognitive è ben noto, ma le conseguenze che possono essere riportate sulla performance atletica non sono ancora state indagate fino in fondo.
Marcora et al. nel 2009 hanno mostrato attraverso un esperimento che l’affaticamento mentale riduce il limite di tolleranza dello sforzo fisico compromettendo la prestazione.
Referenze:
- 1Rizzolatti G., Sinigaglia C., So quel che fai, il cervello che agisce e i neuroni specchio, pag. 95, Raffaello Cortina Editore, Via Rossini 4 Milano.
- 22Petrosini, L. (2007). “Do what I do” and “do how I do”: different components of imitative learning are mediated by different neural structures. The Neuroscientist, 13(4), 335-348.
- 33Calvo-Merino, B., Glaser, D. E., Grezes, J., Passingham, R. E., & Haggard, P. (2005). Action observation and acquired motor skills: an FMRI study with expert dancers. Cerebral cortex, 15(8), 1243-1249.
- 4Yue, G., & Cole, K. J. (1992). Strength increases from the motor program: comparison of training with maximal voluntary and imagined muscle contractions. Journal of neurophysiology, 67(5), 1114-1123.
- 5Chang, Y., Lee, J. J., Seo, J. H., Song, H. J., Kim, Y. T., Lee, H. J., ... & Kim, J. G. (2011). Neural correlates of motor imagery for elite archers. NMR in Biomedicine, 24(4), 366-372.
- 6Shoenfelt, E. L., & Griffith, A. U. (2008). Evaluation of a mental skills program for serving for an intercollegiate volleyball team. Perceptual and motor skills, 107(1), 293-306.
- 7OLSSON, C. J., Jonsson, B., & Nyberg, L. (2008). Internal imagery training in active high jumpers. Scandinavian journal of psychology, 49(2), 133-140.
- 8Ortensi S., “le neuroscienze salgono in pedana, l’effetto mirror nella scherma”, Centro Studi E Formazione In Psicologia Dello Sport Milano.
- ª https://scienze.fanpage.it/neuroni-specchio-la-piu-grande-scoperta-neurobiologica-del-900-e-italiana-cosi-ci-donano-la-vita/
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